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Maratona

È dannatamente perfetta. Intendo la postazione, la posizione e tutto il resto. Riesco a scrivere in comodità e a isolarmi. Cristo, è proprio perfetta. Sembra come se fossi tornato a scrivere con una vecchia macchina, un’olivetti di venti e passa anni fa. Una bellissima sensazione. Ora, a parte il fatto che non so di cosa scrivere, però… Niente, lasciamo stare.
Ho un po’ di nausea. Sarà la cervicale. Effettivamente devo capire se questa posizione, con la sedia e tutto il resto, mi provochi dolori ai muscoli della cervicale. Sono muscoli, vero? Bah, credo di sì, non faccio il dottore.
Bussano alla porta.
“Chi è? ”
“Siamo noi. Apri. ”
Guardo dall’occhio magico e vedo loro due. Che palle! Apro. Sono amici ma anche due pazzi.
“Sei ancora così? Sono le undici di mattina. Vuoi darti una lavata e vestirti? ”
Mi guardo. La mia vestaglia, le palle al vento nascoste da un finto pantaloncino, ciabatte ai piedi mezze rotte.
“Sono perfetto. Anzi, voi datevi un’occhiata, rischiate di sfigurare con me al vostro fianco. ”
“Certo, certo” fa uno dei due.
Si accomodano in cucina, quel che resta di una cucina.
“Preparaci un caffè, per piacere. ”
“Sissignore. ”
Mentre preparo il caffè li sento parlare. Porco cazzo, ero così felice fino a due minuti fa. Perché devono rompermi le palle a quest’ora del mattino? Non vedono che è così presto?
“Dai con questo caffè! Dobbiamo andare. ”
“Andare? Dove? ” domando mentre apro una birra.
“Come? Non ricordi? È per oggi. ” Tiro un rutto. Di che cazzo stanno parlando? Mi massaggio il collo. Forse quella postazione non è poi così comoda come vuol farmi credere. Maledetta scrivania. È bassa, troppo bassa e mi tocca abbassare il collo per leggere quello che scrivo.
“Ehi? Ci sei? ” domanda l’altro.
“Ah? Sì, certo. Mi cambio le mutande e andiamo”.
“E il caffè? ”
“È lì, ” indico la macchinetta, “quando sale versatevelo in una tazzina. Ammesso che la troviate. ”
“A me piace zuccherato” interviene ancora l’altro.
“Non ho soldi, non ho zucchero. Bevilo amaro, fa bene. ”
Cristo, che rottura di palle. Dov’è che dobbiamo andare? Mi porto la birra nella stanza. Guarda com’è bello, sembra proprio una macchina per scrivere. Tirò giù un bel sorso di birra. Mi siedo alla scrivania e comincio a scrivere. Stavo parlando di due che bussano alla porta, ma non so chi siano. Poi mi guardo intorno per capire dove mi trovo. Bevo ancora. È finita. Dannazione, durano sempre così poco. È un attimo, il tempo di bere e tirare un rutto.

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