Sono short, devo cercare di risollevarmi; non sto vedendo mani decenti da un bel po' e non posso andare avanti perdendo bui aspettando di uscire. Dopo il flop ho quattro quinti di scala, mi serve solo un dieci; il piatto è allettante dopo un paio di giri di puntate, non ci penso un secondo e vado in all-in. È un mezzo bluff, lo so benissimo, ma conto che nessuno mi segua.
Matteo invece vede il mio all-in.
Showdown: lui ha un tris di re e io sono fregato.
Il turn non aggiunge niente e manca solo il river.
River bloody river, come dice il commentatore in televisione.
E per Matteo è bloody veramente, il dieci di cuori gli gela il sangue, lo fa diventare short e io sono ora quasi chip leader.
Si fa scuro in volto, non parla più e in tutte le mani successive è confuso, chiede continuamente l'ammontare del blind, è nervoso.
"va che non ti porto di nuovo al pronto soccorso" gli dico scherzando.
Occhiattaccia.
Domenica scorsa infatti abbiam dovuto portarlo all'ospedale.
Un freddo pomeriggio come tanti, tutti un po' ancora sconvolti dalla bevuta della sera prima. Normale amministrazione.
Ad un tratto Matteo dice di non sentirsi bene, sente delle fitte al petto e vuole andare al pronto soccorso; un po' scocciati annuiamo e ci dirigiamo verso la mia macchina, pensando ai campari che abbiamo lasciato sul bancone, un vero peccato.
Il traffico è intenso, c'è qualche stupida festa sulla strada e anche se l'ospedale non è distante ci stiamo impiegando una vita.
Voglio dire, perchè sprecare l'unico giorno libero dal lavoro per andare a un'inutile festa con un falò e quattro bancarelle? Mezz'ora per trovare parcheggio, camminare a fatica imbottigliato tra la gente e un'altra mezz'ora di coda per andarsene via.
Matteo sbrocca, ha caldo e ha freddo, emette degli strani versi e il panico ormai lo possiede.
Grida di chiamare un'ambulanza, Angelo lo assiste mentre Ale si trattiene a stento dal ridere. Io devo stare attento a non investire i pedoni, ma sotto sotto sto ancora pensando al campari abbandonato sul bancone.
"chiamatelaaa" urla con la voce strozzata, al che mi fermo, mi giro verso Angelo e grido a mia volta "e dai cazzo, chiamatela 'sta ambulanza!"
La telefonata è fantozziana, come se la situazione non fosse già abbastanza grottesca.
"cosa avete combinato?" chide l'operatore del 118 "com'è possibile che un ragazzo di 23 anni abbia delle fitte al cuore?"
Non per contraddirlo ad ogni costo, ma nessuno qui ha pippato. Riparto con la macchina mentre Angelo continua nella sua parte di infermiere improvvisato.
Sappiamo bene che è solo un attacco di panico, ne ha già sofferto, e ha solo bisogno di vedere l'ospedale per tranquillizzarsi. Effetto placebo.
Così avviene, e tra un esame e l'altro passiamo piacevolmente tre ore nella sala d'attesa, imitando i versi di Matteo e ridendo di gusto. Adoro l'umorismo nero, è la parte bella del cinismo.
E poi mi piacciono i posti che odorano di morte, mi tranquillizzano.
Insomma, dopo quell'all-in la mia sfortuna con le carte non è migliorata e dopo una ventina di minuti sono uscito, ma avevo scala davvero. Peccato per il colore di Alessio.
Il poker è come la vita tutto sommato. C'è il rischio, l'azzardo, qualche gioia e molte delusioni.