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.. Prese di coscienza

Tutti si nasce e tutti si muore. Il tempo che separa questi due eventi estremi si chiama vita, una strada che ognuno percorre a modo suo. Un unico colpo a disposizione per questa esperienza irripetibile. Se tutti noi capissimo per tempo di quanto sia fragile l'esistenza, di come tutto quello che passa è una parte di vita che non tornerà, che l'oggi non sarà più ripetibile nel domani e di come il domani non sia poi così scontato che arrivi, forse in questo lasso di tempo che ci separa dalla morte riusciremmo a vivere con più filosofia. Siamo la generazione che non va al funerale di un parente perché non vuole perdere una giornata di lavoro. Siamo quelli che credono nel miracolo economico, dove anche uno Yogurt garantisce giovinezza eterna. Siamo figli della Tv, anestetizzati dal progresso, incantati dallo spot quotidiano e coccolati dalle comodità estreme. La sveglia è il nostro Gallo che canta tutte le mattine, l'auto è la nostra privacy e il carrello della spesa il nostro miglior psicologo. Siamo la generazione che parcheggia i genitori negli ospizi, perché già non si ha il tempo di vivere e ci manca pure di curare la mamma invecchiata. La produttività è tutto, e se l'anziano non riesce più a stare al passo con i tempi, magari preparando il pranzetto per il figliolo o per tenere il nipotino, a che cosa serve in questa società moderna? Produttività e consumo hanno sostituito il nostro Io più intimo. Viviamo in un mondo dove le nazioni sono sempre meno distanti da raggiungere e una volta raggiunte si cerca la replica di casa. Il ricordo di un viaggio sta nella foto di rito con il sorriso rivolto all'obbiettivo, e non di quello che non s'è vissuto sul luogo. Siamo quelli che tollerano le ingiustizie umane, ma s'incazzano se non trasmettono la finale di Champions. I nostri interrogativi esistenziali sono: Cassano sarà in azzurro? Lippi o Donadoni? aprirà la busta? chi ha vinto amici? Clooney con la Canalis? Era fuori gioco? Valentino Rossi in Ducati? A che ora l'aperitivo? E quando qualcuno ci viene a dire che in fondo queste non sono le uniche priorità, stizziti si risponde:<< Non cambia nulla e poi la vita è già dura di suo e non me la rovinerò di certo a seguire quello che non va. C'è sempre qualcosa di peggio nella vita>> ... si! la morte di una vita mai vissuta! Ed è proprio da questo che si dovrebbe iniziare a ragionare per dare un senso alla vita. L'argomento morte è stato completamente spazzato via dalla nostra mente. La morte è roba altrui e quando viene a bussare alla porta delle persone amate, si ha il trauma della scoperta improvvisa... << Ma, allora si muore veramente cazzo!>>
Non parlo della morte vestita di nero con la falce in mano, di teschi, di tombe buie, quella è la parte riservata al corpo dove s'è fatta tanta sceneggiatura, ma della fine di un percorso naturale. La fine di una vita, di una mente capace di assorbire dalle esperienze, in grado di pensare e agire. La fine di un qualcosa di unico e irripetibile. La fine di un percorso, che a mio parere non si dovrebbe ridurre alla sola presenza fisica, ma di una continua evoluzione mentale, la quale ci aiuterà ad accettare la morte come la giusta conclusione. Il famoso cerchio prima o poi si chiuderà, qualsiasi sia stata la nostra vita.. anche se miserabile.

 

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2 commenti:

  • Antonio Morrone il 03/07/2010 00:22
    Per quanto mi riguarda il metro o la giusta misura si racchiude in una semplice frase:
    non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te

    Purtroppo nel lato pratico l'essere umano è tristemente egoista. In più l'uomo occidentale è riuscito a macchirsi di arroganza intellettuale.
    .. il futuro passa sempre dalla storia.

    Ps: ovviamente non tutti
    Ciao, ciao
  • Anonimo il 02/07/2010 10:11
    È il senso etico della vita che mi sfugge, che a volte mi lascia perplesso. La volontà umana di voler suddividere le azioni in lecite ed illecite, giuste ed ingiuste. Ma qual'è la proporzione, qual'è il metro, qual'è la misura? Certo, se pensiamo ai comandamenti, non uccidere, chi può contraddirlo. Ma poi l'uomo, in nome di quel comandamento, uccide i suoi simili, li uccide perchè hanno contraddetto le regole (pena capitale). Non rubare: giusto, giustissimo! Ma come la mettiamo per quelle popolazioni, che noi abbiamo definite primitive, che non concependo la proprietà privata non potevano certo nemeno contemplare l'idea del furto.
    Quelo che tu dici è giusto, certo, ma visto con i nostri occhi, con il punto di vista di una società che ha pensato di possedere l'unica verità ed ha tentato di diffonderla in tutto il mondo, anzi, diimporla.
    Dovremmo riuscire a vedere le cose privandoci di tutti i filtri, le cortine fumogene, i condizionamenti che la nostra storia ha interposto tra noi e la realtà.
    Ciao.

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