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La conversione di S. Paolo

Fuori dalla vecchia finestra in legno rosso, un albero. Deve essere ancora inverno, perché l'albero è spoglio.
Al di qua della finestra, io. Non so da quanto tempo vivo in questa stanza, ma devo essere ancora io, nonostante tutto.
Quella che misura il tempo guardando l'unico grosso albero di fronte: quando è spoglio, è inverno; quando è verde brillante, è primavera; quando è bianco di fiori, è estate; quando si tinge di giallo, è autunno.
Quella che guarda attraverso i vetri appannandoli. Qualche volta, vi scrivo sopra brevi frasi -a causa dello spazio ristretto- che si dissolvono come sculture di fumo.
Tutto si muove con lentezza. Le mie giornate sono interminabilmente lunghe - come quelle dei bambini - così ho tempo per pensare molto e inutilmente.

La mia camera è piccola, essenziale, quasi gradevole: un letto, grande abbastanza; un comodino, sul quale riposa una gialla abat-jour a forma di quarto di luna; una piccola scrivania con lampada da lettura; la riproduzione della Conversione di S. Paolo, rozzamente attaccata con del nastro adesivo alla parete di fronte al letto; alcuni dei libri che devo aver posseduto adagiati in buon ordine sul pavimento.
Nulla che possa nuocermi, neppure uno specchio.

Seduta sul letto, osservo i palmi delle mie mani un po' callose e le rughe che le percorrono, come brevi tortuose strade, tutte interrotte.
Poi mi soffermo sul quadro : il Caravaggio Odescalchi a volte mi inquieta e a volte placa le mie ansie, ma rimane tra i quadri che riconosco e preferisco.
Ricordo sfilacciature di vita passata: credo di essere stata sposata a lungo ed di aver avuto anche dei figli, di essere stata felice o forse solo serena. Poi, di aver amato uno strano uomo: piccolo, di mezza età, insignificante forse, ma ancora adesso nella nebulosa cognizione dei miei brandelli di passato, credo di non aver mai incontrato essere umano più bello e intelligente, più colto e sensibile di quell'ometto incolore.

Una volta al giorno, qualcuno viene a prendermi. Dall'interno ascolto il passo regolare di colui che mi condurrà alle docce.
Quello è l'unico momento in cui posso osservare in uno specchio la mia figura intera, piuttosto magra, ma ancora sapiente. Mentre mi lavo, il vapore acqueo ricopre presto il grande specchio di fronte e mi restituisce pace. Non tollero a lungo la mia immagine, non mi è congeniale. Non la riconosco; non le sono riconoscente. Qualche volta evito lo sguardo di quella sconosciuta che un tempo mi apparteneva. Durante queste lunghe abluzioni - unici segnali di vita ordinaria - pulisco con cura anche i denti, mentre ascolto il rumore filiforme dell'acqua che riga la pelle e sento i capelli aderire alle spalle, sciogliere i riccioli disordinati che normalmente nascondono parte del mio viso. Mi asciugo con asciugamani in spugna bianca e indosso abiti sempre uguali: maglie e pantaloni blu, comodi; caldi d'inverno, freschi d'estate.

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0 recensioni:

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14 commenti:

  • maria grandinetti il 22/05/2010 23:29
    grazie, davvero grazie per l'apprezzamento
  • massimo r il 22/05/2010 17:29
    bella e trascinante.
    complimenti
  • Anonimo il 11/05/2010 14:07
    Perduto amore, passato che torna incerto, follia, vita interiore... tutto descritto mirabilmente da una bravissima Maria che, in questo racconto, si supera. Lo metto tra i miei preferiti perchè è una perla. Giacomo
  • maria grandinetti il 02/04/2010 17:23
    È quello al quale sono più legata anche io. Grazie per l'apprezzamento e per i complimenti!
  • . il 02/04/2010 09:07
    Davvero ben scritto, è coinvolgente, emozionante e triste.
    Quando si legge questo racconto ti cattura tanto da rileggerlo non una ma tante volte, questo perchè lascia qualcosa di se... non a caso è uno dei miei preferiti.
    Che altro dire se non complimentarsi con la scrittrice
  • Carmelo Trianni il 01/04/2010 17:24
    Onore tutto meritato!
    Ti anticipo che è una storia tristissima, mai letto o conosciuto una storia così triste
  • maria grandinetti il 01/04/2010 16:35
    Ottima occasione per leggere un racconto mai letto, pur conoscendone il solo titolo. Grazie per avermi paragonato ad uno scrittore italiano così indiscutibilmente importante. È un onore!
  • Carmelo Trianni il 01/04/2010 16:19
    Mi ricorda moltissimo un racconto molto triste: "storia di una capinera di Giovanni Verga", dove la protagonista era una suora, sia nei contenuti che nelle modalità di narrativa. Complimenti!
  • Cesira Sinibaldi il 21/01/2010 17:47
    Sono severa e intransigente. Vorrei permettermi di essere anche ovvia e ripetitiva, due atteggiamenti che aborro: ottimo, meraviglioso lavoro! C'è capacità d'indagine psicologica e molto altro...
  • Anonimo il 21/01/2010 13:52
    Ti prego! Non lascire che questo racconto termini, continualo. Scrivi veramente bene!
  • maria grandinetti il 22/10/2009 08:40
    grazie: sono sorpresa e lusingata. grazie
  • Anonimo il 21/10/2009 21:38
    Bellissimo, coinvolgente grazie al tuo stile perfetto
  • isabella zangrando il 21/10/2009 12:26
    stu-pen-do!!!!!!!!! Complimenti, veramente... non è facile trovare qualcuno che descrive così bene quello che sta fuori al contempo quello che c'è / non c' dentro, complimenti ancora.
  • Marhiel Mellis il 21/10/2009 12:10
    Bello... intimamente suggestivo nei pensieri immersi in forme e ambienti che pare ti accolgano protettivi... Sei leggera nelle espressioni ed è facile entrare nel tuo mondo sia che sia spaccato reale o che riflettano solo interiori stati d'animo vagheggiati. Complimenti.

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