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Isabelle (parte 4)

Prepararsi alla festa, fu un tormento.
Isabelle indossò l'abito damascato dalle varie sfumature di rosso, ma il peso le era insopportabile. La giornata calda non rendeva la situazione particolarmente felice. Juliette dopo aver tollerato per qualche minuto l'insofferenza della sorella, manifestatamente ostile anche nei confronti dell'acconciatura, si decise, rassegnata ad uscire dalla stanza.
Isabelle, ora sola, sbirciò oltre la finestra e vide piccole sagome agitarsi nel cortile, bambini giocherellare con gli scudieri già bardati a festa, giovani damigelle vestite di bianco, dai lunghi capelli lucenti scambiarsi piccoli mazzi di fiori per adornarsi abito e chioma, giovani soldati lucidare le armature appresso ai cavalli nervosi, che di tanto in tanto scalpitavano quasi impazienti di affrontare la sfilata inaugurale del Torneo.
Pensò che proprio lo stato d'animo di quelle creature poteva, pi? di ogni altro, rappresentare il suo, in quel preciso istante. L'istinto l'avrebbe sicuramente spinta a fuggire dal compito che l'attendeva. Le pareva di essere un condannato a morte. Suvvia, si disse, non sarebbe finita la vita. Ma non riusciva a stemperare l'insoddisfazione. La notizia del matrimonio le aveva rovinato la festa, tanto attesa. Si decise a raggiungere la famiglia nella sala d'entrata quando udì un vociare tra la folla e si accostò alla finestra per osservare meglio."Non ho paura di voi potenti, non mi spaventano gli stemmi nobiliari, ho come unico rimpianto, di non potervi sfidare a duello, so che sarebbe un affronto, per voi, battervi contro un semplice cavaliere". Francoise, pronunciava queste parole alterato in volto e, davanti a lui, vi era un uomo di cui Isabella poteva solo intravedere il profilo, i due erano circondati da una piccola folla, formata perlopiù da donne meravigliate. L'uomo di fronte a Francoise pronunciò qualche parola, ma Isabelle non riuscì a percepire, notò invece, sul mantello verde acceso uno stemma che non aveva mai visto prima: due aquile in volo circondate da una corona di edera. Fu colpita dalla compostezza del nobile, che non ostentava quell'atteggiamento di superiorità, tanto visibile negli aristocratici. Dopo quel breve scambio di battute gli uomini si divisero ed entrambi si confusero tra la gente andando ognuno per la sua strada. Solo Francoise si voltò più di una volta alle sue spalle, fissando l'oggetto della sua ira con occhi impietosi.
Isabelle era abituata ad assistere alle liti tra cavalieri, che, puntualmente, si scatenavano prima dei tornei. Francoise ne era spesso protagonista, sembrava quasi stemperare l'ansia dovuta all'attesa della manifestazione e il suo carattere impulsivo non avrebbe potuto sicuramente manifestarsi in altro modo, pensò la fanciulla. Infine, si decise a scendere all'atrio principale, dove Juliette l'aspettava, seduta accanto al padre. Le sedie in legno scuro, intarsiate, erano posizionate al centro della sala, che si apriva davanti allo sguardo di chiunque varcasse il portone di accesso, alla parte interna del castello. Il pavimento era costituito da pietre in porfido bianco, le pareti dipinte a trame differenti e il grande lampadario in ferro battuto, di forma circolare, sovrastava gli astanti e veniva illuminato dalla luce abbagliante proveniente dalle finestre. Tranne qualche cassapanca, l'ambiente era stato reso spoglio, per facilitare l'affluire delle persone che si sarebbero riversate ad accogliere i nobili partecipanti al Torneo indetto da Raimondo de Montfort. Prima di raggiungere il quartiere assegnato, i partecipanti si sarebbero presentati al castello e, tra essi, sarebbe stato presente il conte de Rachmont. Isabelle si accostò rapida alla famiglia."Sei ancora nervosa?" le sussurrò Juliette, "non nervosa, solo infastidita, mi passerà, non preoccuparti" rispose sottovoce Isabelle, con un furtivo sguardo che voleva rassicurare la sorella.

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