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Incontro ravvicinato 3 - la fine
Ho quarantacinque anni, sono veterinario libero professionista convenzionato con la mia provincia e sono un single di ritorno, nel senso che mi sono separato dopo venti anni di matrimonio. Lo sono ormai da circa tre anni, da quando mia figlia al suo diciottesimo anno ci invitò a sederci uno di fronte all'altra e con sorprendente schiettezza ci disse che non poteva più convivere in una famiglia più incasinata come la nostra, tra continui bisticci e rimbrotti, scenate, incomprensioni ed equivoci.
"Separatevi - ci disse - così posso stare indistintamente sia con l'uno che con l'atra senza dovermi più incavolare con tutti e due"
Detto fatto, mai consiglio fu seguito con maggiore celerità. Tre mesi dopo, la separazione ovviamente consensuale, due anni dopo il divorzio definitivo. Ora viviamo felicemente tutti e tre, io da solo con il mio disordine interiore ed esteriore, la mia ex con un nuovo compagno, un vecchio compagno di scuola dalla fiamma sopita e improvvisamente riaccesa e Giusy, la nostra bambina, che da più di un anno vive beatamente con un fidanzato di circa dieci anni più grande. In tutta questa situazione è l'unica cosa che non riesco a mandare giù, dieci anni mi sembrano francamente troppi, ma, contenta lei...
La cosa più straordinaria dopo il mio divorzio è che con la ex vivo in perfetta armonia, oggi siamo grandi amici, ci incontriamo quasi tutti i giorni, spesso facciamo colazione insieme, spettegoliamo sui nostri amici, spesso ceniamo anche insieme, ovviamente in tre, e ci interessiamo di nostra figlia come non lo abbiamo mai fatto in passato quando eravamo una famiglia.
Tonia, la mia ex moglie, è assistente sociale e si occupa principalmente delle famiglie che hanno figli disabili; lo fa in vari modi, promuovendo varie iniziative sociali coinvolgendo le autorità scolastiche e comunali, e spesso rompendo le scatole al sottoscritto, costringendomi a intervenire a noiosi incontri e dibattiti con personalità politiche e sociali. L'ultima delle sue cervellotiche iniziative mi è arrivata per posta questa mattina: un incontro presso il centro sociale, tema del dibattito "le diversità e la natura" dove per natura lei ha inteso il mondo animale, nello specifico le razze canine.
A volte ho il sospetto che lo faccia apposta, ad ognuno di questi incontri che organizza mi ritrovo al fianco la stessa persona, una dottoressa sua amica e quasi coetanea e, guarda caso, vedova da circa un paio d'anni e senza prole. La faccenda mi puzza un po' perché ogni volta finge di cadere dalle nuvole.
"Oh, ma che combinazione, siete capitati allo stesso tavolo!" cinguetta giuliva lanciandomi occhiatine colme di complicità. Ogni volta scuoto la testa incredulo davanti alla sua spudorata ostinazione e spesso mi scopro a pensare per quale motivo ci siamo separati visto che andiamo così d'accordo. Già!, ora ma...
Rileggo l'invito, è per questo pomeriggio, come al solito non mi lascia alcuna scelta, appena il tempo per mettermi in ordine che è già ora.
Il centro sociale, come prevedevo, è semivuoto, anche perché in paese tra disabili e diversi non è che ce ne siano poi tanti, forse una decina in tutto e, quindi, anche le autorità invitate non mi sembra che siano intervenute al completo. Eppure con il passare dei minuti la sala si va riempiendo. Vedo prima arrivare parecchi disabili, ne conto in tutto tre dozzine, poi i cosiddetti diversi, trentanove down, tutti ovviamente accompagnati da familiari o assistenti. Mi chiedo stupito da dove mai provengono, sono in tutto settantacinque persone, un numero spropositato per il paese. Quindi i rappresentanti sociali e amministrativi, e qui mi accorgo che sono presenti i rappresentanti di mezza provincia. In pochi minuti la sala si riempie, anche considerando la presenza di una quindicina di cani di varie razze, addestrati alla compagnia dei disabili. Comincio a capire quale sia lo scopo degli organizzatori dell'incontro e, una volta tanto mi trovo pienamente d'accordo.
