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Notte di Natale

Mentre salivo le scale risuonavano lontane sirene di ambulanza.

Ero completamente fradicio: nonostante l'impermeabile e il cappello, la pioggia era riuscita a penetrare ovunque. Strano Natale quello, dicevano tutti. Nonostante fossimo a Varsavia, la temperatura era molto alta per la stagione. Al posto delle consuete nevicate e gelate una pioggia incessante.

Dopo essermi cambiato accesi la televisione. Un sottofondo mentre ci si preparava per la cena. Nonostante la festa alle porte non si parlava d'altro: il maniaco omicida che da settimane stava terrorizzando la città.

L'ultimo omicidio era avvenuto solo pochi giorni prima: un'intera famiglia uccisa nel proprio appartamento. Non si sapeva né come aveva fatto ad entrare, l'assassino, né come aveva avuto la meglio di tre uomini, due ragazzi di vent'anni e un adulto. La porta infatti non era forzata e le finestre intatte. Un fantasma. E non aveva usato armi, se non dopo averli uccisi. Poi aveva fatto un macello.

Abitavo a Varsavia da pochi mesi. Mi ero trasferito lì per lavoro, portando tutta la famiglia dall'Italia: la novità del luogo, il grigiore delle periferie, con le schiere infinite di palazzoni, e, ora, tutto quel clima di inquietudine mi procurava una sensazione di disagio.

La cena era appena iniziata quando suonò il campanello. Mi alzai e andai alla porta.

"Sono K., la vicina di sotto". Era la simpatica vicina che incontravo quasi tutti i giorni mentre andavo al lavoro. Una signora sui cinquanta, capelli biondi sempre raccolti. Aspetto particolarmente dimesso, ma forse era cosa comune in quel quartiere popolare. La prima persona che avevo conosciuto nel palazzo.

Il tono di voce sembrava agitato. Aprii e lei entrò veloce, senza nemmeno chiedere permesso.

"Aiutatemi, c'è qualcuno a casa mia".
"Ma è sicura?"
"Si, sono riuscita a uscire di casa appena in tempo"
"L'ho chiuso dentro" aggiunse. Il maniaco? Impossibile non pensarci.
Nessuno però pronunciò quel termine, anche se dagli sguardi lo pensavamo tutti.

Si sedette e le offrimmo un bicchiere d'acqua.

Era davvero agitata. Decisi quindi di chiamare subito la polizia. Presi il telefono e digitai il numero. Dopo alcuni squilli la voce di uno che pareva essersi appena svegliato.

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3 commenti:

  • paolo molteni il 06/06/2011 15:29
    per i cinefili... il racconto è anche un omaggio (nella sua tristezza da questo punto di vista diventa un po' ironico) ad un episodio molto apprezzato del film "il decalogo"...
  • Massimo Bianco il 05/06/2011 20:55
    Ho apprezzato: in apparenza leggero ma in realtà con un fondo di tristezza. È il dramma della solitudine, che riguarda tante persone soprattutto anziane. Ed è proprio quando tutti fanno festa che spesso la tristezza di ritrovarsi soli si accresce.
  • Giorgio De Simone il 05/06/2011 20:36
    Storia ordinata e ben scritta. Bella suspence fino alla conclusione...
    Piaciuto

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