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Beppe il violinista

Quel tardo pomeriggio d'estate di tanti anni fa, come accadeva ormai da circa una settimana, ero stato dolcemente svegliato dal suono del violino di Beppe. Beppe era un bambino prodigio che, suonando ogni giorno il suo strumento, irritava la maggioranza dei condomini che si dedicava al rito del pisolino pomeridiano.
"Ecco! Ci siamo! Basta! Falla finita!"
Quelle e altre imprecazioni echeggiavano in quel condominio, sorto durante gli anni Cinquanta a ridosso della collina del Vomero, nella città di Napoli. Beppe, imperterrito, in piedi sul piccolo terrazzino all'ultimo piano dove abitava, eseguiva con il suo violino brani sconosciuti alla maggior parte degli spettatori.
Quelle melodie interrompevano le ore del riposino, sacre per molti napoletani e non solo. A una a una le "vittime" di Beppe uscirono sui balconi e cercarono di farlo desistere dal continuare quel concerto appena iniziato. Erano coloro che allungavano quel pisolino sino all'ora che anticipava il tramonto. Tutto era inutile. Il piccolo uomo, concentrato nell'esecuzione dei brani, non si curava di nessuno. Assorto in un mondo tutto personale, offriva a quella platea le sue improvvisazioni.
I ragazzini che riempivano la piazza ancora sterrata che separava le palazzine di quel parco, smisero di giocare e volsero lo sguardo verso Beppe. I piccoli monelli non si rincorrevano più, non urlavano e non litigavano per il possesso della "mazza" e del "pizzo". "Il gioco della mazza e del pizzo", molto diffuso anni fa, veniva eseguito con due pezzi di legno; uno lungo circa cinquanta centimetri ("la mazza") e uno più piccolo lungo circa dieci centimetri ("il pizzo"). Ora, però, gli occhi e le orecchie erano tutti per Beppe il violinista.
Come sempre, dopo dieci minuti nessuno imprecava più e tutti
godevano di quelle melodie. La signora Maria si affrettò a ritirare i panni stesi; poi, poggiata con i gomiti sull'inferriata, si concentrò nell'ascolto e ritmava, ancheggiando i fianchi, la melodia che in quel momento veniva eseguita. Come lei, altre signore si concessero una tregua e si sedettero fuori sui balconi.
Anche le rondini, che sino a poco tempo prima stridevano mentre disegnavano nello spazio di cielo sopra il condominio innumerevoli traiettorie, si zittirono. Quella melodia lanciata nell'aria, come per una magia, le aveva acquietate. Il vecchio Gennaro, in canottiera e pantaloncini, si accomodava sulla sua sedia sdraio e aveva acceso la pipa.
Dondolandosi lievemente, emetteva dalla bocca, ogni tanto, "segnali di fumo". Nuvolette che, in simbiosi con le note rilasciate dalle corde del piccolo strumento musicale, salivano in alto; le prime sembravano spinte dalle onde sonore e queste ultime da piccole raffiche di vento.
Le piccole nubi di fumo ora danzavano in armonia con il ritmo musicale in un continuo vorticare nell'aria, ma quei "segnali di fumo" trasmettevano semplicemente un messaggio di serenità e di felicità di cui, in quel momento, godeva il vecchio Gennaro. Beppe, ritenuto il rompiscatole del parco, stava ancora una volta incantando tutti.
Suonare per lui era una missione e una ragione di vita e i suoi capricci sembravano svanire quando prendeva tra le mani il violino.

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7 commenti:

  • Laura cuoricino il 23/07/2010 21:27
    Dopo la vostra corrispondenza... arrivo io. Mi è sembrato di stare lì in quel condominio ed alla fine ho applaudito insieme agli altri al Concerto per violino di Beppe. Grazie Giulio! Ciao. Cuoricino.
  • Michele Rotunno il 20/07/2010 10:38
    Giulio, ho beccato il mesaggio mentre sto per partire e, pur non potendolo leggere ora, già immagino che sarà una lettura per nulla affaticante. Il mio problema visivo non è tragico ma mi complica leggermente la vita. Al mio ritorno lo leggerò con piacere.
    Ciao
  • Giulio Buonanno il 20/07/2010 09:46
    Ciao Michele! Ho spezzettato il racconto come da te consigliato.
    Sul mio sito personale: buonannogiulio. it potrai leggere qualche mio romanzo completo.
  • Michele Rotunno il 19/07/2010 23:51
    errata corrige, volevo dire zoummare, le dita certe volte vanno per conto loro
  • Michele Rotunno il 19/07/2010 23:49
    Caro Giulio, a parte il fatto che per problemi personali non mi è facile fare una lettura così compatta, l'opera si può anche spezzare in più parti, senza rimetterci niente.
    I romanzi lunghi si leggono sui libri, dove è possibile inserire un segnapagine, io sono costretto a zounnare a 125 per una lettura discreta.
    Ma di questo tu non ne hai alcuna colpa.
  • Giulio Buonanno il 19/07/2010 22:31
    Caro Michele se ti spaventa leggere 17. 997 battute spazi inclusi (dieci pagine da 31 righe) cosa ti succede con 180 pagine di un romanzo medio? Vai in coma? Un racconto breve deve rispettare delle caratteristiche predefinite e cioè: dieci pagine da 31 per un totale di 18. 000 battute spazi inclusi. Diverso invece è una stesura destinata ad una pubblicazione che ovviamente ripetterà altre regole.
  • Michele Rotunno il 19/07/2010 17:16
    Giulio, ho cercato di leggerla ma non mi è stato possibile. Ho intuito solo qualcosa. Se solo fossi andato a capo qualche volta!
    All'inizio ci sono passato anch'io. Chi scrive non se ne accorge ma per chi legge è molto faticoso, se non proibitivo.
    Comunque un voto alla fiducia.

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