Infine arriva lei, Tonia, tirata a lucido come non mai. Ora comprendo che è proprio lei la principale organizzatrice del dibattito che tra poco avrà inizio. Mi raggiunge mentre sto ammirando un superbo pastore maremmano, tenuto al guinzaglio da una avvenente signora, con un colpetto di tosse e un sorriso a tutta bocca mi agguanta per un braccio e mi costringe a seguirla presso il palco dei relatori al cui tavolo spicca un posto vuoto guarda caso al fianco di una ben nota dottoressa che pare stia aspettando proprio me come ad un appuntamento galante. Faccio appena in tempo a rivolgere un disarmante sorriso alla mia cinofila che mi ritrovo già seduto con davanti una cartella colma di depliant e di foto canine, ovviamente predisposte dalla mia ex. Sfoglio il contenuto e trovo un biglietto, conosco la calligrafia, leggo l'appunto, mi invita a documentarmi velocemente perché non ho molto tempo a disposizione, poi come p. s. "però che bella coppia che fai con Valeria!" inutile spiegare chi sia la sunnominata.
Dal mio posto, sul palco al tavolo dei relatori, ho modo di spaziare sull'intera sala. Devo ammettere che si è riempita quasi del tutto. Le sedie, disposte in filari ad arco di cerchio, sono collocate come all'aula magna dell'università, un filare dopo l'altro ad altezza maggiore ma in leggera pendenza, così tutti possono vedere senza ostacoli e i relatori non debbono guardare in cielo
Tra i tanti convegni al centro sociale devo confessare che questo è il primo in cui vedo la sala tanto gremita e mi fa un certo effetto. Mi accorgo come sia difficile cercare di individuare un volto tra i tanti anzi, puntare lo sguardo su ognuno dei presenti mi provoca un leggero stordimento. Mi distraggo, la mia ex fa il discorso d'apertura con le presentazione dei relatori, tra cui il sottoscritto, dilungandosi particolarmente sulla disponibilità degli accompagnatori, sia dei cani che dei disabili, lodando lo spirito e la volontà che li anima.
Più lei parla e più aumenta il mio stordimento fino a diventare un vero e proprio mal di testa. Non riesco a spiegarmelo, da un paio di giorni non ho fatto assolutamente nulla che possa averlo fatto maturare. Poi subentra un ronzio nelle orecchie, leggero e costante e infine insopportabile. Mi sento stordire sempre più, ho caldo, allento il nodo della cravatta e sbottono il colletto della camicia poi, come se già sapessi dove fosse, punto direttamente gli occhi in un punto preciso della sala dove incontro lo sguardo di lui.
Non lo cedevo da circa un mese, quando mi lasciò disturbato dall'arrivo di una presenza estranea, mi disse "ci rivedremo" ed ora eccolo lì tra la piccola folla dei "diversi". Mi sorride e la mia emicrania svanisce in un attimo. Sto per ricambiare il sorriso quando un evento straordinario scompagina i piani di tutti i presenti.
Improvvisamente la terra trema, prima sussulta e poi ondeggia. La struttura antisismica del centro sociale pare voglia ballare, o sono i miei sensi a perdere il controllo. Dei lampadari si staccano dal soffitto crollando rumorosamente sulla sala dove avviene un fuggi fuggi generale. Qualcuno afferra la mia giacca e mi tira in disparte verso una porta d'angolo. Senza sapere come mi ritrovo nel retro palco, il luogo adibito a spogliatoio degli artisti quando si esibiscono nelle rappresentazioni teatrali al centro organizzate dalla pro-loco. Insieme a me vi è Tonia, che terrorizzata come non mai, mi si stringe addosso. Non siamo soli, con noi vi è anche lui, dall'aspetto ancora più bonario di quanto lo ricordassi.
