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ANNALISA

ANNALISA

Avevo circa cinque anni, quando ebbi coscienza che i lamenti di mia madre non erano dovuto ad alcuna sofferenza, ma coincidevano con le visite di zio Pasquale o di qualche cugino, che veniva a farle visita, di tanto in tanto. A sette anni, frequentavo la prima elementare al Barra e mi veniva un nodo alla gola, quando tornavo da scuola e la mamma, in vestaglia, mi preparava in fretta un po’ di pastina o un uovo strapazzato, accompagnato da una fetta di pane raffermo. Il letto grande sempre in disordine, veniva riordinato di sera, quando ci mettevamo a letto ed il tanfo di sudori diversi mi rimescolava lo stomaco, non sempre perfettamente sazio. Per anni avevo atteso una sua carezza, quando ancora pensavo che l’esser mamma voleva dire qualcosa di grande e di importante. Le speranze, purtroppo, svanirono sera dopo sera, col suo russare ed i miei lunghi dormiveglia, sui cuscini maleodoranti di tabacco.
Mia sorella, di tre anni più grande, era andata con zia Clara, subito dopo la morte di papà, io ero troppo piccola per essere affidata a qualcuno. Dopo le elementari, frequentai le medie e ricordo che mi faceva più male l’indifferenza di mia madre che le sue avventure, che, nel tempo, andarono sempre più a scemare. Finii le medie e mi convinsi di essere sola al mondo. Iniziai ad avere amiche ed amici, poi, alla fine, optai soltanto per gli amici. Subito dopo il diploma, pur di scappare di casa, mi sposai con Mario, un elettricista che diceva di amarmi follemente, ma mi trovai divorziata a 24 anni. Non potendo pagare l’affitto, mi rivolsi a mia madre perché mi venisse in aiuto, ma la pensione di reversibilità le bastava appena per tirare avanti, o almeno così mi disse. Dovetti arrangiarmi.
Riuscii a superare quel brutto momento e presi il diploma di infermiera, che mi permise una sistemazione decorosa presso l’Ospedale S. Leonardo. Ora abito al quarto piano, in un bel palazzo di via Carmine. L’appartamento è piccolo, ma è pulito ed ha un magnifico terrazzo, con vasi di rose e gerani. Stamani mi hanno chiamata per mia madre, pare che sia stata ricoverata nel reparto psichiatrico, forse dovrei andare a vedere come sta, ma credo sia meglio andarci tra qualche giorno, dopo che la terapia abbia avuto il suo effetto. La settimana scorsa ho sentito mia sorella ed è d’accordo a metterla in un ricovero per anziani. Andremo, così, a farle visita a turno, due a tre volte all’anno. Che scocciatura! Ora che la vita potrebbe essere bella, a due passi dalla laurea, si presenta questo problema, ma lo risolverò quanto prima, ho chi mi darà una mano! Con la moneta che mamma ha usato per anni, si arriva ovunque, basta saperla adoperare con classe, lucidità ed oculatezza. L’amore? Non è cosa che mi riguardi! Io non ne ho mai avuto, perché dovrei darne? Del resto, non ne sarei capace. Dal balcone sul terrazzo, un delicato profumo di gerani mi rinfranca, dopo una lunga giornata di lavoro, abbasso la persiana a metà corsa e la camera da letto, in penombra, diventa più intima ed accogliente. Mi distendo, nuda, sul letto, felice della mia vita senza preoccupazioni; tra poco suoneranno alla porta e Guido, il mio primario, sorridendomi dirà:
- Ciao Annalisa!-
- Ciao! ?" gli risponderò con voce bassa, leccandogli l’orecchio e schiacciando le mammelle profumante di Chanel sul suo petto villoso. Finisco appena di pensarlo e suonano alla porta. Vado ad aprire, ma non è Guido che mi prende tra le sue braccia, ma Carlo, il mio caposala, con l’alito profumato di menta ed un diavoletto nei pantaloni. Che importa? “Un uomo vale l’altro”, mi ripeteva mia madre ogni giorno, mentre piangevo lacrime amare, sulle uova strapazzate.
Franco Pas

 

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