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Il Maestro della rosa

Alcuni mi dissero poi di averlo visto allo stesso tavolo anche in anni lontani, nel pieno della notte romena.
Ma chi può saperlo, è nostra abitudine provare a rendere la realtà meno opaca e pesante, più vicina alla verità che vorremmo colorandola con dosi robuste di invenzione e di leggenda.
Nella lingua degli ebrei un solo termine designa parola ed azione, per noi romeni parola è cuvintul, viene pronunciata e si allontana, scompare, leggera e misteriosa, come il vento fisico.
Io comunque, che avevo sempre frequentato la birreria, iniziai a vedere quell'uomo solo dal 2001, dalla primavera.
La Caru cu Bere è la birreria storica di Bucarest.
L'edificio, in stile neoclassico, fu ultimato nel 1879.
Sino alla fine della seconda guerra mondiale fu il locale della giovane borghesia di Bucarest, degli studenti, delle comunità straniere, italiani e francesi.
Durante il regime, il locale divenne di proprietà dello stato.
La frequentavano perlopiù i dirigenti del partito, per i quali credo funzionasse, nelle stanze dei ballatoi superiori, anche come bordello.
Io, Ion Dinu Gabrieli, nacqui a Bucarest nel 1977, l'otto febbraio.
Della notte romena non vidi che la fine, ma la conosco bene.
Ben prima e ben meglio che dagli studi, dalle vite mancate dei miei genitori, dai grigi crolli che si intuivano nella loro anima, dalla loro infinita stanchezza.
Ricordo come la nostra casa, ogni suo dettaglio, la facciata, i pianerottoli delle scale e poi gli interni, i nostri mobili e gli oggetti dichiarasse la notte con la forza terribile di cui solo sono capaci le cose materiali.
Nel 1989 il regime cadde.
Non sapevamo cosa sarebbe mutato, cosa sarebbe stato possibile recuperare nei nostri cuori ma sapevamo ciò che saremmo diventati, negli anni, nella libertà e sotto altri demoni: l'Europa.
L'anno successivo la mia vita attraversò un passaggio fondamentale.
Mi fu diagnosticato un tumore maligno, un sarcoma alla radice della coscia sinistra.
Fui operato in Italia, dove avevamo conoscenti.
Contro ogni previsione la gamba fu salvata svuotando tutto l'interno della coscia e dopo due mesi di radioterapia feci ritorno a Bucarest.
La prognosi restava infausta, il tumore era stato scoperto troppo tardi.
Ogni sei mesi, mi recavo in Calea Victoriei per l'esame di controllo, per gli esiti della radiografia fatta la settimana precedente.
Quella sera festeggiavo la proroga semestrale della vita, solo, alla birreria, tornando ubriaco.
"El traieste din nou!"
Lui vive ancora!, dicevo, bambino egoista, perduto e folle, chino su me stesso, alzando uno dei grandi boccali tondi.
A casa, guardavo la lunga ferita dove i raggi del cobalto avevano lasciato segni, lenti di colore scuro.
Poi, non la guardavo mai.

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3 commenti:

  • Anonimo il 15/09/2010 23:04
    Amo molto la Romania e leggendo ho amato il suo scritto.
    Davvero avvincente.
    A-Z
  • Michele Rotunno il 04/09/2010 18:47
    Sì, come dice Nino, moltp ben programmato. Sprazzi di mistero così come quello che circonda l'autore. Ben fatto.
  • Anonimo il 04/09/2010 18:23
    Interessante!
    Si vede che ci hai lavorato un bel po', curato in ogni particolare!
    Ottimo!


    A. R. G

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