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Il guardone
Decisi di fermarmi in una caletta isolata. Ne trovai una incantevole formata da due punte scogliose che proteggevano una piccola spiaggia a mezzaluna rendendola accessibile solo dal mare. Mi tolsi la muta da sub e mi stesi al sole già caldo per l'inizio di stagione. Non sono un patito della tintarella ma apprezzo stare seduto sul bagnasciuga e guardare l'orizzonte dal basso accarezzato dalle onde. Mi distesi supino sull'arenile umido; c'era quel cielo azzurro e limpido che non vedevo da molto tempo.
Mentre gustavo tanta pace, la mia attenzione fu destata da alcuni rumori che sentii oltre la muraglia di scogli della spiaggetta. Infastidito e curioso mi alzai e mi arrampicai sugli scogli per vedere chi c'era al di là.
Quando arrivai in cima vidi, oltre le rocce sotto di me, un'altra caletta simile a quella dove mi ero fermato. A riva un gommone con motore fuoribordo. Probabilmente qualche gitante era arrivato da mare e aveva già preso possesso del posto. Deluso cercai con lo sguardo gli intrusi. Erano proprio sotto di me. Fu istintivo abbassarmi per guardare e non esser visto. La sotto, dove finivano le rocce e cominciava la sabbia, c'erano due ragazze stese al sole. Che spettacolo. Due stupende femmine, una mora e una bionda, distese al sole completamente nude. A poca distanza da loro c'era la loro attrezzatura subacquea. Probabilmente erano lì a godersi mare e sole. Mi sentii in colpa, ladro d'intimità; ma mentre stavo per andar via, accade una cosa che mi tenne incollato ancora alla mia postazione.
Cominciarono a baciarsi.
Ora erano in ginocchio una davanti all'altra. Si allacciarono in un abbraccio passionale baciandosi con bramosia. La mora cadde all'indietro adagiando il corpo sulla sabbia. La compagna fu subito pronta ad assecondarla nei desideri; si chino su di lei. Gli baciò il collo poi il seno. Scese ancora fino all'ombelico per poi fermarsi, quasi fosse la metà di un viaggio, sul monte di venere della mora. Erano amanti dunque. Non avevo mai visto due donne fare all'amore e fui sorpreso dalla dolcezza e tenerezza del loro fare. Per quanto la parte ben pensante di me trovasse non naturale lo spettacolo, non riuscivo a trovare nessuna volgarità. Per un attimo desiderai essere donna per stare in mezzo a loro. A questo punto la mora, con un guizzo, si alzo in piedi e prese ad accarezzare la testa dell'amica in ginocchio davanti a lei. Con le mani, da quella posizione, poteva guidare il capo biondo in modo che la lingua avida della ragazza arrivasse nei punti più reconditi del suo piacere.
Vidi il viso della mora perdersi in un'espressione di libido intensa e continuata ma fu sorprendente scoprire che quei lineamenti appartenevano ad una persona da me già conosciuta.
Stordito me ne andai via.
Arrivato in albergo feci una doccia e scesi per il pranzo. La giornata era troppo bella per chiudermi in un ristorante; allora entrai in un mini market per acquistare il necessario e mangiare all'aperto in un angolino in riva al mare. Mentre uscivo dal negozio vidi passare dall'altro lato della strada le due ragazze amanti di qualche ora prima. La curiosità era troppa e decisi di seguirle. Sorpresa delle sorprese le vidi entrare nel mio stesso albergo. Entrai anch'io ma erano già sparite su per le scale. «Sig. Frescobaldi" mi sentii chiamare. Il portiere dell'hotel mi venne incontro porgendomi un biglietto «le due signore della stanza 433 mi hanno pregato di recapitarle questo messaggio."
Lo aprii curioso e lessi:
Egr. Sig. Guardone
Non è bello spiare la gente.
Pretendiamo un risarcimento.
Firmato
Anna e Adele
Rimasi inebetito per un minuto a fissare quel foglietto nella mano.
