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Te lo giuro

Era notte fonda. La sveglia luminosa sul comodino segnava le tre del mattino. Andrea si alzò lentamente dal letto, senza fare il minimo rumore, attenta a non svegliare suo marito, che dormiva profondamente col viso girato verso di lei. Avevano fatto l'amore. Lo guardò con dolcezza, il petto che si sollevava ritmicamente, le labbra piene appena socchiuse. Sorrise. Si infilò la sua camicia abbandonata a terra. Era larga e profumava di lui. Il profumo più rassicurante e inebriante che avesse mai percepito. La abbottonò completamente e si diresse nel corridoio in punta di piedi. Si fermò di fronte ad una porta socchiusa. La spinse ed entrò. Un lettino campeggiava vicino alla finestra. Un carillon fatto di farfalle e pietre colorate pendeva su di esso, immobile. Lenzuola rosa pallido coprivano un corpicino addormentato in quella calda notte estiva. Andrea rimase appoggiata sulla sponda del lettino per un po', intenta ad osservare la sua creatura. Era così fragile ed eterea, piccola e morbida. Indifesa. La pelle candida come nuvola, era arrossata sulle gote, per via del caldo. Le labbra somigliavano un po' a quelle del papà, petali di rosa vellutati. Le ciglia lunghe e scure sfioravano le guance, mentre i suoi occhi erano chiusi, immersa in un magico sonno. Le manine paffute erano strette a pugno e posizionate sotto il mento, ad imitare un pugile pronto ad attaccare. I capelli arricciati in morbidi boccoli erano del colore castano chiaro della sua mamma e le incorniciavano il visino a cuore. Non aveva ancora un anno. Andrea si chinò e la prese tra le braccia, la sollevò e se la strinse al petto. La piccola Rebecca Maria sospirò lievemente e mosse la boccuccia. Aprì una manina e la posò sulla guancia della mamma, continuando a dormire. Andrea la tenne stretta a sé, sfiorandole la testolina con le labbra e dondolandosi sul posto. La gravidanza era stata abbastanza difficile negli ultimi mesi e la piccola era nata in anticipo. Le settimane successive alla nascita erano state le più felici della sua vita. Passava tutto il suo tempo con lei e con suo marito, Mattia, che le coccolava entrambe.
Poi Andrea l'aveva scoperto.
Era stato difficile da accettare. Quasi impossibile. Mattia aveva avuto paura che sua moglie cadesse in depressione, ma non era successo. Andrea si era fatta forza, grazie alla piccola Rebecca Maria. Voleva viverla al massimo e aveva intenzione di guarire, per poterla vedere crescere, per aiutarla a diventare grande.
Si era tagliata i capelli corti, piangendo. Spaventata, distrutta, demoralizzata e con la paura di non risultare più attraente per suo marito. Paura infondata. Lui le era stato più vicino che mai, aiutandola senza farglielo notare. Era sempre stato l'uomo perfetto: attento, dolce, comprensivo e per nulla noioso. Ma con la scoperta della malattia di sua moglie ci aveva messo ancora più attenzione. Erano le piccole cose che facevano la differenza e Mattia era proprio bravo in questo. E Andrea lo amava, come non aveva mai amato nessun altro prima. E poi era un padre meraviglioso! Per lui Rebecca Maria era una principessa. Giocava con lei, si sdraiava sul tappeto e se la poggiava a sedere sul petto e le parlava. La prendeva in braccio e ballava con lei, con la musica a tutto volume. Le dava la pappa fingendo che il cucchiaino fosse un trenino o un pony al galoppo. La cullava e le cantava canzoni degli Oasis come ninna nanna per farla addormentare. Andrea si commuoveva spesso guardandoli insieme, soprattutto quando si addormentavano uno affianco all'altra sul lettone.

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