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La platea di Khaled

Era la prima volta che vedevi un centro commerciale, Khaled.
Quanti piani, quanti negozi, tutto quello che si poteva desiderare potevi trovarlo.
Tutte le cose belle, tutte le ricchezze erano lì. E quanta gente!
Chissà cosa pensavi, mentre guardavi sbalordito, con il tuo zainetto in spalla.
Si riaprivano le scuole, centinaia di ragazzi e ragazze della tua età affollavano il centro, molti con i loro genitori.
Certo, era molto differente dal tuo villaggio, Khaled. E anche la città, per quel poco che avevi visto, era molto differente dai tetti di lamiera e blocchetti di cemento arsi dal sole della tua casa.
Che occasione venire in quella città! Come sarebbero stati contenti e orgogliosi di te i tuoi genitori!
Dovevi dimostrare loro che anche tu, nonostante i tuoi quindici anni, eri già un uomo, in grado di prendere decisioni importanti.
Qualche ragazza si girava a guardarti e ti sorrideva, provavi qualcosa di sconosciuto dentro... forse perché era la prima volta che ti trovavi veramente solo, fuori del tuo ambiente, o forse erano gli abiti nuovi che ti avevano dato, a metterti a disagio, così simili a quelli che vedevi esposti nelle vetrine e indossati dai tuoi coetanei. I jeans nuovi ti graffiavano le gambe, la felpa poteva andare, le scarpe da ginnastica anche. L'unica cosa a cui tenevi era il tuo zainetto colorato. Era l'unico legame con la tua terra, conteneva il tuo destino Khaled.
Decidesti di fare una sosta vicino a una fontana, al centro di un enorme piazzale.
Avevi la bocca riarsa, era un vero refrigerio attingere l'acqua con le mani a coppa, bere, detergersi il viso e il collo.
Alzare la testa e guardare in alto, anche se non vedevi ancora il cielo.
Qualche ragazza si girava a guardarti, rideva e diceva agli amici:
«Ma perché beve quell'acqua sporca? È scemo? Ma da dove viene? Ma perché non beve una coca? »
Tu capivi bene la loro lingua, ma pensavi nella tua.
C'era un grande assembramento di ragazzi dove vendevano videogiochi e telefonini. Ti dirigesti in quella direzione, ignorando gli enormi manifesti pubblicitari che ostentavano splendide ragazze sensuali, provocanti e mezzo nude, ma non ti facevano girare lo sguardo, non ti facevano aprire la bocca di meraviglia e desiderio.
Ora ti trovavi in mezzo alla calca, pressato da tutte le parti.
Quell'odore estraneo, quei profumi disgustosi, quel contatto, ti davano la nausea.
La musica degli altoparlanti era assordante. La tua voce non si sarebbe sentita. Volevi che la sentissero. Dovevano sentirla.
Ti facesti largo a gomitate, alzando le mani, come a reclamare attenzione, urgenza, dirigendoti a spintoni fino all'ingresso del negozio e molti ti guardarono interrogativi.
«Non fare il furbo. Ci siamo prima noi. Mettiti in fila! »
Non volevi attirare l'attenzione, ma era necessario essere al centro.
Ci arrivasti finalmente, all'ingresso di quel maledetto negozio di telefonini.
Ti girasti verso la folla che era davanti a te. Come davanti a una platea. La tua platea.
Sorridesti con la bocca, ma il tuo sguardo non sorrideva.
Il tuo sguardo era fisso verso un punto della cupola di quel centro commerciale : si vedeva un lembo di cielo.
Era l'unica cosa di cui sentivi la mancanza e sono sicuro che vedendo il cielo ti sentisti sereno.
Abbassasti lo sguardo e guardasti ancora quella platea di coetanei che parlavano e ridevano. Certamente li guardasti negli occhi, Khaled.
Chissà quali furono i tuoi ultimi pensieri, poco prima di urlare a squarciagola, per tre volte, «Allah uà akbàr! », Dio è grande! Tirando una funicella che sporgeva dal tuo zainetto colorato, Khaled.

 

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14 commenti:

