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Le frasi strafatte

Ognuno di noi dovrebbe avere diritto
ad una modesta dose di certe parole.
L'abuso può nuocere gravemente alla
salute del prossimo, e il danno
è spesso irreversibile.





La creatura, appena liberata dal cordone ombelicale, prima ancora degli strilli di rito, emise queste parole:
- io, nella misura in cui sono nato, consentitemi... mi corre l'urgenza... nonché l'obbligo...-
Non fece in tempo a terminare la frase, che una fontana di pipì irrorò le esuberanti tette della bionda infermiera, abituate, con ogni probabilità, a ricevere ben altro.

Questo eloquio stereotipato precoce, nella nostra città, era ormai un fatto ricorrente. Anni addietro, quando il fenomeno aveva cominciato a manifestarsi, si era ricorsi inutilmente all'esorcista. Poi la gente si era assuefatta e, a poco a poco, tutto era entrato nella normalità. Faceva parte dello specifico umano. Tanto che, quando il bebé si limitava a strillare, veniva consultato d'urgenza lo stereotipista. Un medico logopedista, specializzato nel curare l'assenza di stereotipi linguistici nella prima infanzia. Niente di particolarmente grave: era sufficiente seguire una opportuna terapia rieducativa, per far riemergere quella che era da considerarsi ormai una vera e propria eredità genetica.

Stampa, radio, televisione, Rete compresa, esercitavano da anni questo influsso nefasto. La manipolazione mediatica mieteva più vittime dell'aviaria. Bastava che un giornalista scrivesse per tre volte di seguito nella misura in cui; un anchor-man usasse come intercalare ca va sans dire; un politico pronunciasse dirimente, che, dopo pochi giorni, tutti facevano eco come tanti pappagalli. Anche gesti come il virgolettare con indice e medio delle mani facevano le loro vittime. Ma le parole molto di più. Era un vero e proprio contagio. Un'epidemia. I pochi che scampavano venivano guardati con sospetto e inesorabilmente isolati. Interdetti a ricoprire pubblici impieghi. Banditi dal contesto sociale.

Spesso l'abuso, e una sorta di incontenibile trasporto logorroico, portavano le persone a utilizzare molti stereotipi in modo improprio. Sembrava che parole e frasi piacessero più per la loro forma, per il loro suono accattivante, che per il loro reale significato.
Il mi consenta svettava nelle hit, seguito a ruota da un attimino. A scuola, gli studenti di ogni età, genere, grado, quando interrogati, esordivano con un mi consenta, al quale si sentivano autorizzati di far seguire una serie infinita di cazzate... E l'insegnante terminava, senza la benché minima ironia, con un -mi corre l'obbligo di elargirle un quattro.- Attimino piaceva a tal punto che, non solo aveva sostituito i sostantivi attimo e momento: si diceva ormai attimino fuggente, attimino di gloria, attimino culminante... ma si era fatto così spavaldo da minacciare anche l'avverbio poco. Sono un attimino indisposta. Sono un attimino esterrefatto. Sono un attimino provato. E via di questo passo. I testi scolastici erano stati riscritti secondo la nuova tendenza. Una commissione speciale alla cultura aveva iniziato una sorta di revisionismo letterario. In pratica stava verificando la possibilità di adeguare alla moda dei tempi, la produzione poetica e narrativa del passato. Si era perfino pensato di ritoccare, ma solo formalmente, Costituzione e Inno Nazionale. Così, per un puro fatto estetico.

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1 commenti:

  • Anonimo il 16/09/2012 10:06
    Come mai nessun commento?! Sei fortissimo... forse pigro nel commentare altri ed allora la legge "do ut des" che che qui vige ti condanna ingiustamente... a me di questo fare non importa più di tanto e ti leggerò ancora, mi piace. La tua glottofagia galoppante e lobotomia dolce è una realtà imperante anche se tu ne parli sorridendo. Ciao!