username: password: dati dimenticati?   |   crea nuovo account

Il Sortilegio Dell'amante Caduto

C'era una volta un giovane che inorridito e depresso dalla morte della sua amata cercava disperatamente un modo per riportarla in vita. Egli viaggiava ormai da anni in terre oscure e proibite, dove i più valorosi e forti guerrieri avevano perso la vita. Un giorno il giovane incontrò una vecchia sciamana e gli chiese se conosceva una qualche formula che potesse aiutarlo. Ella, inizialmente, non ne voleva sapere di questa storia, ma dopo diverse richieste, essa parlò di una antica formula magica, che prendeva il nome di "sortilegio dell'amante caduto"; esso consisteva nell'incontrare e affrontare tre esseri sovrannaturali. "A guidarti nel tuo viaggio" disse la sciamana "sarà questo mio piccolo amico" e da una gabbietta fuggì veloce un cincillà color argento, che svelto salì sulla spalla del giovane. Il viaggio prese inizio quando il piccolo animale, con la sua zampa sinistra indicò un altissimo albero, che si ergeva da una delle più alte colline. Più il ragazzo si avvicinava a quest'ultimo e più si accorgeva dell'aspetto tetro che esso aveva: i rami, attorcigliati tra loro, sembravano essere uomini urlanti in cerca d'aiuto ed il suo colore era quello della tenebra più nera. Arrivato sotto l'albero, l'unica cosa che il ragazzo vide fu un'altro ragazzo identico a lui, ma fatto completamente di pietra, che gli chiese: "Ricordi il tuo sorriso di un tempo?". Il ragazzo non fece caso a queste parole ed estratta la spada diede a quell'essere un colpo più forte che poteva, ma così facendo la spada si divise in due parti, mentre lui finì scaraventato via dall'urto del colpo; al contrario, il ragazzo di pietra stava ancora lì, in piedi, senza il minimo graffio. Questo, infatti, ripeté solo: "Ricordi il tuo sorriso di un tempo?". In quel momento il ragazzo capì; si ricordò delle risate e dei sorrisi che faceva quando c'era lei, lei che muoveva il suo cuore come nessun altro sapeva fare. Una lacrima scivolò sul volto del giovane, e nello stesso punto in cui scendeva quest'ultima, sul volto del ragazzo statua comparve del muschio. Il giovane si alzò in piedi, abbracciò la statua e disse: "Mi dispiace!". In quel preciso momento, la statua si sgretolò, formando tantissimi e piccolissimi granelli e un ciottolo, un ciottolo a forma di cuore, dove si poteva leggere distintamente la parola "guarito". Quando il giovane alzò lo sguardo vide che l'albero era cambiato: i rami si erano come liberati l'uno dall'altro e cominciavano a far fiorire germogli bellissimi, mentre il colore era il più naturale possibile. Il cincillà indicò con la zampetta destra il secondo luogo; questa volta si trattava di una pianura circondata da una nebbia così fitta che era praticamente impossibile vedere cosa si trovava all'interno di quest'ultima. Una volta arrivato lì, il giovane cercava con fatica il secondo essere, che improvvisamente, dal nulla, comparve dinnanzi a lui. Era un enorme uomo in armatura, che guardava il giovane con aria minacciosa. Il giovane rimase sorpreso nel vederlo, perché ricordava di averlo già visto in passato, molto tempo prima, ma non riusciva a ricordare quando, finché non vide cosa questo stringeva nella mano destra: era il vestito insanguinato della sua amata. Quell'enorme essere in armatura non era altro che l'uomo che anni prima gli aveva comunicato la morte di lei, e su cui il ragazzo si era sfogato urlando e menando pugni a casaccio, cosa che ora avrebbe rifatto con più rabbia e più forza. Egli, infatti, si gettò sull'uomo in armatura ed iniziò a colpirlo, ovunque, e con tutta la forza che aveva; lo colpiva benché le sue mani grondassero di sangue, lo colpiva pur sapendo che esso non aveva alcuna colpa, perché non era stato lui. Si fermò solo quando le forze lo abbandonarono. Cadde a terra, in ginocchio, senza dare il minimo segno di vita. Stette qualche attimo in quella posizione, poi alzò il viso, e disse ciò che avrebbe dovuto dire molto tempo prima: "Perdonami!". Dopo quell'unica parola, l'intero uomo in armatura diventò di pura carta, e volò via portato dallo stesso vento che fece diradare la nebbia. Il vestito di lei cadde a terra, ma pochi attimi prima che il giovane lo potesse toccare, si trasformò in una bellissima rosa, dai petali di un bianco candido, che ricordavano in tutto il vestito, ma con delle sfumature di puro rosso, che si rifacevano al sangue. Su una foglia del fiore si poteva leggere la parola "perdonato". Ora il cincillà, col suo musetto, indicava l'ultimo luogo, che era ben distinto dagli altri due: non era affatto cupo o scuro, non emanava malvagità alcuna; si trattava di una collinetta illuminata dagli ultimi raggi del sole della giornata. Il ragazzo impiegò poco tempo per arrivarci, e una volta lì, trovò solo la tomba di lei ad attenderlo. Dopo un primo momento di sconvolgimento, notò che sulla lapide si trovavano due fori, uno a forma di cuore, l'altro a forma di fiore. Quando inserì in quegli spazzi i due oggetti ottenuti dagli esseri precedenti, una forte luce incise sulla lapide un'immagine, che mostrava il ragazzo che con amore donava un bellissimo fiore alla sua amata. Il ragazzo stette a guardare la lapide per diversi secondi, finché, dopo aver sfiorato il viso di lei inciso su pietra, la vide comparire, sotto forma di fantasma, davanti a sé. Ella lo abbracciò e lo baciò; lui poté sentire il suo calore per un'ultima volta. Poi lei scomparve, dicendo solo: "Ti amo". Il ragazzo guardò il sole, e rispose: "Anche io, ti amo".

12

1
4 commenti     0 recensioni    

un altro testo di questo autore   un'altro testo casuale

0 recensioni:

  • Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
    Effettua il login o registrati

4 commenti:

  • Giulia Gabbia il 20/06/2011 16:38
    Molto bella è scritta bene...
  • Don Pompeo Mongiello il 02/06/2011 14:54
    Di solito non lego i miei commenti a quelli degli altri, ma qui Piazza ha ragione. Sono, come si dice spolveratine, per far di un bel racconto un vero capolavoro.
  • Fabio Previti il 01/06/2011 14:20
    Ti ringrazio per le correzioni Fernando
  • Fernando Piazza il 01/06/2011 10:52
    Molto bella la tua favola e, come si conviene, con un lieto fine catartico. Complimenti per la fantasia, davvero ben congegnato e scritto. Sei giovanissimo ed hai una bella dote, quindi è giusto che tu la coltivi.
    Un consiglio: attento all'uso del pronome "esso" qui usato in modo erroneo. 1)Esso è riferito a cose o oggetti mentre tu lo hai usato per designare persone. 2) C'è un "lo" di troppo nella frase..."finché non lo vide cosa questo stringeva nella mano destra"... Non è per fare il maestrino, ma le correzioni te le consiglio perchè il testo merita.

Licenza Creative Commons
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0