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Io sono così
Quando lo faccio, sento il potere, sento di sfiorare l'infinito, sento l'onnipotenza. E non c'è nulla che mi possa trattenere, fermare o far desistere. Perché ne ho un bisogno fisico, è il mio ossigeno, la mia acqua, il mio cibo. Non è sbagliato, è la mia vita, sono nata per questo. E continuerò a farlo finché non mi prenderanno, finché non riusciranno a mettere la parola fine alla mia storia. Qualcuno mi potrebbe definire mostro, qualcun altro assassina, ma io so che sono solo me stessa quando lo faccio. Solo me stessa. Io credo che siano loro quelli sbagliati, quelli che non sanno perché vivono, perché respirano, perché camminano. Io so perché vivo. Vivo per portatore la morte. Quando conobbi la morte per la prima volta, ero una bambina. Avevo sei anni e mio padre se ne andò trascinato via da un brutto male. Come un ramoscello dalle acque di un torrente in piena. Almeno così mi disse mia madre. Mi disse che faceva parte della vita e che nonostante tutte le lacrime che potevo versare, quello che doveva accadere accadeva inesorabile. Ma io non piansi. Non ricordo il motivo ma i miei occhi rimasero asciutti. Oggi quando sono in mezzo alla gente, osservo per cercare di capire di chi sia arrivato il turno. Guardo spesso anche per delle ore prima di trovare la mia vittima. Non so come faccio a capire che sia proprio quella, lo so e basta. Incrocio i suoi occhi e capisco, è un lampo veloce che mi accende il cervello. E mi dico vai e colpisci. Come un leone che si avventa sulla preda. Come un uragano che si abbatte su di un villaggio di capanne. Dopo il mio passaggio non rimane quasi più nulla di quello che c'era prima. Io distruggo corpi, anniento vite. Sono la signora con la falce. Taglio le teste e poi contemplo con orgoglio il mio lavoro. Mi piace guardare il dolore disegnato su quei volti, la pelle tirarsi, allungarsi e poi piegarsi in una smorfia ridicola, mi piace sentire quei gorgoglii di stupore uscire dalla gola aperta, da quel secondo sorriso grottesco che si colora in fretta di rosso sangue. Mi sento viva quando uccido. Perché questo mi fa sentire il potere. Scorre nelle vene e mi scalda, mi nutre come linfa vitale, mi ossigena le cellule e i tessuti, mi rigenera.
"... è stato ritrovato questa mattina all'alba il cadavere di un uomo senza testa..."
"... aveva la gola recisa l'uomo ritrovato questa notte in un cassonetto della spazzatura da un senzatetto..."
"... i resti di un uomo non ancora identificato sono stati rinvenuti questa mattina da un netturbino..."
Ore 21. 10. L'aria è fredda e il respiro affannoso si addensa davanti al viso come le vignette di un fumetto. Trent'anni di sigarette gli rendono pesante anche solo camminare a passo spedito, ma la brutta sensazione che sente nella pancia non gli permette di andare più piano. È come una grossa mano chiusa a pugno che spinge sulle sue budella, si ferma e spinge di nuovo, più forte. Si guarda intorno ma non vede nessuno. Eppure non è solo, glielo sta dicendo la pancia. Le ombre della sera stanno nascondendo qualcosa, o qualcuno. Un attacco di tosse grassa lo costringe a fermarsi e piegarsi appoggiando una mano sul muro esterno di un palazzo. Maledette sigarette. Tossisce, sputa catarro, rigurgita saliva mentre il suo stomaco sussulta. Rimane così qualche secondo, cercando di controllare il respiro, guardandosi alle spalle con gli occhi appannati dalle lacrime. Ancora nessuno. Poi si tira su e tutto inizia a girare. La città s'inclina, si piega, poi ruota intorno alla sua testa e le luci dei lampioni diventano serpenti, le case mostri che si allungano su di lui, la notte una gola profonda e nera pronta a inghiottirlo. È costretto a sedersi, ancora qualche leggero dondolio poi la giostra si ferma.
Ore 21. 30. L'uomo è ancora seduto sul marciapiede. Ha fumato una sigaretta. Un vero fumatore non si lascia intimorire da un eccesso di tosse. Si sta guardando le dita ingiallite quando sente un rumore di passi avvicinarsi. Scarpa col tacco. Forse una donna. La sensazione di poco prima non c'è più. La sua pancia è silenziosa e libera, il suo respiro regolare. Aveva solo bisogno di un po' di nicotina povero lui. I passi sono sempre più vicini. Ritmici, precisi. La camminata di una donna che non ha paura di uscire da sola la sera. Due scarpe col tacco si fermano davanti a lui. Sono lucide, nere, chiudono il piede alla caviglia con un bordo dorato, scintillante alla luce artificiale della via. L'uomo solleva lo sguardo. Le gambe della donna sono avvolte da calze nere spesse e calde, sono magre, attraenti, un cappotto scuro le nasconde da metà coscia. Una sciarpa le copre la bocca e il naso. Si vedono gli occhi, piccoli ritagli di quella notte scura, e i capelli, lunghi e neri e un po' arruffati, come se ci fosse vento. Ma l'aria è ferma. Ha le braccia conserte e una borsetta all'apparenza capiente e pesante, perché il busto della donna pende leggermente da quel lato. Lei lo guarda in silenzio, lui risponde distendendo la bocca in un sorriso cordiale mentre la sua testa si riempie di interrogativi. Ma il silenzio persiste e ora avvolge anche i suoni naturali della città, come se i due individui fossero finiti in una bolla isolati da tutto e da tutti. Come se tutto intorno fosse indietreggiato di migliaia di chilometri in un'immensa bassa marea. Nei secondi successivi tutto avviene in maniera repentina. La donna accenna un movimento, la sua mano sinistra si avvicina alla borsetta, un anello al suo dito anulare scintilla, poi la mano scompare. La donna sorride, la sua mano riemerge dalla borsetta con una lama lunga e lucida che sale verso il cielo scuro. L'uomo vede solo una specie di lampo che gli si avventa sulla faccia. Ma il vero obiettivo è il suo collo. La lama si abbassa, s'inclina e scivola sulla pelle aprendosi un canale nella carne. La bocca dell'uomo vorrebbe urlare dal dolore ma la lama ha già reciso le sue corde vocali, escono solo dei suoni bassi e gutturali, dei gorgoglii dal profondo della gola aperta. Le braccia si protendono verso la donna a difendersi ma crollano subito dopo lungo i fianchi senza forze. La lama affonda sempre di più, quasi scompare, il sangue fuoriesce come un fiume scuro mentre l'uomo muore. I suoi occhi sono fissi su di lei, su quel sorriso che all'inizio poteva sembrare dolce. È l'ultima cosa che vedono mentre la testa si stacca e cade sull'asfalto come un frutto maturo. Poi si spegne tutto. Il corpo dell'uomo si accascia sul marciapiede e rimane immobile sulla pozza del suo sangue e senza testa. Io sono così, non lo posso evitare.
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- Il tema è la morte. La morte che può arrivare per mano di un serial killer che riesce a vivere solo mettendo fine all'esistenza degli altri, oppure in seguito ad una vita di vizi, oppure ancora in seguito ad entrambi.
- il racconto mi è davvero piaciuto, essendo poi questo uno dei miei generi preferiti... ottima la scelta di soffermarsi prima sulla psicologia della protagonista. A mio parere sono proprio quelle semplici frasi a rendere un racconto simile incredibilmente reale.
Bravo!
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