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Ho provato a forzare un po' i tempi oggi. Ma le lungaggini burocratiche non mi aiutano

Arrivata a V. con in mano tutte le richieste del caso, ho trovato il Comune chiuso. Apre solo due giorni a settimana, mi dice la tabaccaia della piazza; molto bene, penso io, ho solo due giorni alla settimana per permettere alla mia vita di andare avanti. Pazzesco che il mio lavoro debba dipendere dalla voglia di lavorare di qualcun altro.
Il parcheggio è pagato fino alle 17, a casa non mi aspetta nessuno, i soldi mi bastano solo per un caffè, al massimo una granita. Che faccio? Ho un bisogno viscerale di un posto fresco, in penombra ed estremamente silenzioso, dove poter raccogliere le idee, e stare da sola.
Camminando a caso con la ventiquattr'ore che mi pesa nella mano sinistra e i sandali alti che mettono a dura prova il mio alluce valgo, passo di fronte ad un edificio che prepotentemente mi invita ad entrare.
È una chiesa. Perfetta, esulto tra me e me.
Velocemente passo in rassegna il mio abbigliamento (il potere del moralismo fine a se stesso!). Il tubino a balze grigio è abbastanza castigato, nonostante lasci scoperte le ginocchia, e comunque, nessuno ci farà caso, visto che la chiesa sembra essere vuota. Non riesco a focalizzare nella mia mente l'ultima volta in cui sono entrata in un posto simile. Probabilmente in occasione di quel matrimonio in cui ho fatto da testimone.
In ogni caso, il posto è fresco, silenzioso, e in penombra, proprio come desideravo, così mi accomodo in una fila di banchi, proprio vicino all'altare. C'è quell'odore tipico di incenso, mi è famigliare nonostante tutto. Non riesco però a svuotare la mente, così cerco di concentrarmi su una composizione posta nella navata. Riconosco san Francesco, è in ginocchio in adorazione di una croce conficcata su un cumulo di pietre. Mi chiedo come faccia ad avere un viso così sereno, considerate le stimmate che gli insanguinano i palmi. Un vaso di fiori freschissimi bianchi e rossi troneggia lì di fianco e il tutto è completato da due deliziose ampolle di vetro da cui si alzano delle fiammelle immobili, arancioni. Nel complesso è un'immagine piacevole a guardarsi, e mi distrae. Il tempo qui è dilatato, forse inesistente, sospeso. Mi accorgo improvvisamente che le mie labbra hanno un sapore salato.
Un colpo di tosse decisamente maschile alle mie spalle mi desta un attimo dal torpore mistico in cui sono caduta, e mi ricompongo.
Mi guardo intorno per cercare le candeline, ne accenderei un paio, come facevo da bambina quando la nonna mi portava in chiesa sperando che un giorno prendessi i voti (buon'anima, forse non era una speranza sciocca dopotutto); non ne vedo.
Un organo color canna di fucile se ne sta appollaiato in silenzio su un ballatoio dell'edificio, mi domando che suono imponente debba avere, data la sua mole. La mia tacita domanda trova subito risposta, in modo inaspettato e vivace; infatti senza alcun preavviso da quelle canne maestose viene sparata a tutto volume una baldanzosa marcia nuziale! Molto bene, proprio il tipo di musica che mi si addice.
I piedi mi si sono quasi addormentati e il parcheggio starà per scadere, meglio che mi avvii verso casa.
E.. grazie dell'ospitalità.

 

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2 commenti:

  • Anonimo il 04/06/2011 11:51
    Accattivante
  • Michele Rotunno il 04/08/2010 19:30
    Frescura a parte certi luoghi sono davvero accoglienti.
    Spesso mi dico che dovrei andarci più spesso e non solo in determinate e forzate occasioni.
    La scusa è sempre la stessa, ho fede ma preferisco mostrarla a modo mio, sebbene svogliatamente devo ammettere che nel posto giusto si è davvero in pace con se stessi.

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