Il cervello viaggiava a mille.
Allora mi avevano visto dietro gli scogli.
Eppure avevano continuato a fare sesso sulla spiaggia.
Certo sono state al gioco, anzi forse si erano divertite alle mie spalle immaginando l'imbarazzo che mi avrebbero creato.
E ora che fare? La cosa era piuttosto intrigante; infondo, non è mica facile voltarsi dall'altra parte davanti a uno spettacolo come quello. Però
Nella frase del biglietto «Pretendiamo un risarcimento" sentivo una velata minaccia.
Chi sa che volevano dire. Decisi di attendere gli eventi.
Scelsi di andare a mangiare a Cala Luna la rinomata spiaggia dall'altro versante dell'isola.
Per arrivarci bisogna passare, avevo letto nella guida turistica, in una galleria scavata dai romani. Chiesi indicazioni sulla strada al portiere dell'albergo e sacco in spalla mi avviai verso la spiaggia. Non fu difficile trovare l'ingresso della galleria.
C'era poca luce ma gradualmente gli occhi si adeguarono e comincia a camminare.
Arrivato a circa metà del condotto, udii una voce femminile nella penombra dire: «Allora sig. guardone hai ricevuto il nostro messaggio?"
Dal nulla comparvero due sagome umane, erano le due della spiaggia.
«Siete voi" dissi, «Mi spiace ragazze, non volevo spiarvi, e solo che ero lì vicino sull'altra spiaggia e pensavo non ci fosse nessuno; poi ho sentito dei rumori e sono venuto a vedere ma quando ho visto che eravate nude sono andato via".
«Se, se" disse una di loro e l'altra aggiunse: «Non mi è sembrato che fossi cosi poco interessato allo spettacolo".
«Non dico questo" indugiai e aggiunsi, «anzi volevo dirvi che siete bellissime".
«È inutile che fai il galante ora qui ci vuole un risarcimento" mi interruppe.
«Su ragazze siamo seri che siete matte? La spiaggia è un bene pubblico di tutti. Se non volete correre di questi incidenti evitate di mettervi nude a fare certe cose in pubblico".
Ma senti" incalzo una delle due «Ora la colpa e nostra, una donna mette la minigonna e allora e degna di essere violentata".
«Ma che state dicendo; non vi pare di esagerare?"
Una delle due voci si fece minacciosa e disse: "Comunque poche storie ora la paghi con la stessa moneta."
Nonostante l'oscurità nelle mani di chi parlava spuntò un oggetto che riconobbi essere una pistola.
La cosa si faceva seria. Pensai che erano due pazze mitomani e meno male che ero venuto sull'isola per stare in pace e tranquillità.
L'unica cosa da fare era assecondarle, finché restavo nella galleria nona avevo vie di fuga.
«Va bene ragazze, troviamo un accordo che volete soldi?"
«Non ne ho molti ma prendetene, sono vostri" dissi.
«ma per chi ci hai preso, non siamo mica prostitute che vendiamo i nostri corpi. Tieniti i tuoi sporchi soldi. Vogliamo altro".
«E cosa allora" reclamai con la gola secca.
«Te lo abbiamo già detto, ci ripagherai con la stessa moneta. Tu hai visto noi e noi ora vogliamo vedere te".
Di colpo la luce di una torcia elettrica mi abbaiò il viso.
«Ora devi spogliarti nudo qui davanti a noi" disse una delle due.
«Ma voi siete due matte da legare. Questo scherzo è durato ancora troppo. Andatevene al diavolo" protestai.
Prima che mi rendessi di ciò che accadeva fui oggetto delle attenzioni dell'altra ragazza che con un mossa di arti marziali mi scaravento in terra.
«Meglio che ti decidi da solo caro sig. Frescobaldi, la mia amichetta e molto manesca; potrebbe farti molto male, è cintura nera" disse l'altra che mi teneva sotto tiro con la pistola.
