E mentre scriveva pensava: « Perché sento la necessità di scrivere? ».
Questo era sempre stato il suo chiodo fisso. Da dove nasceva la necessità di mettere nero su bianco un pensiero. Scriveva Lui, e mentre lo faceva puntualmente si sentiva ridicolo, perchè non riusciva a capire il motivo che lo spingeva a farlo.
Sognava Lui. Sognava di diventare un grande scrittore, ed era tacitamente e fermamente convinto che un giorno lo sarebbe diventato. Si sentiva speciale, del resto chi non si sente speciale? Tutti lo siamo. Speciali perchè unici. Intimamente convinti di avere uno scopo ben preciso, un fine da perseguire, e perennemente alla ricerca del nostro posto in questa società. C'è chi pensa che la realizzazione sia proprio in questo, trovare un posto adatto a se stessi, realizzarsi per sentirsi liberi e non più impegnati a trovare se stessi. Trovare se stessi. Scriveva e rideva. E più rileggeva quello che aveva scritto più sentiva il terribile fetore che solo la mediocre retorica può emanare.
Voleva scrivere qualcosa di eccezionale. Sì diavolo. Voleva scrivere qualcosa che chiunque lo avesse letto avrebbe esclamato: « Dio quanto è vero».
Ma non era il consenso popolare che lo avrebbe appagato, non era la notorietà che lo avrebbe salvato dalla sua invisibile prigione di «se» e di «ma». Ma bensì l'intuizione stessa che si celava dietro questo desiderio. Si proprio così.
Leggeva molto Lui, ed era arrivato ad una verità di fondo così profonda che lo aveva lasciato di stucco, come una lucida istantanea consapevolezza, la stessa sensazione che si prova quando si risolve un esercizio di matematica e con sommo stupore (almeno dei meno portati) ci si trova con il risultato. I passi più belli di un libro, le frasi più toccanti, gli aforismi più profondi e le poesie che lasciano senza fiato non sono originali nel significato ma nella forma.
Esistono sensazioni, pensieri e concetti che non tutti riescono ad esprimere. Tutti noi sappiamo cose che ignoriamo di sapere. I grandi scrittori, i sommi poeti e i saggi hanno un dono. La loro mano mentre scrive non è più vincolata a quei parametri di rigidità dettati dall'impossibilità di espressione. La loro mano non scrive parole, disegna immagini, dipinge emozioni che sono già insite dentro di noi, ma che mai avremmo potuto esprimere nel modo in cui loro ci riescono.
È convinto lui, convinto che un giorno la sua mano riuscirà nell'intento del suo cuore, della sua anima, e che le verità contenute nella sua modesta esperienza di vita troveranno spazio su una pagina bianca.
E la fissa quella pagina bianca lui. E pensa. Una pagina vergine non è che l'inizio, ed è contenuta in essa il seme stesso della vita: passato, presente e futuro. Una pagina bianca racchiude in sé già tutto il necessario, poiché fissandola la nostra mente viaggia, tra colori e sfumature, fulmini e tempeste, grandi praterie ed enormi montagne, e noi nomadi in questo infinito paesaggio non possiamo far altro che iniziare a scrivere.
Lui lo sa. Una pagina bianca è «La Storia». Quando si scrive in realtà non si fa altro che togliere il velo, come sfregare un «Gratta e Vinci» con l'eccezione che, in questo caso, si può solo vincere, quello che verrà fuori non sarà altro che l'inevitabile: Noi.