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L'ultimo contratto

Un tempo schifoso.
Piove a dirotto da un pezzo ormai e sembra non voler smettere tanto presto.
L'ululare del vento fischia nelle orecchie in modo estremamente fastidioso.
C'è da sperare che tutto questo casino non si trasformi in un fottuto uragano. Non sarebbe certo una cosa fuori dal comune di questi tempi e da queste parti.
Los Angeles è una città che sembri amare la collezione di disastri naturali ed io invece sono una persona tranquilla.
Già il volo in aereo ha fatto schifo. Una prima classe da dimenticare; solo tre ore ma gli ultimi quaranta minuti sono stati davvero tremendi. Vuoti d'aria e turbolenze a non finire, per non parlare dei fulmini che ci sfioravano pericolosamente. Ed ancora più irritante era la voce del comandante che si ostinava a ripetere che tutto andava bene e le hostess con i loro sorrisi finti che erano sempre attaccate al culo dei passeggeri, chiedendo se avessero bisogno di qualcosa.
Non c'è niente da fare: volare non è proprio roba per me. Ho sempre preferito e sempre preferirò la macchina per viaggiare, anche se questa volta era necessario fare un'eccezione. I tempi erano stretti e se non fossi arrivato qui repentinamente l'uccellino avrebbe preso il volo un'altra volta; gli è riuscito piuttosto bene negli ultimi mesi, devo ammetterlo. Per essere un pensionato ha dimostrato molta più grinta di quanto tutti ci aspettassimo da lui, ma adesso la sua libera uscita è terminata. Dovrebbe rientrare a momenti.
Mi dispiace di aver bagnato la moquette, ma non potevo davvero aspettarlo fuori, rischiando di prendere una polmonite o morire affogato. Il divano è decisamente molto comodo... quello che ci voleva per rilassarsi dopo un viaggio del genere e dopo essermi inzuppato sul vialetto di casa e mentre forzavo la serratura.
Il tempo sembra scorrere più lentamente in questo soggiorno... il silenzio è rotto solo dalla pioggia che picchia contro le finestre e dal monotono ticchettio della pendola vicino alla cucina.
Verrebbe voglia di abbandonarsi all'accoglienza che ti avvolge e di schiacciare un pisolino... cosa da non fare mai mentre si lavora, ovviamente. Specie quando sei in attesa del tuo cliente.
Non mi piacciono i lavori di questo tipo. Non mi sono mai piaciuti.
So che può sembrare assurdo e ridicolo detto da uno come me e per la maggior parte delle persone che fanno il mio mestiere è assolutamente vero. Ma mi piace ancora credere di avere almeno una piccola parte di coscienza dentro quest'anima corrosa dall'avidità e dal sangue. Non esiste nessuno più lontano del sottoscritto dall'essere uno stinco di santo, intendiamoci. Se fossi una brava persona avrei smesso da un pezzo di fare quello che faccio... fare quello che faccio. Non ho nemmeno il coraggio di chiamare il mio lavoro con il suo vero nome. Neanche nella mia mente. Questo la dice lunga su di me; sono un vigliacco? Probabilmente sì, ma non nel senso più comune del termine o almeno non per certi aspetti. Sono il più grande dei vigliacchi che abbia mai messo piede in questo cesso di mondo... mi terrorizza il pensiero di avere una vita. Una vita normale, intendo. Andare in ufficio tutte le mattine e sgobbare per quattro soldi. Nel fine settimana guardare la partita con gli amici e godersi il barbecue in giardino.

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