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Mickey Mouse

Mickey si vestì piano, senza voglia, come tutte le mattine. Avrebbe volentieri gironzolato per casa nudo tutto il giorno, ciondolando tra la cucina, il soggiorno e il bagno. In verità, se avesse avuto un televisore e un vaso da notte in cucina non si sarebbe mosso da lì fino all'ora di dormire. E forse neanche per questo.
Infilò i calzoncini rossi con i grossi bottoni gialli, quelli che gli facevano sembrare le gambe esili come steli d'erba e la pancia tonda e grande quanto quella di uno scaricatore di porto dopo la pausa pranzo. Aveva altro da mettersi, cose meno eccentriche e buffe, ma il lavoro lo esigeva, era parte della sua uniforme.
Si trascinò fino al bagno mentre si strofinava gli occhi cisposi, sbirciando tra le dita quel tanto che bastava per evitare gli ostacoli più pericolosi. Fece i suoi bisogni in uno stato di dormiveglia e per poco non rotolò giù dalla tazza. Un bel bernoccolo sarebbe stato un problema; avrebbe dovuto spiegarlo al capo e lui faceva parecchie domande.
Riuscì a svegliarsi quasi del tutto grazie all'acqua gelida che si gettò in viso a grandi manate. La sensazione di freddo gli tolse il respiro e dovette rovesciare la testa all'indietro per riaversi dallo shock. Quando si fu ripreso si riempì la bocca con l'acqua direttamente dal rubinetto e trascorse almeno due minuti a fare gargarismi per schiarirsi la voce. Dopo aver sputato intonò un'aria da baritono, perfettamente calzante con la sua voce, quella vera. Sul lavoro non gli era concesso parlare con quel suo tono da maturo professore di scienze, in quell'ambito era necessario rendere la voce acuta e un po' stridula. Ai bambini, diceva il capo, piaceva così. Era simile al trillo di una sveglia, un bel suono argentino che metteva buon umore. La sua vera voce, invece, avrebbe solo indotto al sonno.
Si guardò allo specchio, sconsolato. Aveva gli occhi spenti, gli stessi ormai da decine di anni, frutto di mille sogni infranti e della devastante routine alla quale era sottoposto. Non una vacanza per lui, non un viaggio premio. Eppure, paradossalmente, tutte queste cose lui le aveva fatte e nel farle aveva riso e provato grande gioia, ma solo per lavoro, niente di più.
Come poteva lamentarsi, però? La sua condizione era di certo la migliore possibile, poteva ben comprenderlo osservandosi nel crudele vetro riflettente: era un topo alto suppergiù un metro e cinquanta, dal pelo scuro, con enormi orecchie tonde, un muso paffuto e nessuna lunga coda a seguire il suo cammino. Era un topo, un topo orrendo, una creatura mostruosa che in qualsiasi altro luogo e in qualunque altra vita sarebbe stata un disgustoso fenomeno da baraccone, una di quelle brutture che al circo ti fanno vedere pagando un quarto di dollaro. In una fogna, poi, tra i suoi simili, sarebbe morto assai in fretta perché mancava di qualsiasi istinto animale.
Viveva una squallida vita, ma soltanto in essa poteva sopravvivere. Lui era Mickey Mouse, il topo che fa divertire i piccoli.
Lasciò il bagno e passò di nuovo in camera da letto per raccogliere i guanti. Li infilò in tasca e discese al piano inferiore. Non aveva tempo per preparare gustose frittelle da affogare nello sciroppo d'acero, né uova e pancetta o un bel caffé. Pescò dal frigo sguarnito un pezzo di pollo fritto avanzato da chissà quanto e lo mandò giù aiutandosi con del latte vagamente rancido.

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5 commenti:

  • sara zucchetti il 10/05/2010 23:47
    Di sicuro non la lascio io sono appasionata di fantasia!
  • Vincenzo Mottola il 10/05/2010 23:29
    Chi può dire, in effetti, che la fantasia non è un luogo persistente? Voltando pagina o cambiando canale siamo noi a lasciarla, non essa a svanire. Grazie, Sara, ciao!!
  • sara zucchetti il 10/05/2010 21:43
    bel racconto con personaggi famosi e simpatici che fanno una vita normale!
  • Vincenzo Mottola il 10/04/2010 15:47
    Grazie molte, Stefano! Devo dire che ho provato quasi vergogna nel profanare la vita privata di una tale icona della bontà Disney, è stato un vero sacrilegio, ma mi ha sempre divertito pensare a quel che potrebbe esserci prima e dopo i cartoni animati, a quella che potrebbe essere anche per questi eroi della gioiosità una vita comune, come tante gravata da mille imperfezioni e patemi. Grazie ancora e ciao!!
  • Stefano Galbiati il 10/04/2010 13:22
    questo raccontino merita a mio parere cinque stelle... una sorta di seconda vita del topo più famoso del mondo, con i suoi amici dei fumetti che poi non sono così tanto amici. Mi sono piaciute parecchio le loro descrizioni... anche la storia di Minni, corteggiata dal capo.
    Hai davvero parecchia fantasia, bravo!

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