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L'Ascesa di un Re

-Attenti con quei cannoni! Uno solo di quelli vale più della vostra paga annuale!-
Il capitano, rivolgendosi ai genieri della sua compagnia, si mosse per controllare che tutto procedesse speditamente: l'attraversamento del passo dell'Argentiére, appartenente al duca di Savoia e non controllato dagli svizzeri, era stata una mossa molto astuta da parte del re di Francia, ma bisognava agire in fretta; quell'agosto, piuttosto caldo, contribuiva a rendere la marcia più sicura, trattandosi sempre e comunque di un passo montano, anche se il sole, molto caldo, rendeva spesso più pesante il trasporto degli armamenti pesanti e il movimento.
Chiunque si trovasse sulla cima del monte della Maddalena in quell'agosto del 1515, avrebbe potuto osservare l'imponente esercito francese, mentre si snodava, lentamente ma incessantemente, come un immenso serpente variopinto diretto verso la sua preda più ambita: Milano.
Da quando era salito al trono l'allora ventunenne Francesco aveva dovuto combattere contro la confederazione elvetica, le cui mire espansionistiche avevano minacciato più volte la Lombardia e i possedimenti del duca di Milano, titolo che il re di Francia reclamava, più o meno legittimamente, per sé.
Dopo anni di brucianti sconfitte, i francesi avevano dovuto abbandonare il controllo sulla città, considerata la porta principale per l'Italia.
Ora Milano era governata da Massimiliano Sforza, figlio di Ludovico il Moro e semplice strumento nelle mani degli svizzeri, i veri padroni della città che, oramai, non possedeva nemmeno più un esercito proprio.
Francesco aveva deciso che era giunto il momento di cambiare le cose: muovendosi di sorpresa con questo grande esercito, aveva deciso di varcare le alpi da uno dei pochi passi non controllati dagli svizzeri, per calare poi nella pianura padana e riconquistare il ducato. Per troppi anni i picchieri svizzeri si erano fatti beffe dell'esercito francese, sconfiggendo i fieri cavalieri in numerose occasioni. Ma ora, dopo anni di umiliazioni, finalmente il grande reame avrebbe riacquistato il suo onore.
O almeno a questo pensava Francesco, mentre un capitano tedesco, responsabile dei cannoni, lo raggiunse cavalcando tra gli uomini.
-Signore, dobbiamo fare una sosta, gli uomini sono molto stanchi, ed hanno quasi fatto cadere uno dei pezzi-
-Avremo ancora un paio d'ore di luce, mi spiacerebbe sprecarle.
-Come desiderate, sire, però perdere uno di quei cannoni mi sembra una disgrazia maggiore del perdere un paio d'ore.-
Francesco osservò il rude guerriero con un momento di esitazione, indeciso sul da farsi quando, alle sue spalle, un altro uomo parlò.
-Sono certo che sua maestà saprà prendere la decisione migliore, grazie di averci informati!-
Il mercenario si rigirò borbottando e tornò ad addentrarsi nel fiume umano formato dalla colonna avanzante, mentre Francesco si voltò verso l'uomo che aveva parlato; era un uomo tra i quaranta ed i quarantacinque, dai capelli ricci e neri che giungevano fino alla base del collo; il viso, segnato da molte battaglie, rimaneva comunque solare e piacevole, con la bocca sempre sorridente incorniciata da dei sottili baffi, lo sguardo acuto e penetrante, sostenuto da un naso un po' adunco. In tutta la sua figura, elegantemente vestita, emanava una grande eleganza e pareva essere l'unico, in mezzo a quel mucchio di uomini stanchi ed affaticati, a poter reggere il confronto col giovane re. Trattavasi di Pier de Bayard, il famoso cavaliere che tante battaglie affrontò nel corso della sua vita, sempre servendo lealmente i reali di Francia.

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