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Una storia d'amore

I. LUI

Chi è scrittore non è mai solamente scrittore, è sempre prima di tutto qualcos’altro e, poi, anche scrittore.
Così lui.
Innanzitutto era un avvocato e, poi, era uno scrittore. Lui adorava il proprio mestiere, lo divertiva, e riteneva che fosse il modo migliore per tenere in esercizio la mente. Voleva morire pensando. Voleva morire tra molti, molti anni, non subito.
Come scrittore si sopravvalutava.
In fondo non aveva mai scritto niente di importante, solo qualche raccontino che era piaciuto agli amici. Ebbene era al punto schiavo del proprio (presunto) talento che stentava sempre a scrivere per il timore di non essere all’altezza dei precedenti scritti, e di arrecare danno al consenso, sia pure ristretto, che aveva raggiunto.
Pensava che non avrebbe mai scritto un romanzo, per quel suo stramaledetto amore per la brevità che l’avrebbe condannato, pensava, a scrivere per sempre degli inutili raccontini.
Stava anche quella sera con la penna in mano. Senza sapere cosa scrivere, guardava fuori dalla finestra del suo studiolo di casa. Una vista mozzafiato, acquistata, pensò, grazie alla sua abilità di avvocato, non certo alla sua bravura di scrittore romantico.
Ma in fondo passava il tempo, nel lavoro e nel suo hobby, a fare la stessa cosa: raccogliere i propri pensieri e non lasciare che andassero persi al vento, ma tendere con essi mirabili archi di parole. La gioia e il brivido che lo pervadevano quando faceva questo, sia che fosse sul lavoro, sia che stesse scrivendo un raccontino, diedero un senso a molti attimi della sua vita.
Stava ragionando su questa cosa, e sul concetto di utilità dei pensieri e delle parole; batteva delicatamente con l’indice della mano sinistra sulla parte superiore del sigaro (che eccezionalmente quella sera aveva anche acceso, essendo abituato viceversa a tenerlo spento tra le dita) e, mentre osservava la cenere cadere come al rallentatore, in quel preciso istante, inspiegabilmente, gli venne in mente lei.
Gli veniva sempre in testa improvvisamente e senza un plausibile, giustificato motivo.
Quella volta, la vide aggirarsi per casa, come l’aveva vista mille volte, forse più: scalza, vestita solamente della camicia bianca che lui aveva indossata in quella giornata di lavoro e che non aveva messa subito a lavare, ma aveva posata sull’unica sedia della loro camera da letto.
Questo, in effetti, non era propriamente un pensiero, non un parto originale della propria mente, ma piuttosto un ricordo, per giunta già ricordato e pensato altre volte.
All’improvviso la sua mente andò al giorno in cui si erano incontrati e non vi fu ragione perché questo pensiero dovesse seguire quell’altro. L’idea dei pensieri che si susseguivano nella sua mente senza una connessone logica lo faceva ammattire.
Si erano incontrati ad una festa per beneficenza in un grande locale militare. Erano due sfere lontanissime, Dio solo sa perché mai dovevano incontrarsi e perché mai proprio quella sera a quella festa.

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2 commenti:

  • Ivan Benassi il 21/08/2007 15:56
    Sono convinto che la lunghezza non deve condizionare chi scrive, a volte accorciare significa impoverire, questo é lungo e scritto benissimo. Emozioni vere e intelligente stesura. Piacere di aver fatto la tua conoscenza. Sono d'accordo con Sabrina. Ciao.
  • Anonimo il 30/09/2006 00:01
    Che dire... l'ho letto tutto d'un fiato.. un racconto del genere lascia poko spazio a commenti e molto alle emozioni...

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