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Una romantica escursione in montagna

Venerdì mattina Antonio Nero si destò col mal di testa. La notte, come sempre più spesso gli accadeva, era trascorsa in un agitato dormiveglia e ora si sentiva intontito e aveva la vista offuscata. Accese l'abatjour e cercò di alzarsi, ma per qualche momento la stanza in cui si trovava gli parve ondeggiare in un irreale tremolio.
L'uomo richiuse gli occhi e si sdraiò sopra il letto disfatto finché non si fu ripreso. Scese allora faticosamente dal letto, aprì i neri tendaggi della camera d'albergo che l'ospitava e spalancò la finestra. L'ancor gelida aria di montagna di quella frizzante mattinata di metà maggio lo investì, aiutandolo a riprendersi.
Dinanzi a lui i rocciosi monti dolomitici s'innalzavano imponenti, erti pinnacoli scabri, che sorgevano dalle verdi colline erbose sottostanti e s'inerpicavano fino a solleticare il cielo azzurro intenso. Tutt'intorno si udiva il delicato cinguettare degli uccelli, meraviglioso spettacolo sonoro della natura, di cui peraltro lui neppure s'accorgeva.
Ricordava confusamente d'aver sognato, ma era in grado di ricostruire solo poche immagini evanescenti che andavano via via scomparendo. Si recò in bagno per lavarsi e si guardò allo specchio. Il suo pallido volto ovale appariva scavato e denotava tutta la stanchezza accumulata nel corso delle ultime settimane. Già Antonio sapeva di non essere ritenuto un bell'uomo, ma in quei giorni si sentiva perfino più brutto e vecchio di quanto effettivamente fosse. Scese quindi a far colazione nella saletta dell'hotel, ormai semi vuota. Prese un caffè doppio, ingollò qualcosa in fretta e furia con la mente assente e si recò, in ritardo, al lavoro.
Una ventina di minuti dopo, appena giunto al villaggio paleolitico, sentì un intenso vociare. Gli altri componenti dell'equipe erano già presenti e parevano eccitati. Erano riuniti intorno al nuovo scavo, all'estremità ovest del sito, e seguivano le operazioni con profondo interesse. Giusto in quel momento il professor Gianpaolo Gandolfo, il giovane titolare della cattedra e direttore degli scavi, stava portando alla luce, con l'aiuto di un collaboratore, un oggetto lavorato. Pareva un'incisione su osso, che strappò alla piccola folla nuovi gridolini eccitati.
Antonio seguì le operazioni senza l'entusiasmo provato dagli altri. A trentanove anni non aveva ottenuto i successi che pure la sua spiccata intelligenza aveva fatto sperare. Giunto sulla soglia dei fatidici 'anta - li avrebbe compiuti il mese successivo - cominciava a guardarsi dietro le spalle con malinconia. Era deluso sia nell'ambito lavorativo sia nella sfera dei sentimenti. In particolare in quest'ultimo campo era passato da una sconfitta all'altra, in una amara alternanza di infatuazioni in cui mai riusciva, ignorandone il perché, a conquistare le prescelte, e di rare, brevi e fallimentari avventure con le donne sbagliate.
E quando infine credeva d'aver trovato un proprio equilibrio interiore, era apparsa Lei, Giorgia, a togliergli ogni rimasuglio di serenità. Scosse la testa. In fondo esistevano tante maniere per conoscere donne: certi siti internet, le agenzie matrimoniali o i viaggi della speranza, magari a Cuba, in cui trovare una ragazza disposta a sposarsi per giungere nell'opulenta società capitalista. Meglio ancora, avrebbe potuto restarci lui, a Cuba, e rifarsi una vita anche sul piano professionale. Tali opportunità gli parevano tuttavia troppo tristi per metterle in pratica.

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0 recensioni:

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10 commenti:

