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La mia morte - guida al sucidio facile

Salve mi chiamo Jerry, ieri mi chiamavo Stuart, qualche tempo addietro Paul, una volta mi pare Sarah o Sharon, o forse tutte e due.
Ho passato gli ultimi 5 anni a provare qualsiasi tipo di suicidio, dai più banali ai più orditi, sono rimasto alcuni giorni a girovagare senza casco dentro un cantiere di un grattacielo, aspettando che qualcosa mi picchiasse in testa, ho pagato un pugile professionista per farmi arrivare il naso sino al cervello, eppure son sempre qui in questo strano mondo.
Non ho ben chiaro chi io sia, per quanto mi riguarda potrei essere Dio, o potrebbe darsi che il vero Dio sia fottutamente sadico. In ogni caso non so che progetti abbia, sento soltanto che questo ruolo di suicida seriale è fatto apposta per me.
È come farsi un piercing, il dolore diventa solo una parte marginale del fatto in sé, il gesto assume un significato rituale, tutto ciò che ti circonda in quel momento perde significato, una bionda con la quarta di reggiseno ha la stessa importanza della posta pubblicitaria o di un bidone dell'immondizia.
Sta di fatto che mi ritrovo ancora qui, con in mano l'ennesima lametta e davanti sempre lo stesso libro di anatomia umana : su entrambi i lati del collo sono presenti due arterie principali; la carotide esterna ed interna, posizionate relativamente in profondità, il vaso che è più semplice da recidere, in quanto è più in superficie, è la vena giugulare esterna, il rosso scorre via, sul mio torace sul mio pene, sulle mie ginocchia, arriva al pavimento e poi Stop.
Azione : il solito risveglio nel mio letto come se nulla fosse successo. Sono Tess, bellissima ragazza alta e castana, un fisico mozzafiato.
Essere donna diversifica non poco le modalità del trapasso, tutti i modi che richiedono la forza ho imparato ad evitarli a priori, nei luoghi affollati se sei una bella donna, non passi mai inosservata, c'è sempre qualche ridicolo coglione che cerca di salvarti, ma un modo facile l'ho trovato anche questa volta, basta un po' di trucco e l'abito con meno stoffa che trovi da metterti addosso, il resto va da sé. Le fermate dei bus, meglio se isolate e vicino a qualche parco, sono il posto giusto dove uno dei tanti squilibrati che vivono la città possa trovarti sola ad aspettare, bastano poche decine di minuti ed il gioco è fatto, salgo nella sua macchina gli dico di andare verso via Manchester, prende la direzione opposta, incomincia ad infilarmi le mani dappertutto, gli rifilo uno schiaffo giusto per farlo incazzare, la sua reazione non si fa attendere, una gomitata in faccia mi stordisce il tanto giusto per essere stuprata per diverso tempo, con un attimo di lucidità gli dico che riconosco la sua faccia che andrò alla polizia e lui sarà arrestato, le sue mani si stringono sul mio collo, pochi secondi di agonia, esalo l'ultimo respiro.
Questa è la mia vita, nessuna vita sociale, pochi averi, moltissimi ricordi e una lista di tutti i modi di suicidio andati a buon fine.
Sono arrivata al punto di pensare che chiamare vita quello che faccio, non sia appropriato, ho cercato molti termini, ho anche provato ad inventarne dei nuovi, ma alla fine credo sia più divertente chiamarla la mia morte.

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6 commenti:

  • Marco Uberti il 02/10/2012 22:45
    Un pugno allo stomaco! bello, in fondo un ottimo modo per esorcizzare la morte vera.
  • Massimo Bianco il 24/04/2011 21:28
    Devo dire che me lo sono goduto tutto, questo raccontino, ben pensato, davvero curioso. Bravo.
  • Anonimo il 22/04/2011 16:16
    L'idea mi è piaciuta molto.

    Suz
  • Noir Santiago il 21/04/2011 12:57
    Miace molto il tuo style, conquista davvero. Il racconto è fluidissimo, pensa che sentivo pure la voce del narratore come un film, hai molto talento. 5 stelle
  • Alessandro il 21/04/2011 00:56
    Son contento che leti sia piaciuto, geniale magari è un po' troppo, ma insomma una critica positiva fa sempre piacere. Buonanotte
  • Anonimo il 20/04/2011 18:42
    Geniale.

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