Non mi sono mai piaciute le categorie."Amici", "conoscenti", "confidenti", "fidanzati", "frequentanti"... per me sono soltanto parole. Parole che vivono, inevitabilmente, di altre parole quali "fiducia", "stima", "rispetto"... Queste, però, sono decisamente più concrete. Concrete perché danno senso a quel rapporto senza la necessità di doverlo definire con un nome. Qualche volta mi è capitato che mi venisse chiesto quale valore avessero per me questi termini e io ho risposto in maniera vaga. Non sapevo, in realtà, a cosa aggrapparmi per spiegare il significato di ciò che intendevo. Temevo che tutto potesse essere frainteso. Ora, dopo che la mia nave ha visto porti seppelliti dalla ruggine e altri sorgere dal nulla, come un fiore in primavera, posso azzardare un paragone che rende l'idea molto meglio di tante banali retoriche. Le relazioni tra gli individui sono come la voce. Sì, i più belli somigliano a un bisbiglio: fragile, leggero, intimo. Un bisbiglio che non ha bisogno di essere ascoltato da tutti, ma solo da colui a cui è rivolto, a cui è sussurrato dolcemente all'orecchio. E vivono di sensi, tutti e cinque i sensi. L'udito, ovviamente, perché, se non si sa ascoltare, forse non si sa nemmeno voler bene. Il tatto, perché accarezza l'animo di chi si ha di fronte. L'olfatto, perché riesce a riconoscere il profumo di sincerità. La vista, perché supera, e non di poco, il muro dell'apparenza. Il gusto, perché richiede continuamente sapori, esperienze e sensazioni nuove, ma sempre con la medesima persona. Un gradino più in basso, ma lontano anni luce, c'è il chiacchiericcio. Un chiacchiericcio di parole spezzate e affetto saltuario. Ancora più giù, quasi poggiato al suolo, c'è l'urlo. L'urlo di gruppi di persone che, pur stando vicine, non si ascoltano davvero. Sono una accanto all'altra, circondate da monti di egocentrismo, e riescono a udire solo gli echi reciproci, finché si perdono nell'aria e ognuno va per la propria solitaria e insensibile, quasi cinica, strada.