Si avvicina ad entrambi, posa il palmo delle mani sulla nostra testa, Tonia si addormenta di colpo al mio fianco mentre nella mia mente avviene una trasmissione di immagini che mi era già familiare.
Questa volta trovo la forza di rivolgergli un messaggio, non so se l'ho fatto parlando o telepaticamente.
"Ti prego, fai piano" Sorride, credo che abbia capito, mi fa un cenno d'assenso. La sua mano scivola lentamente sui miei occhi e la trasmissione del pensiero ha inizio.
Le immagini iniziali le conosco, sono le stesse già viste l'ultima volta, quelle di un mondo popolato solo di down. Ce ne sono a milioni, vanno avanti e dietro presi nelle varie attività, i mezzi di cui dispongono sono molto diversi dai nostri, strane automobili senza ruote che si librano nell'aria. Le città in cui vivono sono formate da piccoli edifici alti non più di tre piani, con strade larghe e alberate e giardini, tanti giardini, una babilonia di colori.
L'immagine cambia, rivedo gli stessi posti con meno edifici e tanti cantieri, comprendo all'istante, siamo andati a ritroso nel tempo, non di molto solo qualche decennio, giusto per farmi comprendere come sarà il nostro viaggio della mente. Faccio un cenno col capo per trasmettergli di aver capito. Allora si passa ad un'altra immagine, questa volta non si tratta di anni ma di secoli, non so quanti, di sicuro qualche centinaio. Ora vedo solo campi abbandonati, deserto dappertutto, poi come delle osa in mezzo al deserto delle immense cupole trasparenti che brillano in lontananza. Al di sotto si scorgono edifici, sono simili a quelli visti in precedenza, sono intervallati da piccoli giardini e le strade sono più strette ma sempre alberate. Riesco a distinguere gli abitanti della città sotto vetro, sono sempre loro, operosi ed efficienti. Il campo si allarga e s'innalza così posso osservare il loro pianeta sempre più in alto. Vi sono altre oasi come quelle e sembrano tanti puntini verdi in un mare di desolazione.
Mentalmente sto per fargli forse la domanda principale ma egli mi blocca con un cambio immagine.
Siamo ancora più indietro nel tempo, non so quantificare quanto, forse qualche millennio. Ora la scena è completamente diversa, terrificante. Sono scene di guerra, aerei, navi, che si combattono tra loro. Vedo missili a testata nucleare che vengo lanciati contro città lontane tra loro, vedo gente urlante che corre disperata in cerca di un rifugio. Infine vedo ancora loro, i miei amici down, rintanati in rifugi e curati amorevolmente da persone dall'apparenza normale. Già!, sono i samaritani dei nostri giorni che incuranti dei pregiudizi s'interessano del prossimo indifeso.
A questo punto mi sovviene un orribile sospetto, dentro di me esplode un'agitazione con profonde vampate di calore, ancora una volta sopite dalla sua mano. Rivedo ancora le scene di guerra poi quelle successive fino a comprendere del tutto. Dopo la guerra atomica l'umanità è cambiata, forse si è evoluta o addirittura sostituita dagli unici superstiti, i down, protetti fino all'inverosimile come incolpevoli indifesi. Questa è stata la loro salvezza, grazie a pochi benpensanti della razza cattiva.
