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La coda di Babele

Ovada, 27 febbraio 2001
 
Mancano pochi minuti alle 16 quando il mio "capo", mettendosi una mano sulla coscienza e l'altra sul portafoglio, mi invita a tornare pure a casa: "Stai tranquillo, Roberto. Visto il tempo, credo che ti convenga andare. Ci vediamo domani. Buona serata." Ed eccomi inaspettatamente fuori dall' ufficio, mentre fuori nevica pesantemente da molte ore, ormai.
La macchina è sommersa dalla neve, fatico a riconoscerla. Infine, eccomi in viaggio, finalmente. Ritiro il biglietto dell'autostrada alle ore 16. 15 ( fa fede il timbro della società autostrade) e comincia l'odissea... Dopo qualche minuto di marcia, mi rendo conto che c'è qualcosa che non va: un lungo, pericoloso incolonnamento di autovetture che procedono a velocità ridotta, enormi automezzi praticamente immobili, sul ciglio della strada. Ed ecco che, esattamente dopo sette ( 7! ) chilometri di marcia, sono costretto a bloccarmi. Inizia il viaggio immobile e silente. Sono circa le 17, da quel momento in poi sembra di vivere un incubo, anche se il freddo e la fame mi ricorderanno sempre trattarsi di realtà...
Non descriverò le prime due ore di sosta, perché sono state le più facili da sopportare, con la speranza che da un momento all'altro si potesse ripartire e notizie frammentarie di quei pochi temerari che scendevano dall'auto, sfidando l'abbondante nevicata, per portare conforto agli altri sventurati che, come me, cercavano disperatamente qualche informazione tentando, inutilmente di telefonare. "chiamata rifiutata": chissà quante volte ho sentito ripetere questa frase, dal mio cellulare. Sembrava quasi che continuasse a risuonare nella mia mente, continuamente... Verso le 19 il miracolo: ci muovevamo! Ho assistito a qualche scena di commovente euforia, alcuni lanciavano in aria il loro cappello, altri ridevano istericamente. Ci muoviamo, presto saremmo stati a casa, pensai... E il freddo sembrava ormai un triste ricordo e nulla più. Anche lo stomaco smetteva di lamentarsi, pregustando un succulento banchetto che di lì a poco gli si sarebbe stato offerto in dono... Ma... esiste sempre un ma, davanti a sogni così intensi, a prospettive così meravigliosamente attraenti... Ho scrupolosamente azzerato il contachilometri, per sapere in quanto tempo avrei fatto tot Km che... che, improvvisamente, siamo di nuovo fermi. Leggo il contatore, indica 700 metri, forse qualcosa in meno... Siamo bloccati, in galleria, scendendo dall'auto, non riesco che a vedere le inquietanti pareti della stessa... Sono entrato con la luce, ma questa luce i miei occhi non riescono più a vederla. Siamo bloccati, e cominciamo a pensare. Ecco che incominciano i primi commenti, i primi timidi approcci. Scambio di impressioni con le persone che ti stanno vicino, splendidi sconosciuti che sembrano, ora, così gradevoli nei modi, delicati nei tratti, e accondiscendenti. La loro voce ti sembra così soave, e leggiadra. I loro movimenti così sensuali, ed attraenti. Perché è proprio di questo che hai bisogno: di movimento. Dopo pochi minuti ti accorgi di dover lottare anche contro un nuovo nemico: il silenzio... Non puoi tenere accesa la macchina e quel sonnolento torpore che prima accompagnava l'atmosfera natalizia ( era così soffice, quella neve che sembrava abbracciarti, ed avvolgerti, mentre tu eri al caldo e ascoltavi adorabile musica) è scomparso. Sta arrivando il freddo, quello penetrante, spietato, che non ti lascia respiro e ti annulla, facendoti muovere, inconsapevolmente, il corpo in tremori inaspettati e violenti. Il silenzio, dicevo ( perché anche la radio è inutilizzabile, pena il rischio di esaurimento batteria) e l'assenza di movimento: questi diventano i primi due nemici da combattere. E così cerchi conforto nei visi dei tuoi inaspettati complici, ed eccoti sorpreso, a discutere con un avvocato milanese, poi con un agente di commercio di Savona al quale squilla sempre il cellulare, e ancora con un camionista spagnolo che ride e ascolta a tutto volume qualche vecchia canzone dei Pink Floyd. Il silenzio è annullato, ti convinci: ma poi, anche quella musica svanisce, quando l'uomo decide di affidare la sua attesa al sonno. Ed eccomi così intento ad osservare, e cercare di dare un senso alle persone che mi circondano: gioco con la mia mente, tentando di ingannare quell'ombroso silenzio... Ho visto uomini dormire, mentre le loro donne fare sorrisi ammiccanti e scoprire poi trattarsi di irrinunciabili tic nervosi; ho visto un uomo sulla sessantina, sposato da almeno trent'anni, piangere come un bambino celibe; ho ascoltato un signore di Domodossola parlare con la moglie al cellulare, in dialetto stretto, e comprendere solo di lasciargli qualcosa da mangiare, prima di andare a letto; ho visto gli occhi di un uomo trasformarsi in palle di cannone, quando arrivarono gli uomini in arancione dicendoci di avere pazienza ancora per un poco; ho visto una donna gravida rivolgersi al suo uomo partorendo frasi del genere " te l'avevo detto di non prendere l'autostrada, te l'avevo detto di rimanere a casa". Ogni tanto, in galleria, si sentiva risuonare, preciso e ritmante, un urlo che sapeva più di acuta disperazione, che di appetitoso invito: "Aranciate, panini, tramezzini". Scoprii più tardi che si trattava di un giovane napoletano che aveva eretto un piccolo chiosco all'interno della galleria e faceva sconti comitive, e ai bambini offriva gratuitamente un bicchiere di the rinfrescante... In pochi minuti, ecco spuntare una miriade di varie personalità, disposte a tutto, pur di sfruttare l'invitante situazione: c'erano albanesi ( o erano italiani? Mah!) che giravano tra le auto con insoliti cartelli del tipo " sono senza fissa dimora, vivo in macchina, ho sette figli e nemmeno una stufetta per riscaldarli"; c'erano salernitani ( ci tenevano a specificare la loro provenienza, anche se non ho ancora compreso il motivo) che provavano a vendere meloni di giornata o, in alternativa, cocco fresco ( mi sono alquanto stupito nell'apprendere che i loro affari andavano a gonfie vele); c'erano uomini che leggevano litanie e preghiere in cambio di coperta, meglio se matrimoniale; c'erano anche donne che predivano il futuro e in pochi minuti si formò una incredibile ressa, sembrava che tutti volessero sapere come avrebbero trascorso la loro prossima ora; c'erano infine dei perugini ( credo tre, forse quattro) che regalavano caramelle a noi, illustri sconosciuti: io ne assaggiai una, ma tutto mi sembrò tranne che allucinogena o dopata; c'erano vigili in pensione che, agitando le mani, fissando il vuoto, continuavano a ripetere "circolare, circolare"; c'erano poi i cosiddetti turnisti della coda che raccontavano i bei tempi andati e si lamentavano del fatto che ormai " non ci sono più le code di una volta".

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