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Perduta terra

"Questo non è un paese per vecchi. Forse è soltanto un paese di vecchi. Vecchi monumenti, vecchie strutture, vecchie tradizioni, vecchie credenze, vecchie contese, vecchie superstizioni, vecchie manie, vecchi trucchi, vecchie tare, vecchie ruggini, vecchi modi di pensare, vecchie ideologie, grandi vecchi, vecchi sogni, vecchie speranze... Si potrebbe continuare a lungo. Forse all'infinito. Ma di certo non è un paese per vecchi. Vecchi decenti. Gente che conserva ancora un barlume di valori. Per persone così rimangono due possibilità: aspettare la morte in disparte o la fuga. Il nuovo che avanza è altro da loro. Da me, , da noi, da voi, da molti. Impenetrabile e incomprensibile, ma soprattutto inaccettabile come un mondo di alieni." Così, agitato da questi pensieri, confusi ed estremi, cercava di prendere sonno, davanti al grande fratello. In apparenza tanto democratico da lasciar sempre la più ampia possibilità di scelta. "Ma sì, dammi il cinque, grande fratello, sei un mito! Elargisci prozac a tutte le ore e chiedi così poco. Solo di essere guardato. Nessuno è più prodigo e altruista di te!" Così pensando, piombò in un sonno profondo. Abissale.

La mattina seguente, si svegliò presto, come al solito. Mentre la radio diffondeva i commenti sulle elezioni del giorno prima. Tra un momento di lucidità e molti di black out, seguitò a poltrire fin verso le 9. 30. Si stiracchiò. Si alzò. Entrò in bagno. Era di cattivo umore. Come spesso capita agli over sixty. Chi non l'ha provato, per non raggiunti limiti di età, farebbe bene a spicciarsi. Non sa cosa perde. Si guardò allo specchio, l'occhio ancora a mezz'asta. Durò poco, perché ebbe la prontezza di spirito di non sostare a lungo. Non era proprio il caso di farsi del male. Si infilò nella doccia, aprì l'acqua, e cominciò a cantare Singing in the Rain. A poco a poco la nebbia del post sonno svanì, lavata via da quelle pioggerellina leggera.

Fece svogliatamente colazione, mentre la radio continuava a vomitare cifre e bizzarre dichiarazioni sugli esiti delle urne. Le urne dei forti. Sì, perché ci vuole un bella forza, un bel coraggio a piegare sempre ogni situazione a proprio vantaggio. Quando invece la realtà consiglierebbe di andare a nascondersi. Si vestì: maglione girocollo, jeans che indossava dal'68, e si mise alla scrivania. Si diede un bel pizzicotto sulla guancia, per essere sicuro che non stesse sognando. Era proprio sveglio. Forse non molto presente ma sveglio. Accese anche la tivù. Stessa tiritera.
"Baciami il...!," pensò, "cosa ho mai fatto di male per meritarmi tutto questo? Quale delitto ho commesso? Chi avrebbe mai pensato, quando ero studente e guardavo al futuro con cuore gonfio di speranza, che il mondo avrebbe fatto questa fine."
Pensò che era stato tutto inutile. Meno male non aveva avuto figli. Altrimenti che mondo avrebbe consegnato loro. Lasciate sedimentare nostalgie e rimpianti, cominciò a meditare sull'accaduto. Ma soprattutto, fedele alla regola che ciò che è fatto è fatto, cercò di tracciare delle proiezioni per il futuro. Che senso aveva analizzare l'oggi? Ci stavano già pensando cervelli ben più fini del suo. Non era dotato di una mente analitica. Immagazzinava dati, assorbiva notizie come una spugna, poi sembrava perderne ogni traccia. D'improvviso, la sua sensibilità, elaborava cose nuove. Spesso cazzate. Talvolta invece fiutava gli avvenimenti, poco prima che si realizzassero. O faceva sogni premonitori. Come nel 1981: quando per tre notti consecutive sognò il Carroccio. L'Italia dei Comuni.

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1 commenti:

  • Michele Rotunno il 09/11/2010 16:53
    Se la storia si ripete allora ci dobbiamo aspettare un altro piazzale Loreto?

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