Posai lo zaino a terra e comincia rassegnato ad ubbidire. Mi tolsi la maglietta ma la solita voce disse: "Non così, lentamente. Non hai mai visto uno spogliarello? Balla lentamente e sfilati i vestiti piano piano, senza fretta, alla musica ci pensiamo noi". Ci fu una risata divertita di entrambi. Cominciarono a canticchiare un «la la la" sul ritornello della scena del famoso film nove settimane e mezzo, quando Kim Basinger si esibisce nello stupendo spogliarello. La torcia era diventata il riflettore dell'improvvisato palcoscenico. «Dai su bello facci vedere" dicevano. Necessità fa virtù, così cominciai ad ancheggiare e far calare i pantaloni.
Le due carognette se la spassavano alle mie spalle. Con il fascio di luce della torcia puntavano prima il mio viso poi più giù scendevano sul costume ridendosela a crepapelle. Non credo che lo spettacolo del mio corpo mezzo nudo offrisse motivi d'eccitamento; piuttosto. Conclusi amaramente, ridevano per quando ero ridicolo in quello stato. Un misto d'orrido comico.
Alla fine arrivò il momento di tirare giù il costume, ma la voce disse: «Basta così, ti scontiamo la pena". Ci fu un attimo di silenzio, poi con voce nuova una delle due disse: «Ma dai ti sei spaventato davvero?"
Per la prima volta riconobbi la voce della ragazza della libreria. Il tono era completamente diverso. Continuavano e ridersela dello scherzo meschino che mi avevano tirato.
«Ma che vi ridete, brutte infami. Vorrei vedere che avreste fatto Voi due sotto la minaccia di una pistola " Ribattei indignato.
«Quale pistola, questa?" si avvicino e punto la canna dell'arma dritta sul mio naso di nuovo con fare minaccioso.
Cavolo ripensai si ricomincia da capo...
Alla fine di cinque secondi interminabili la ragazza tiro il grilletto dell'arma e un getto d'acqua tiepida m'innaffiò il viso. Era una pistola giocattolo ad acqua. Quando videro la mia espressione le due perverse amichette si sbellicarono dalle risate.
Sentii una rabbia irrefrenabile salirmi dentro. Diedi uno spintone ad una delle due, passai oltre, le maledissi e me ne uscii dalla galleria.
Respirai profondamente all'aria aperta, ma la rabbia non passava.
Presi posto su uno scoglio in riva al mare poi mi tuffai in acqua.
Speravo in una vigorosa nuotata per alleviare la tensione.
Tornato a riva ancora affannato le rividi vicino allo zaino e l'asciugamano che avevo lasciato a terra.
Cavolo se erano belle!
Si erano messe in costume.
Erano più incantevoli che nude.
Avevano un corpo stupendo.
Più mi avvicinavo più la rabbia che avevo in corpo sbolliva.
Cercavo una scusa per perdonarle; ne trovai mille nel delizioso costumino nero della mora e altre mille nella biondina dal seno procace.
Che carogne però, trattarmi a quel modo. Non potevo far finta di nulla e fargliela passare liscia. Mi avvicinai deciso ad ignorarle ma quando arrivai presso di loro la mora mi tese la mano e disse: «Pace?"
«Come faccio a dirti di no dolcissima" pensai mentre mugugnavo un si.
Cercavo di mantenere un atteggiamento ostile ma quelle filibustiere sapevano che sotto i baffi avevo un sorriso che andava da un orecchio all'altro. Così, dopo un paio d'occhiate, esplodemmo tutti e tre in una fragorosa risata.
Cominciammo a parlare, venivano da Roma e amavano il mare. S'interessavano di subacquea anche loro. Strano a dirsi per donne cosi belle mi trovavo a mio aggio in loro compagnia. Dopotutto era una buona giornata per me. Stare in posto come quello in compagnia di due ragazze belle e interessanti, che volevo di più dalla vita?
Be, qualcosa sì l'avrei chiesta: che facessero all'amore con me. Conoscendo i loro gusti ero fuori gioco; pazienza, non si può avere tutto.