  • Massimo Bianco il 19/06/2011 09:49
    Già, anche questo può aiutare a tirare avanti nella vita. Grazie per la visita.
  • bruna lanza il 18/06/2011 08:43
    Massimo che dire...è scritto meravigliosamente... e ritagliarsi quell'angolino solo per noi stessi... simpatica soluzione, nessuno così ci potrà ferire.
  • Massimo Bianco il 12/06/2011 22:28
    Ti ringrazio, pochi ma buoni i commenti finora. Ne sono lieto.
  • Marcello Insinna il 12/06/2011 21:37
    Molto ben scritto: le ricche descrizioni di luoghi e personaggi rendono il racconto vivo.
    Mi piace l'idea dell'uomo che aspetta il momento del sonno per ritagliarsi un po' di felicità anche se solo... in sogno! Molto bello.
  • Massimo Bianco il 12/06/2011 15:31
    Ecco ancora un tuo commento accurato e approfondito. Sono tra l'altro contento che tu abbia notato la finezza del raffronto tra la descrizione idilliaca iniziale del sogno e quella della cruda realtà finale.
  • Fernando Piazza il 12/06/2011 14:14
    Come sempre le descrizioni dei personaggi e dei luoghi sono molto ben accurate e regalano al lettore la piacevole sensazione di immedesimarsi nella storia e partecipare agli eventi da spettatori in prima fila. La storia d'amore che racconti è un po' triste ma la vita ci insegna che non sempre c'è il lieto fine eppure conduciamo ugualmente le nostre esistenze che tante altre soddisfazioni ci riserva e ci dispensa. Spesso, poi, le cose belle arrivano a chi non se le aspetta... Molto bella la sovrapposizione tra il sogno (realizzazione di un desiderio fortemente voluto in mezzo ad una natura "silenziosamente" spettacolare ) e la realtà grigia e incolore di tutti i giorni (la città "mostruosa" e indifferente, "rumorosa" e priva di "attrattive emozionali" : un mostro dal cuore di cemento e un "deserto" arido di affetti umani). In tutto questo il trillo del telefono funge da ultimo richiamo contro lo sprofondare nella più cupa depressione : un richiamo alla vita che gli ricorda che sognare è ancora possibile...
  • Anonimo il 05/06/2011 17:29
    Sì, anche il finale mi è piaciuto, proprio per quel motivo che dici tu.
    Festa Medioevale a Villa Valente mi dice qualcosa... forse l'ho letto ma non commentato... comunque non lo ricordo e, appena trovo il tempo lo leggerò attentamente. Ora ho la pizza da fare per quattro famiglie... la mia, mio figlio e gli amici ed un vicino di casa. 4 teglie... ahahah... mi diverto... pizza con farina integrale e lievito madre, fatto da me. Una bellezza! ciaociao, Bruno... quei posti del racconto li conosco... le roccie rosa sono qualcosa di incredibile, specie con la neve... ciaociao
  • Massimo Bianco il 05/06/2011 16:39
    P. S.: Ah, dimenticavo, il telefono che squilla nel finale è un'aggiunta dell'ultimo momento volta proprio ad attenuare il pessimismo della storia e a instillare nel lettore un poco di speranza per una possibile svolta positiva. Ciao.
  • Massimo Bianco il 05/06/2011 16:34
    Ero sicuro che questo lo avresti apprezzato. È proprio come dici tu, anche negli autori che maggiormente si allontanano dalla realtà qualche elemento autobiografico spesso salta fuori lo stesso, a volte molto poco, a volte di più. In questo caso mi riferisco a luoghi che ho conosciuto bene anche se non vedo da diversi anni, l'unica invenzione è il villaggio paleolitico, inesistente. La donna di cui si parla prende spunto da una donna di cui m'innamorai anni fa, senza successo, ma la storia è stata assai diversa. Il mio racconto più autobiografico, nonostante sia un Fantasy, è LA FAVOLA SENTIMENTALE intitolata FESTA MEDIOEVALE A VILLA VALENTE" che credo che tu non abbia mai letto o per lo meno non hai commentato. Ovviamente non può essere "vera" e tuttavia non a caso il protagonista lì sono proprio io e ti sorprenderesti a sapere quanto di quel racconto sia autentico. Quanto al refuso: è incredibile, rileggo un racconto dieci volte eppure alla fine un erroruccio mi scappa sempre lo stesso!
  • Anonimo il 05/06/2011 13:35
    Bello, molto. Un racconto triste ma che lascia il lettore con la speranza che quel bel sogno si avveri... a tratti la precisa descrizione della passeggiata e del colore delle dolomiti al tramonto, il riferimento alla Val di Fassa ed altri particolari mi hanno fatto pensare che anche nel tuo bel brano ci sia un po' di autobiografia. ma forse c'è in tutti gli scrittori, anche chi scrive storie fantastiche. Molto ben scritto, come sempre, e completo. forse le quattro pagine saranno troppe per i diviratori del taglio web... io invece l'ho letto come un racconto breve. Ciaociao... complimenti.
    P. S. All'inizio della terza pagina, nella proima riga, c'è un dopo ripetuto...

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