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Il suicida

Vagò nella periferia della città senza una meta precisa. Assurdo avere una meta in quei momenti. Importante era andare e trovare il modo.
Nulla, non era accaduto nulla. Sapeva che si sarebbe ammazzato, ma non sapeva né come né dove.
Camminava strisciando i piedi, con l'impermeabile aperto, il cappello all'indietro e il collo della camicia sbottonato. Lo sguardo vuoto, forse perduto, quasi sorridente, forse ebete. Non vedeva la gente che gli passava accanto e che lo osservava incuriosita. Non vedeva la strada. Non vedeva le case. Solo il vuoto. Un meraviglioso vuoto buio e nello stesso tempo chiaro, limpido, di un futuro evidente.
Fece il ripasso storico della sua vita alla ricerca di una ragione.
“Stronzate. Non c’è alcuna ragione, o meglio, le ragioni sono talmente tante, da autodistruggersi. - Saltò un cagnetto distratto sul quale quasi inciampò. – Ecco, cadere, sbattere la tempia… un incidente, un impietoso incidente, nonché stupido. Troppo banale. ”
“Non è niente, forse sei un po’ depresso… oppure soffri di certo dolore esistenziale tipico degli artisti. - Dolore? Depresso? No, tutt’altro. – Voi esistenzialisti sentite la struttura dell’esistenza come metafisica, risolvendo la metafisica dell’essere nella necessità del problema e capovolgendo... Senti, fai così, quando hai questi momenti… sconfortanti, mi chiami. Vedrai che una chiacchierata ti aiuterà. Anche al telefono. Ok? E non preoccuparti, che chi parla di suicidio poi non si uccide. ”
Gli psicologi sono sempre prevedibili. Come spiegargli il desiderio di uccidersi senza desiderio? A chi raccontare la terribile attrattiva di tale meraviglioso, insano (insano?) gesto? Un gesto che non coinvolgerà nessuno se non l’artefice dell’opera: opera buffa senza scrittura, senza testamento.
Quando si accorse di essere sul ponte diede uno sguardo all'acqua buia e percepibile del fiume e ancora alla sua vita. Tornò indietro nel tempo e il ricordo gli straniò il cervello, perché non vi trovò raziocinio di quel che stava per accadere e di ciò, pur spaventato, si compiacque. Guardò di nuovo il fiume anzi, lo immaginò. Sapeva finalmente come si sarebbe ucciso. Prese il cappello e lo lanciò; vide la chiazza bianca adagiarsi sull’acqua ed ebbe la percezione della distanza dal ponte. Si tolse l'impermeabile e lo piegò ben bene “ordine innanzitutto”. Lo appoggiò al parapetto. Era pronto.
“Non lo faccia, signore. È così bella la vita... ” Il vecchietto lo guardò cercando di sorridere. Era un vecchio strano, senza capelli bianchi.
“Anch’io una volta… Poi tutto si risolve. ”
Stettero silenziosi ad osservarsi. Immobili, la mano del vecchio di poco protesa, come in un saluto.
Ripensò alle sue parole: “È così bella la vita... ”
Cosa fare? Parlargli? Per dirgli cosa? Sì, sono d’accordo, la vita è bella… però… eccetera. “Che palle! ”
Prese il vecchietto e lo buttò giù dal ponte.

 

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0 recensioni:

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11 commenti:

  • greta il 30/12/2011 23:06
    Inaspettatamente divertente
  • Anonimo il 16/07/2009 10:00
    La chiusa non è affatto comica, nè simpatica.
    È tragica e inaspettata (per un attimo ho pensato che, banalmente, il vecchietto lo convincesse). un'ottima chiusa.
    Molto bravo.
  • Ivan il 13/07/2009 10:10
    Da oggi in poi quando passeggio in periferia, se vedo qualcuno vicino a un ponte... a parte il finale, originale ma un po' "staccato" dal resto, il racconto é scritto benissimo, scorrevole e ottimamente strutturato. Davvero bravo.
  • Ivan il 13/07/2009 10:10
    Da oggi in poi quando passeggio in periferia, se vedo qualcuno vicino a un ponte... a parte il finale, originale ma un po' "staccato" dal resto, il racconto é scritto benissimo, scorrevole e ottimamente strutturato. Davvero bravo.
  • nicoletta spina il 10/07/2009 22:56
    Bel racconto, mi piace l'atmosfera e gli spunti riflessivi. Il finale suscita stupore e, sebbene tragico, tramuta tutto in sottile comicità. ( meno male che hai una mente elementare... )
  • Ada FIRINO il 10/07/2009 15:50
    Devo dire che il finale mi ha fatto veramente ridere! Ma che burlone! Racconto ben scritto ed enigmatico che non fa trapelare il motivo del desiderio di suicidio. Burlone anche il protagonista e facilmente volubile! Bravo!
  • Umberto Briacco il 08/07/2009 23:35
    Intenso nella sua brevità. Le atmosfere ricordano l'uomo in frack di Modugno. Piacevole la chiusa che restituisce una grottesca leggerezza.
  • Anonimo il 07/07/2009 14:53
    Racconto scritto bene e dal finale originale: la voglia di suicidio che diventa anche un omicidio. L'omicidio della speranza. Questa è la mia interpretazione. Tutto da meditare!
    Mi è piaciuto.
  • Anonimo il 07/07/2009 12:21
    Sorprendente.. una chiusa che lascia smarriti per un attimo...
    inaspettata, direi.. ma simpatica dopo la trattazione di un tema forte che induce a riflettere...
    Complimenti
  • Rocco Burtone il 06/07/2009 19:23
    Grazie Ugo, sempre gradito tuo pensiero... farò attenzione alle parolacce
  • Ugo Mastrogiovanni il 06/07/2009 18:25
    Un intenso ed interessate racconto che sembra quasi una pausa meditativa di chi desidera astrarsi per scrivere e gioire del suo vivere.
    Parte di questo breve racconto è un gradito insegnamento: spiega che, sulla caducità delle cose, il dileguarsi, lo svanire di ogni scopo di vita, poco a poco, prevale la tolleranza di questa precarietà e ritorna forte la necessità di credere fermamente in tutto e tutti; l’altra parte è simpaticamente a sorpresa e decisamente tragicomica.
    Personalmente non avrei usato quella parolaccia…

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