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This is the end

Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino? ». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete (la genesi 3, 1-7)



Avevo dodici anni quando incontrai per la prima volta Joseph. Era un vero bastardo. Era cresciuto in mezzo alla violenza della sua famiglia. Sua madre una troia che veniva pestata regolarmente da suo padre, che usciva ed entrava continuamente dalla galera. Il gabbio era la regolarità per il padre di Joseph. La galera era la sua casa, la sua casa era il suo albergo. Ci tornava per pestare e scopare sua moglie, e per insegnare l'arte della violenza al figlio. Fu così che Joseph divenne Joseph Il gramo. Si avevo solo dodici anni quando l'ho incontrato la prima volta, lui aveva solo un anno più di me, ma era già il doppio e nel suo sguardo c'era già quel luccichio da psicopatico. Un luccichio che aspettava solo il momento giusto per esplodere nella fiamma dell'odio. Ero uscito dal scuola e stavo tornando tranquillamente a casa mia. Ero quasi arrivato quando mi ha pestato la prima volta, voleva dei soldi. Sapeva che venivo da una famiglia normale, che non mi faceva mancare l'amore. Voleva i soldi che i miei mi davano per comprarmi le cose che mi servivano. Insomma la classica storia del bullo che vuole fregare i soldi al più piccolo. Soldi che in quel momento io non avevo, li avevo già spesi per comprarmi le prime sigarette e le corde nuove della chitarra che stavo imparando a suonare
Ma lui non voleva solo i miei soldi, voleva la mia paura. Mi spinse a terra e mi prese a calci. Calci nello stomaco, mi sputava e insultava. Lui odiava la normalità della mia famiglia, il mio crescere in una situazione tranquilla. Mi odiava per quello che ero, quello che lui non poteva essere. Io non dissi mai niente ai miei. Mi aveva minacciato. <Di qualcosa in giro e sei un morto> Si Joseph aveva imparato alla perfezione l'arte della violenza. Sapeva come diventare il tuo incubo peggiore. Lui si nutriva della paura degli altri. Mi pestava sempre. In ogni caso. Mi pestava perché ero normale, perché ero un codardo, perché ero io. La mia sola colpa era essere me stesso.
Per fortuna la mia famiglia si era trasferita in un altro paese della provincia e io non ho visto Joseph per qualche anno. Sapevo che però era diventato un delinquente di prima categoria, un cane rognoso. Joseph- Il gramo. Sapevo che era una macchina combustibile d'odio per l'umanità.
Anch' io, crescendo, ero entrato in brutto giro di droga. La morte di mia madre prima di tutto e la vita vuota della provincia erano una perfetta combinazione per un crescendo depressivo che poteva solo sfociare nell'autolesionismo cronico. Questi motivi sommati alla mia poca forza di volontà mi stavano facendo diventare un derelitto della società. Ma io non ero come Il gramo, io non avrei fatto del male a nessuno. Mi giungevano le notizie del suo spargimento d'odio e cercavo di starne il più lontano possibile.

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6 commenti:

  • Anonimo il 01/01/2013 15:29
    Piaciuto molto, una buona narrazione del dolore e dell'alienazione. Noto che ti piace Ellis ehehe, e la scena del barbone picchiato conferma una certa maestria nel raccontare anche scene crude. Ciao
  • Anonimo il 30/05/2010 03:17
    Ottimo racconto. Tensione narrativa, crudezza, molto più che una spruzzata di nichilismo. Io vi ho scorto un Raskolnikov rovesciato, nel senso che qui il castigo ha preceduto il delitto, ma le atmosfere si assomigliano. La dose mortale nel finale? Beh, quella è redenzione.
  • Anonimo il 29/05/2010 14:21
    Quante cose avrei da dire... inizio con le canzoni... i Doors ed in particolare This is the end di Morrison mi piacciono molto... devi sapere che siamo praticamente coetanei... a me piacevano già nel 1965... poi la scena di quel bastardo di joseph che ammazza di botte il barbone mi ha portato ad un episodio della mia vita... vai a leggerti il mio racconto autobiografico I tre naziskin ed il barbone e mi capirai.
    Poi del racconto si coglie la drammaticità degli avvenimenti in maniera palpabile... certamente, come dice Guido, si notano le inflkuenze di autori moderni. Ben scritto come cadenza e scorrevolezza non fosse per qualche refuso di poco conto e per qualche virgola messa in modo particolare. A me piace anche con poca punteggiatura, un testo. Ciao... alla prossima.
  • antonio monteleone il 29/05/2010 14:06
    grazie mille laura
  • laura cuppone il 29/05/2010 02:29
    splendidamente scritto 8tranne qualche refuso dovuto probabilmente alla fretta)
    ma molto attraente
    perchè la sorpresa é nella sorpresa
    perchè il troppo male resta male èe a volte il troppo bene... lo diventa...
    un dolore grande
    trasfigura
    e poi..
    attenzione alla muta!!!!

    piaciutissimissimo!!!!
    Laura
  • Guido Ingenito il 28/05/2010 20:26
    Un manifesto del dolore e della violenza molto chiaro. A parte trascurabili (ma non troppo ) errori grammaticali è scritto bene, netta la psicologia del protagonista che diventa carnefice tale e quale alla sua nemesi. Si sente che leggi autori moderni, come me del resto. Secondo me c'è un leggero spolvero di nichilismo. piaciuta!

    Guido

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