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Il leone che non sapeva ruggire

Appena nato Leo emise un suono più simile ad un belato che ad un ruggito, sia pure flebile. La mamma non si preoccupò e pensò: "Crescerà e il suo ruggito farà tremare tutta la foresta". Leo cresceva ma la sua voce non cambiava.
La leonessa cominciò a preoccuparsi, ma non perse la speranza. Quando arrivò il tempo dello svezzamento, la mamma gli procurò teneri bocconi di gazzella che aveva appena cacciato. Con sua grande sorpresa, Leo le annusò e... belando, li rifiutò. " Strano che non gli piaccia la gazzella. - pensò la leonessa - Stanotte spero di riuscire ad uccidere un cerbiatto". Lo riattaccò alle mammelle dalle quali Leo succhiò avidamente il latte. Era evidente che era affamato. Il giorno seguente mise davanti a Leo teneri bocconi di cerbiatto ma Leo, con una espressione disgustata, si allontanò e, con grande sorpresa e disappunto della madre, andò a strappare ciuffi di un' erba che cresceva fuori dalla tana. Li mangiava lentamente, assaporandoli con gusto. La leonessa, questa volta, si preoccupò seriamente. "Un figlio vegetariano! - esclamò - Ma come è possibile?. Devo fare qualcosa". Andò a chiedere consiglio a un vecchio leone considerato il re della foresta. Questo ascoltò e rimase un po' in silenzio, perplesso. Poi disse: "Chiudi tuo figlio per un paio di giorni nella tana ben fornita di carne ed acqua. Tu allontanati. Potrebbe piangere e tu non resisteresti all'impulso di andare da lui. La leonessa seguì punto per punto i consigli del vecchio leone. Chiuse Leo nella tana e, per due giorni, si allontanò con una grande pena nel cuore.
Il terzo giorno aprì la tana. Leo aveva tentato di mangiare ma aveva provato tanto disgusto da sputare subito il boccone che giaceva a terra con le deboli impronte dei suoi dentini. Se ne stava accovacciato in un angolo, esausto. La leonessa si spaventò. Corse a strappare ciuffi dell'erba che Leo aveva già mangiato e glieli portò, accarezzandolo e leccandolo mentre Leo divorava l'erba.
"Ti piace l'erba - disse - ed erba sia!. Che me ne importa di quello che mangi.! Stavo per farti morire, povero figlio mio! E chissà che non abbia ragione tu.. Se si mangia erba non occorre fare la fatica di andare a caccia. Ma crescerai, mangiando solo erba?" Andò in cerca di qualcosa che potesse essere gradita a Leo; nella cavità di un tronco d'albero trovò un bel po' di miele, certamente la riserva degli orsi. Ne prese un po' e lo portò a Leo che lo mangiò con avido gusto. Poi scoprì che Leo mangiava anche le noccioline e le banane. e si sentì molto più tranquilla.
Leo cresceva come tutti gli altri leoni ma la sua voce era sempre un belato. "Pazienza! .- disse la leonessa che adorava suo figlio - Questa è la sua voce e comincia anche a piacermi. Ma il belato di Leo non piaceva ai suoi coetanei con i quali Leo tentò di fare amicizia. Dapprima lo ignorarono, poi cominciarono a deriderlo e a fargli tanti dispetti. Era un modo per dirgli: "Non ti vogliamo".
Leo passeggiava triste per la foresta e presto non ebbe voglia di uscire. Se ne stava nella tana, silenzioso e corrucciato. "Leo - gli chiese la madre, dopo qualche giorno di clausura - perché non vai a giocare con i tuoi compagni?" Leo scoppiò a piangere. "Mamma - disse - non mi vogliono. Mi deridono e mi fanno tanti dispetti. L'ultima volta che sono andato da loro mi hanno tirato un fascio d'erba ed hanno gridato: "Mangia, pecorone!" Era anche una buona erba ma io non l'ho mangiata.

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