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Per il periodico, Insieme

In un periodo di recessione economica e di crisi dei valori, anche il concetto della carità ne esce stravolto dal significato originario. "Se ricevessi un poco di carità arriverei a fine mese" oppure: "Potrei essere caritatevole, purché non mi chiediate del tempo e del denaro" queste frasi udite in contesti sociali differenziati esprimono con chiarezza la nozione fondamentale che la gente possiede nei riguardi della carità. Secondo il sentimento comune la carità è meglio riceverla, piuttosto che farla. Un abbraccio, uno sguardo compassionevole, un sorriso solenne sono da preferire piuttosto che mettere mano al proprio portafogli, o a rinunciare ad una porzione del proprio tempo libero per fare del volontariato. Il volto più conosciuto di quello che secondo noi è il gesto caritatevole, spesso coincide con l'elemosina. Vale a dire il disfarsi alla prima occasione di quello che avanza. Secondo il mio punto di vista per essere disposti verso le attività caritatevoli, occorre un buon grado di preparazione psicologica e spirituale che si acquisisce dopo un cammino comunitario, nel quale ci si spoglia dei tanti luoghi comuni, come ad esempio: la paura di diventare poveri, se non lo si è già, la deificazione del tempo libero, il compiacimento del proprio orgoglio, l'ambizione di raggiungere il potere, tutti elementi che ci impediscono di vivere una vita come Dio vorrebbe e ben al di sotto delle nostre potenzialità.
Ma anche gli operatori e gli animatori impegnati nella parrocchia, che vogliono svolgere un servizio responsabile, serio ed onesto orientato all'affermazione della solidarietà, del bene comune, della giustizia sociale e della gratuità non hanno vita facile. I rischi di chi fa il volontariato caritas in parrocchia sono ad esempio, la sensazione che l'aiuto che si sta offrendo al povero sia del tutto inadeguato rispetto alle esigenze, mentre invece l'obiettivo rimane quello del cambiamento della realtà che gravita attorno al bisognoso. La caritas parrocchiale offre servizi continui e servizi prefissati non continui rivolti ai più poveri. Ad esempio, tra le attività che la parrocchia svolge in modo permanente c'è il centro di ascolto. Due volte alla settimana gli operatori caritas, debitamente formati presso il vicariato con un corso specifico ed alle spalle altre esperienze comunitarie, raccolgono le segnalazioni delle persone disagiate. Al primo incontro con il centro di ascolto, il bisognoso fa presente la propria situazione, gli operatori compilano una cartella a lui dedicata, comprensiva di anagrafica con le annotazioni delle difficoltà lamentate e l'eventuale intervento da mettere in atto, compatibilmente però con le risorse generali e coerentemente con i bisogni effettivi della persona. Dopo la prima azione del centro di ascolto, la persona bisognosa viene contattata dagli operatori per verificare se la situazione è migliorata in seguito all'intervento. Tale procedura ha lo scopo di non abbandonare il bisognoso dopo il primo contatto, ma di seguirlo fino al completo soddisfacimento del bisogno richiesto, o individuato dagli operatori caritas. Naturalmente questo è l'obiettivo che il centro di ascolto si pone, ma che raramente viene raggiunto.
Un'insidia che grava sugli operatori è quella di dover distinguere il vero povero, da colui che chiede l'aiuto agli altri per mestiere, per vizio: l'accattone. Gli operatori hanno la formazione e le competenze per distinguere l'uno dall'altro, nel pieno rispetto del proprio ruolo e delle responsabilità che devono sostenere nei riguardi della comunità parrocchiale. Ad esempio, coloro che si rivolgono al centro ascolto non ricevono denaro, proprio per non diffondere il sentimento di dipendenza che non li aiuterebbe a rispondere in modo attivo e dinamico nei riguardi delle difficoltà quotidiane. In concreto l'aiuto che il centro di ascolto offre a coloro che lo contattano, sono ad esempio l'assegnazione dei pacchi viveri, o di vestiario, il pagamento delle utenze domestiche prossime alla scadenza che altrimenti non sarebbero pagate, i contributi per l'acquisto di medicinali o per le spese diagnostiche, piccoli aiuti alle mamme in difficoltà attraverso l'erogazione di confezioni di pannolini e di latte.

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3 commenti:

  • denny red. il 22/03/2010 01:49
    caro fabio bella poesia, il bene organizzato.. non sempre è così.. bella come la tua poesia un saluto!
  • B. S. il 13/03/2010 21:44
    Molto interessante questo articolo, alcune cose le sapevo perchè le facciamo anche qui,
    tipo la raccolta alimentare, vestiti, etc.
    Non sapevo invece di altri servizi, tipo contatti ACLI e INPS...
    Scritto molto bene. Un bacio.
  • Attanasio D'Agostino il 13/03/2010 17:55
    Ciao Fabio,
    hai descritto molto bene come ci si può donare all'altro,
    gratuitamente:
    come il tempo, la vita, il perdono... che ci viene donato.
    un caro saluto Tanà.

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