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L'ultima poesia

Quanto aveva scritto, una miriade di versi, un'impressionante continuo scavo dentro se stesso alla ricerca di un confine che mai aveva trovato, ora gli sembrava solo un lontano ricordo, un susseguirsi di parole che si incrociavano, si scontravano, si perdevano a brandelli nella mente.
Era un poeta, era uno di quelli che si erano illusi nel corso dell'esistenza di aver trovato il modo di comunicare, attraverso gli altri, con il proprio io, forse era solo un presuntuoso, o magari solo un illuso che aveva creduto di dare un senso ai giorni che passavano attraverso una ricerca interiore per giungere a capire il significato di ogni cosa. Tante domande di cui aveva creduto di trovare la risposta si erano rivelate solo l'inizio di una lunga e interminabile serie di quesiti irrisolti e ora che il tempo sembrava scandire le ultime ore, si chiedeva, quasi con angoscia, il perché di tanto affannarsi senza giungere a una conclusione.
Forse è un destino dell'uomo correre dietro ai miraggi della mente, forse è un riaffermare la supremazia, pretesa, ma tutt'altro che realizzabile, del singolo sul proprio destino.
Una volta, in un convegno a cui aveva partecipato con altri letterati, poeti, scrittori, filosofi affermati, uno dei presenti gli aveva chiesto se la poesia era il mezzo o il fine.
L'aveva guardato in volto, stupito, come se all'improvviso quella domanda fosse la risposta a tante altre ancora lì in sospeso, in attesa probabilmente vana di una soluzione.
Lui era rimasto attonito, poi aveva risposto che era l'uno e l'altro, un giudizio salomonico, anche se in realtà pensava fosse il mezzo per arrivare al fine. Nulla in effetti si svelava in quei versi che sembravano un treno che corre diritto verso la meta, quel limite estremo a cui pareva di essere prossimi ad ogni passo e ad ogni passo sempre più si allontanava.
Teorie, ipotesi, aveva concluso, ma per la prima volta si era incrinato qualcosa in lui, aveva compreso che la corsa ormai era senza fine.
Aveva continuato a scrivere, ma con un entusiasmo diverso, più attenuato, consapevole ormai di questo limite del tutto invalicabile, se pur contento ogni volta di scoprire qualche cosa di nuovo, poco, rispetto ai propositi iniziali, ma sempre gratificante come può esserlo anche una piccola conquista.
Poi, in seguito, quando ancora stava abbastanza bene, aveva rilasciato un'intervista a un giovane di belle speranze, uno di quelli che stavano iniziando a percorrere la lunga strada della ricerca e che per sostenerla e sopportarla aveva accettato dal suo editore l'incarico di saperne di più sul pensiero di un grande vecchio che ormai da tempo non aveva più nulla da dire e che invano si sforzava di abbattere quel muro di confine a cui era giunto dopo anni di lavoro.
Il vecchio poeta aveva risposto con sincerità, anche perché nel ben più giovane collega aveva rivisto se stesso agli albori, ai primi successi, in quel tempo in cui ancora credeva che nulla gli sarebbe stato impossibile.
Prima dell'intervista aveva pensato che avrebbe fatto un piacere a una persona non conosciuta e che quindi la sua partecipazione sarebbe stata asettica, ma presto si accorse che in questo modo ripercorreva tutta la sua vita, riprovando anche le emozioni che sempre si univano ai suoi versi e questo lo stimolava a essere del tutto sincero, quasi che le sue parole fossero quelle di una confessione.

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