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Il grande sogno

IL GRANDE SOGNO


Il vecchio lanciò lo sguardo dalla finestra: il giardino come d'incanto era fiorito, la primavera era arrivata; il buon Dio aveva fatto di nuovo il miracolo.
La sua carcassa stanca si muoveva a fatica, cercò di raggiungere l'uscita, si avviò verso la panchina che era in giardino e si sedette ad assaporare le carezze del primo sole primaverile.
Attonito, cominciò a frugare nei meandri della sua mente, tornò indietro nel tempo, si rivide quando da giovane inseguiva il suo gran sogno.
Vide lei, il suo grande amore, disperazione del suo piccolo cuore.
Isabella era una donna carismatica, esile, dai capelli lunghi e neri, dai grandi occhi scuri, con seni enormi che s'innalzavano davanti a lui come una sfida e mostravano quella parte di femminilità che lui amava tanto.
Vide lei, quel suo fondo schiena meraviglioso e quel modo di fare che lo facevano impazzire.
Il vecchio pensava che aveva rinunciato a tutto per amore di lei e mentre rifletteva su ciò una lacrima gli bagnò il viso rugoso e stanco.
S'appisolò e si risvegliò al tramonto, quando il sole era già scomparso dietro la collina e nel cielo s'intravedevano le prime stelle.
Entrò in casa e si sedette su una vecchia sedia a dondolo; era ora di cena, ma non aveva voglia di prepararsi nulla.
Era una vita, ormai, che viveva solo; anche il gatto che di solito gli faceva compagnia da una settimana non si faceva vivo. Era come scomparso nel nulla.
Il peso della solitudine lo sommergeva, non riusciva a distogliere la mente dal passato, tutti i suoi pensieri erano velati di tristezza: mai un attimo di gioia aveva solcato il suo giovane cuore.
"I sentimenti del cuore non invecchiano mai!" diceva sempre.
S'addormentò e si risvegliò all'alba.
I soliti pensieri gli martellavano la mente, si vedeva quando da bimbo giocava nel giardino.
Mai una carezza, mai un bacio da parte dei suoi genitori.
I suoi erano genitori all'antica. Pensavano che dimostrare affetto ai figli fosse sintomo di debolezza. "I bimbi", dicevano "si baciano soltanto quando dormono!".
E intanto lui cresceva senza quella linfa vitale che erano le carezze e i baci che ogni bambino desidera.
Ma quello che lo rattristava di più era l'essere figlio unico.
Poi pensava che la grande guerra era finita da poco e tanti bimbi erano rimasti orfani per quella che gli stupidi uomini chiamano "PATRIA".
"Il denaro", si ripeteva, "è la rovina dell'umanità!".
Le religioni e le etnie diverse sono solo scuse che inducono i potenti a mandare i poveri l'uno contro l'altro per il vile denaro e per la sete di potere che domina l'uomo.

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1 commenti:

  • ELISA DURANTE il 13/06/2011 08:56
    Racconto all Andersen, con morale finale. Lo leggo come una favola dei bei tempi andati, dove in tutti, ma proprio tutti, c'è il germe della bontà...

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