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Spettinata... parte prima

Essenzialmente non avrei alcun motivo di vivere, considerando che la mia triste esistenza si snoda tra il nulla e la monotonia non dovrei neanche avere troppi problemi a rassegnarmi ad essere parte di un assoluto che non potrò mai conoscere, eppure per qualche ragione cerco ancora di capire. Una cosa che forse non riuscirò mai a spiegarmi per esempio é come sia possibile che un mucchietto insignificante di atomi riciclati possa dare vita ai miei problemi perché, in fondo tirando le somme, potrei perfettamente identificarmi in un problema. Fisicamente dovrei cancellarmi, perché non credo che al mondo sia mai stato fatto un errore di creazione così esageratamente sproporzionato; ogni tanto mi chiedo se il mio aspetto fisico fosse stato diverso se anche il mio modo di essere sarebbe cambiato, magari diventando più accettabile o sopportabile al resto della comunità che mi ospita. Tuttavia per quanti anni io continui a cercare le mie risposte non riesco a trovarne neanche mezza. Nel frattempo la sveglia suona, a dire il vero stava suonando già mezz'ora fa ma non avevo voglia di sentirla. Sto cercando una buona ragione per alzarmi da sotto le coperte calde ed uscire al freddo per andare a scuola. Sto cercando una ragione pressappoco decente per andare in bagno, lavarmi in fretta e chiedere a mia madre degli spicci per comprare un pezzo di pizza prima di uscire. E all'improvviso la mia ragione arriva, sta là, un po' sbiadita, come coperta da un po' di nebbia leggera. È offuscata da tutti i miei pensieri però c'é, c'é sempre. In effetti più che essere una buona ragione é in realtà un altro grande problema, ma almeno mi fa venire voglia di sognare un pochino ad occhi aperti. Inizio a spicciarmi con il sottofondo delle grida di mia madre che inizia ad esordire di prima mattina con le sue lamentele. È una cosa che odio. Certe volte la vorrei morta, non riesco assolutamente a confrontarmi con lei, con la sua morale e il suoi divieti immotivati mi obbliga a muovermi nella mia vita in un modo che non capisco, e ogni volta che cerco di allontanarmi dalle sue unghia non faccio altro che trovarmi con un nuovo graffio che fa sanguinare l'anima. Ho smesso di piangere quando ho capito che non serviva a nulla, perché le lacrime ti aiutano quando hai qualcuno vicino che ti offre la spalla e usa le sue mani e il suo cuore per asciugarti il dolore che continua a rotolare sulle guance. Ma non smetterò mai di arrabbiarmi perché é l'unico sentimento che ancora mi rende vivo, perché se grido e sento quell'energia potentissima esplodermi nello stomaco e irradiarsi al resto del corpo allora mi sembra quasi di avere un senso. Fin quando un altro giorno finisce e io sto sempre là, a cazzeggiare in attesa di trovare qualcosa o qualcuno in grado di risollevarmi il morale. Nel frattempo scendo le scale di casa saltando un paio di gradini, non perché ho voglia di arrivare in orario a scuola né perché c'é qualcuno che mi aspetta. Scendo i gradini a due a due perché voglio andarmene via il prima possibile, le mie mani giocano già con il pacchetto di sigarette nascosto nel giubbotto, esco di fretta dal portone, mi sbrigo ad andare oltre il campo visivo di mia madre e mi fermo un secondo. I pensieri mi stanno solleticando la testa, mi danno fastidio, e l'unico modo per farli fuori é quello di annegarli nel fumo di un sigaretta. Ecco, la prima boccata e il mio cuore torna a battere, butto fuori il fumo e nei serpenti grigi ci sono i miei sogni appena morti, l'importante é che per adesso non muoio io. Ricomincio a camminare, lentamente sento il sangue che riprende a circolare... quale motivo per smettere di fumare? Mi fa sentire troppo bene... l'unica cosa che mi fa sentire un uomo vivo. E poi le sigarette non mi fanno sentire solo, perché so che nei loro ingredienti il tradimento non l'hanno ancora inserito. Certo é vero, ti fottono la salute, i polmoni e tutto il resto, ma almeno loro ti avvisano che ti stanno uccidendo piano piano, non come certe persone che ti sputano in faccia dopo averti baciato.
Anche questa cicca é finita, guardo l'orologio del telefono, devo iniziare a darmi una mossa se non voglio essere lasciato fuori la porta della classe.

 

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5 commenti:

  • Ivan il 30/11/2009 21:42
    ... il commento alla fine. Lo sai che sono intransigente.
  • Francesco Scardone il 28/11/2009 15:16
    fammi sapere appena lo aggiorni ciaooo^^
  • Ethel Vicard il 28/11/2009 13:26
    hai pienamente ragione! Ma quando leggerai il continuo del racconto capirai che invece il mio simpatico protagonista è in realtà molto molto carino =) ihih...! ciauuuu!! E grazie mille x il commento!
  • Francesco Scardone il 27/11/2009 20:15
    Si mi è piaciuto. Potrei averlo scritto io. Però quando parli del suo aspetto fisico che lo fa sentire estraneo a quello che gli sta intorno non mi piace. Sa troppo di storia di quattordicenne sfigato, sfottuto dagli amici per gli occhiali o la bassezza. È troppo scontato. Sa troppo di melodramma patetico. Per il resto vai alla grande... ciao^^
  • Anonimo il 26/11/2009 21:32
    Bisognerebbe insegnare "disillusione" già dall'asilo, così da evitare questi dolorosi passaggi obbligati. Ma ogni educazione è un'educazione sbagliata. Interessante.