Si va ancora indietro e questa volte l'emozione è grande perché davanti mi appare Giusy, con in braccio un neonato che lei coccola amorevolmente. Il campo si restringe fino a inquadrare in primo piano il volto della piccola creatura, lo osservo attentamente trattenendo il fiato, è un down. Non faccio in tempo a metabolizzare l'evento che la scena cambia di colpo, ancora Giusy, col pancione e in abito bianco, al suo fianco il ragazzo con il quale è fidanzato, intorno a lei un sacco di gente, tutta tirata a lucido, c'è Tonia e la sua amica del cuore Valeria, poi un sacco di altra gente, molta della quale non conosco affatto. Vi sono però volti familiari, ovviamente sono i nostri parenti, alcuni molto prossimi. Mi stupisce una cosa, non vedo me stesso tra loro e mi chiedo perché. Non ho il tempo di rifletterci sopra perché la scena cambia ancora. Con viva emozione mi ritrovo a guardare ciò che potrei vedere anche direttamente. Siamo nel centro sociale, forse tra qualche minuto non so, vedo la gente che ho appena vista in sala. Poi rivedo i lampadari che crollano e me stesso che afferro Tonia per un braccio e la sospingo con me nel ripostiglio dove ora siamo ma non è tutto. Saranno passati pochi minuti, il tempo di sollevare Tonia da terra, farla rinvenire e accompagnarla di fuori, quindi vedo me stesso che mi volto indietro attratto da un lamento di bambino, lascio Tonia che, immagine urlante e silenziosa, mi implora di non andare. Non ho alcuna esitazione, entro di nuovo nel centro sociale poi, nient'altro, tutto crolla quasi implodendo su se stesso.
Mio Dio! È la mia fine, osservo sgomento il mio amico, per la prima volta lo vedo triste, due solchi di lacrime sul volto ma il sorriso non è venuto meno. Mi toglie la mano dalla testa, siamo uno di fronte all'atro, non ho parole, comprendo solo di aver visto i miei ultimi momenti di vita e inconsciamente sono consapevole che tutto avverrà solo tra pochi minuti. Ho solo il tempo di fargli qualche domande.
"Viaggiate nel tempo?"
"Sì, lo facciamo da parecchio"
"I cerchi cosa sono?"
"Sono dei messaggi che ci lasciamo, delle semplici annotazioni dei nostri viaggi temporali"
"Perché proprio io?" gli chiedo intendendo ciò che è avvenuto dal nostro primo incontro fino ad oggi, epilogo compreso.
"Perché volevo conoscerti" dice con un nodo alla gola mentre mi abbraccia come la prima volta.
"Tu sei il dis..," dall'emozione non riesco a completare la frase. Egli si allontana da me, mi sorride ancora mentre svanisce. Nella mente mi rimane la sua ultima parola "Addio!"
Al mio fianco Tonia si sta risvegliando, l'aiuto a rialzarsi quindi sorreggendola l'accompagno fuori la struttura dove c'è già un sacco di gente attonita e disperata. Valeria ci viene incontro accogliendo Tonia tra le sue braccia. In quell'istante mi giunge da dentro un lamento di bambino.
"Mamma, mamma!" implora, lascio Tonia e mi dirigo verso l'interno, verso quella implorazione. Sulla soglia mi volto indietro. La scena la conosco già, Tonia con un braccio teso verso di me pare supplicarmi di non andare. Non so che dirle, devo farlo. Un ultimo pensiero mi colpisce prima di sparire all'interno.
"È l'inizio della fine"
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0 recensioni:
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- Sorpreso soprattutto nel senso che mi aspettavo piuttosto una disgressione filosofico-esistenzialista con Fapes! Ma riflettendoci bene, e alla luce degli altri tuoi racconti, a una tale fine, avrei potuto pensarci. Ma il talento di un'autore è anche quello di sorprendere, e in questo caso, per me, l'hai fatto bene, in modo positivo. Su un solo punto avrei da dire qualcosa ed è la "densità" di questa terza parte. Ma come lo dici nel racconto seguente, stai imparando ad essere succinto. Continua così e diventerai un bravo "Potatore" !!!!! Ci sentiamo agli inizi d'agosto, perché io parto quando tu ritorni. Ciao Michele
- Touché Cyrano! Adesso però devi spiegarmi se ti ha sorpreso positivamente o no.
Grazie Vito.
