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La pinza

La prima pioggia autunnale aveva deciso di martellare insistentemente i tetti di Milano - quella sera di settembre - e produceva un fruscio continuo e discreto che faceva da sottofondo ai rumori del traffico e del quartiere. Le automobili, ormai rare data l'ora, lasciavano una scia saponosa sull'asfalto di via Crema e l'ultimo 29 procedeva con il suo solito rumore di ferraglia verso la fermata di piazza medaglie d'oro.

Walter Moretti, osservava la sua città che tanto amava dalla finestra del salotto al terzo piano e fumava con calma la sua sigaretta.

Serata ideale per riflettere sulla propria vita e pensare a quanto diversa sarebbe stata senza quel dannato incidente.

Giovane e brillante ufficiale di Polizia, stimato e ammirato per la sua intelligenza e per il suo aspetto fisico alla Clint Eastwood - neo laureato- era destinato sicuramente a un'importante carriera. Tutto invece svanì quella notte di venticinque anni prima, quando al comando di un'incursione in un covo delle Brigate Rosse, si trovò a tu per tu con un terrorista. Non un uomo di spicco dell'organizzazione, una nuova recluta, Mario Molina, poco più di un fiancheggiatore. Il caso volle che fosse un vecchio compagno di scuola di Walter, ai tempi del liceo Berchet.
Walter rimase un attimo sorpreso nel riconoscerlo e lui, approfittando dell'esitazione, preso dal panico fece in tempo a scaricargli mezzo caricatore di mitraglietta in corpo. Prima di essere ucciso dagli altri agenti.
Rimase quasi un mese fra la vita e la morte ma quando alla fine si riprese, non poté mai più riprendere servizio. Una pallottola entratagli dallo zigomo gli aveva lasciato una tale lesione al nervo ottico da renderlo quasi cieco da un occhio. Per non parlare delle continue vertigini e dolori alla schiena.
Lasciata la Polizia con un premio sostanzioso e una medaglia al valore, ebbe una generosa pensione di invalidità dallo stato, ma la sua vita inesorabilmente cambiò.

Il matrimonio fallito, la frustrazione di non riuscire a trovare un impiego che lo soddisfacesse, le continue emicranie che lo torturavano, la solitudine di chi non ha più colleghi con cui chiacchierare ma non ancora amici pensionati con cui condividere l'ozio delle proprie giornate, lo avrebbero potuto ridurre alla disperazione.

Invece lui conservava questa incredibile gioia di vivere e non si era mai lasciato andare alla depressione.

Fu probabilmente grazie a questa sua positività e questa sua forza di carattere che ottenne, dopo lunghi anni di solitudine, la sola cosa bella, anzi, meravigliosa che aveva oggi.

L'amore di Vicky.

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