  • alberto tosciri il 14/09/2010 22:53
    Ringrazio tutti per i commenti e le osservazioni interessanti, nonchè per l'apprezzamento alla mia scrittura.
    Premetto che il racconto non è una giustificazione di quell'atto, equiparazioni di eroismo o quant'altro, ma solamente il tentativo di esprimere una situazione drammatica, estrema, un dolore che va misurato con il metro di altre culture, altre religioni e situazioni storiche.
    Perchè non possiamo negare che questo dolore esiste, e non esiste solo un dolore e una morte dalla parte dei "soldati blu", più congeniali alla nosta mentalità e abitudini, ma esiste anche un dolore e una morte dalla parte degli "indiani". Superficiale eufemismo per indicare le varie differenze nel mondo. Semplicemente, drammaticamente e solamente questo, non voglio farmi paladino di nessuna causa se non per una sola: la pace e la fratellanza assoluta fra i popoli.
    Avevo intuito che il racconto avrebbe suscitato diverse reazioni. Comprensibili.
    Ancora grazie.
    Alberto.
    Alberto.
  • Anonimo il 13/09/2010 16:15
    Medina dovrebbe riflettere e spiegarsi meglio. Scusa Alberto
  • Anonimo il 13/09/2010 15:52
    Forse non sono un aquila, e l'evidente errore di valutazione che ho fatto con Medina ne è la dimostrazione. Che vi posso dire: nesuno è perfetto. Chiedo pertanto scusa a Medina per non essere riuscito a capire che il suo era un complimento, e chiedo scusa ad Alberto per aver così maldestramente approfittato del suo spazio.
  • Anonimo il 13/09/2010 14:09
    Non pensavo he questo sito fosse frequentato da fini umoristi di tal fatta! Ciao Medina - simpatia - Lariana. Non riesco a riformularti il tuo stesso augurio, mi spiace.
  • Anonimo il 13/09/2010 13:33
    Meno male che alla fine arriva Nunzio-sintesi-Campanelli a salvarci tutti. Nunzio grazie di esistere!
  • Minalouche TS Elliot il 12/09/2010 23:18
    In effetti pare anche a me un cercar di comprendere che non significa giustificare il gesto o far diventare chi lo compie un eroe. Non dimentichiamoci che nella realtà chi si imola facendosi e facendo saltare in aria altre persone viene comunque da una situazione estrema... da una "cultura" estrema e dall'estrema convinzione che non c'è via d'uscita. Con questo non giustifico chi commette questi atti, non giustifico gli atti stessi. Però cerco di capire, come ho già scritto, capire non è giustificare. Non dimentichiamoci di questa differenza.
  • Anonimo il 12/09/2010 22:13
    Bel racconto, scritto bene, chiaro, leggibile. In merito alla presunta giustificazione, a me pare piuttosto che si sia tentato di comprendere, non il gesto, che rimane incomprensibile, quanto le motivazioni che hanno prodotto il gesto. Che non possiamo liquidare come semplice pazzia.
  • Michele Rotunno il 12/09/2010 21:29
    Probabilmente ho sbagliato il termine, Al posto della giustificazione potremmo scriverci, comprensione, tenerezza, ma da qui a passare all'eroismo il passo, secodno me, è molto breve.
    Ripeto, nulla da eccepire sullo stile e la bravura ma, ma senza litigare con nessuno.
  • Anonimo il 12/09/2010 21:22
    @Minalouche. Ci provo, ma ti avviso che non sono un fulmine di guerra, quindi dovrai fare uno sforzo anche tu. Il racconto genera sentimenti contrastanti perché il ragazzo compie un gesto che genera morte pur essendo lui stesso una vittima. Capire cosa pensa Khaled é il primo passo per affrontare la questione. Sul fatto che lo scritto sia una buona esposizione non ci piove. Secondo me é anche utile.
    Più di così non posso fare.
  • Minalouche TS Elliot il 12/09/2010 20:37
    A me non pare assolutamente che in questo racconto si cerchi una giustificazione del gesto, è semplicemente l'esposizione, una buona esposizione, di quello che potrebbe essere il pensiero di chi compie questo tipo di gesto, non la giustificazione del gesto stesso. In molti romanzi il protagonista è il cattivo, oppure si fa un parallelo tra il buono e il cattivo. Oppure si arriva a giustificare o mistificare alcune gesta. Di esempi ce ne son un'infinità. Questo non avviene in questo particolare racconto. Quindi non capisco questi due commenti.
  • Guido Ingenito il 12/09/2010 20:31
    carissimo Alberto... il tuo racconto è... difficile e mozzafiato. Mi hai trascinato dentro Khaled. Questo però è un racconto che secondo me andrebbe maggiormente elaborato. Lo reputo un antipasto di ciò che un ragazzo può provare prima di "tirare la funicella".
    Il destino dentro uno zaino, frase esemplare, secondo me il momento più alto della tua stesura.
    complimenti per la neutralità, quasi sociologica.

    Guido
  • Anonimo il 12/09/2010 20:23
    Concordo con Michele, ma forse lo scritto non voleva essere una giustificazione.
    Con questa realtà prima o poi toccherà fare i conti anche se non so proprio come.
  • Michele Rotunno il 12/09/2010 19:30
    Difficile esprimere un commento che vada oltre lo stile letterario perchè il contenuto provoca contrastanti sensazioni. Qualche mese fa un altro racconto, mi pare suddiviso in più parti, che descriveva il medesimo gesto ma dal punto di vista diametralmente opposto mi ha provocato il medesimo imbarazzo.
    È facile pervenire alla giustificazione, mi dispiace, non lo accetto.
    Rimane inappuntabile il fatto che scrivi molto bene.
  • Minalouche TS Elliot il 12/09/2010 19:24
    Un racconto ben scritto, con ritmo. Mi è piaciuto il parallelo tra ciò che accade nel centro, la vita "moderna" e la vita del protagonista.

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