- Caro Michele ho letto con piacere il tuo racconto, anche se l'ultima parte mi ha un po' sorpreso. Rispondo anche a Nunzio quando chiede perché scrivi e perché scrivete. Lo faccio con una domanda : Perché leggiamo, perrché leggete anche voi? il suo trinomio a proposito della costruzione del periodo mi sembra giusto e io lo allargherei alle persone : soggetto = scrittore ; verbo = gli scritti ; oggetto = il lettore. Infatti si possono invertire (come dice lui) , ma l'importante è che ci siano tutti e tre!!! E poi non credo che che il lettore dei vostri racconti cerchi «bassa macelleria, frattaglie e ciarpame », perché per questo ci sono i giornali, ma piuttosto una visione o un'esperienza della vita, e della morte, che può allargare il suo orizzonte o completare le sue opinioni o solamente « divertirlo ».
Anonimo il 15/07/2010 12:24
Sono Antonino Michele! Già mi conosci!
- Grazie A. R. B. ma è davvero il ruo nome? perchè in tal caso oltre ad essere esotico è sovraccarico di aspettative da non deludere. Sto scherzando, ho visto dal curriculum che hai iniziato vulcanicamente.
Grazie ancora.
Ciao
Michele
- Caro Nunzio, c, c, c, condivido, comprendo e, in un certo senso, contesto il tuo sacrosanto sfogo. Ti dirò di più, il mio primo impatto con questo sito è avvenuto durante l'inverno scorso (gennaio o febbraio non ricordo) e il primo racconto che mi trovai a leggere (l'autore non lo ricordo davvero) era costituito dalla descrizione particolareggiata di un amplesso. A seguire, invece, un racconto bellissimo, stile quelli che scrivi tu nei momenti di grande nostalgia (a proposito li leggo con grandissimo piacere). Per farla breve rimasi sconcertato e, al momento, lasciai perdere. ci sono tronato a fine maggio e da lì è iniziata quest'avventura, lasciamelo dire molto piacevole. e qui mi riferisco alla contestazione. Come ti ho già accennato una volta, quando eri preda di un altro momento di sconforto, ricordi?, ti confermo che trovo gran piacere a scrivere, anche perchè so di poter contare su alcuni fidati e spontanei commentatori come te e qualcun'altro. Quando scrivo so di non commettere errori di grammatica, forsi di ortografia sì, di battitura non ne parliamo, so anche di possedere un modesto vocabolario, lo capisco quando vado a rileggermi, so anche di essere un gran pigrone affetto da idiosincrasia alla rilettura, ma cosa vuoi, mi basta esprimere la mia fantasia,
Scusami tu, adesso, per il mio sfogo.
Grazie ancora, mio carissomo amico.
Michele
Anonimo il 15/07/2010 09:24
Ottimo racconto Michele!
Letto con piacere... anche se mi ha un po' rattristito! Hai un animo davvero sensibile!
Asciutto e scorrevole!
A. R. G
Anonimo il 15/07/2010 05:33
Michele, hai inventato l'incontro ravvicinato del... esimo tipo! Dovrei dirti che come al solito hai scritto benissimo, ed invece ti faccio una domanda: che scrivi a fare? Anzi la rigiro anche a me stesso: che scriviamo a fare? Cosi attenti alla forma, magari perdiamo tempo a cercare una storia intrigante, con un degno finale, magari pretendiamo pure di costruire il periodo in maniera logica, com'era? Soggetto, verbo, oggetto... magari li puoi anche invertire, ma l'importante è che ci siano tutti e tre!
No, dammi retta, Michele, oggi il mercato richiede altre caratteristiche, Grand Guignol in primis, ma anche bassa macelleria, frattaglie e ciarpame, stucchevoli scenette, e chi più ne ha più ne metta.
Dia retta a me, e se non vuole farlo dia retta a Totò " si aggiorni, caro mio, si aggiorni..."
Ciao Michele, scusami dello sfogo.
Bello il to racconto, Michele. Come al solito. Purtroppo.
Ciao.
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