Non c'era nessun altro sulla spiaggia oltre a noi.
Anna e Annette, avevano anche loro il pranzo al sacco; così mettemmo in comune le cibarie e mangiammo in allegra compagnia come se avessimo organizzato una scampagnata fuori porta.
Si stava d'incanto al sole. Non faceva tanto caldo eravamo ad inizio stagione.
Anna, la mora, chiese ancora del vino che avevo portato. «C'è ne rimasto poco mi spiace, non immaginavo che saremmo stati in tre" dissi e lei ribatté: " se è l'ultimo bicchiere va bevuto alla grande... degnamente, per dar fuoco alle polveri."
Non capii che intendesse ma ci volle poco a scoprire il nesso del discorso. Si mise affianco ad Annette e la bacio teneramente. Poi presa la bottiglia centellinò alcune gocce di vino tra le tette di Anna. Si mise con la testa appoggiata alla pancia verso l'alto e attese che il nettare rosso tracciando dei rigagnoli sulla pelle di Annette gli arrivasse alla bocca poi con la lingua ripercorse il rigagnolo al contrario dal basso verso l'alto fino a portare il sapore del vino nella bocca di lei con un gustosissimo bacio a labbra aperte.
Che modo delizioso di bere...
Il vino aveva imbrattato il reggiseno di Annette come se avesse una ferita al cuore ma non era finita lì.
Anna sembrava insaziabile e dotata di gran fantasia.
Si sistemo in ginocchio davanti ad Annette che stava semi seduta poggiando i gomiti dietro i reni. Versò ancora del vino sul collo di Annette ma stavolta attese che il rosso liquido arrivasse dall'alto fino più giù verso il paradiso del piacere prima di chinarsi a bere tra le gambe dell'amica.
Ancora una volta benché molto ardita la scena non era volgare, anzi mi sembrava tutto molto naturale come la cosa più giusta da fare in quel momento.
Sembrava come l'emozione visiva di fronte ad un bel dipinto che non sai di spiegare ma solo di sentire.
Così era stare lì.
Non potrei spiegare la sensazione ma il loro ardore, la carica erotica del darsi incondizionatamente come una cosa sola, la forza degli sguardi persi come terrorizzati davanti al baratro del piacere che si davano; tutto questo fluiva nello spazio attorno a loro contagiandomi.
Ero eccitatissimo, ma non avevo il coraggio di disturbarle per paura che finisse il magnetismo del momento.
Anna come se avesse percepito le mie paure alzo per pochi secondi il capo, mi guardo e tese la mano come per dire «vieni so cosa provi, non aver paura ti vogliamo tra noi."
Allora non erano solo lesbiche gradivano anche le attenzioni maschili.
Mi avvicinai. Anna prese la mia mano e la poggio sul suo fianco avviandola verso il basso. Poi presi a carezzarle la schiena sinuosa e lei in risposta contrasse i muscoli come segno di gratitudine. Strano trenino umano eravamo su quella spiaggia Annette, Anna e io. Persi il controllo delle mani. Le sensazioni della pelle al tatto erano cosi copiose e intense da annebbiare i sensi. Esplorai seni, fianchi, guance, pance, colli di entrambi baciando e toccando, ascendendo e salendo.
"Toglimi gli slip" sussurrò Anna.
Quando tremante ubbidii ebbi tra le mani le più belle curve di donna sul quale avessi mai osato sperare di posare gli occhi. Anna si incurvò in basso chiedendo con quel gesto di entrare dentro se. Era come se implorasse di cercare da lì quell'attimo di unicità che solo due anime affini possono realizzare nel sesso.
Pur essendo in tre senza gelosie avevo stabilito con Anna un legame diverso rispetto ad annette.
Pensieri, carezze e baci si tramutarono in urgenze avevo voglia di farla mia ma non cosi; volevo l'espressione degli occhi un contatto d'anima nel momento in cui sarebbe successo. Lei capì. Si, entrambi capirono che per me quello sarebbe stato il giorno più bello della mia vita.
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