Lasciate che vi racconti una storia. La storia di come una ragazza avrebbe potuto diventare una ragazza felice e senza pensieri. Una ragazza normale. Invece di sentirsi respinta e non voluta. Tanto tempo fa e troppe volte. Talmente tante e sempre peggiori, che questa ragazza che avrebbe potuto essere felice, è invece diventata una ragazza triste. Che ora, dopo tanto piangere perché non si sentiva voluta - ora, ora che non ha più ragione di piangere perché qualcuno che la vuole c'è, ora lei piange.
Piange e non ha un motivo. Lei non lo sa più perché. Forse è abitudine. Forse è autocommiserazione. Prova pena per se stessa? La ragazza non lo sa. Però sa - e questo fa male - che non è più capace di sentirsi felice. Ora è contenta. Ma sa che nonostante avesse molti meno motivi di adesso, anni fa lei si era sentita felice. E sa distinguere la felicità dalla contentezza. Perché quella volta si sentiva volare, leggera leggera, trovava un motivo per sorridere in ogni cosa. E non era razionale. La lasciava scorrere ed era in pace. Niente poteva turbarla. Quella di adesso non è la stessa sensazione. E la ragazza sa anche che dovrebbe essere questo il momento in cui la si prova.
E allora, ancora una volta, fa l'unica cosa che sa fare quando respirare fa male e il cuore brucia e sta per esplodere. La ragazza si sdraia per terra, rannicchiata su se stessa. Chiude forte gli occhi. Ha bisogno di sentire che c'è una superficie sotto di lei. La ragazza tocca il pavimento, il palmo della mano aperto. Gli occhi ancora chiusi. Serrati. Respira a fondo se no il cuore scoppia. E c'è il pavimento sotto e più giù non si può andare. Puoi solo risalire. Prova a risalire. Provaci con tutte le tue forze, ragazza triste, perché non c'è nessuno che ti tirerà su.