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La poetica

Trovo ridicola l'abitudine di far leggere in pubblico ai poeti i propri versi, io non lo farei mai, tanto più che non son poeta; e ci mancherebbe che con tutte le preoccupazioni della vita non ci vuol altro che impelagarsi in un mare di quaternari, o di senari, e perchè no, di settenari e ottonari, novenari, ( non si chiamano così anche le novene d'impetrazione ai santi?) decasillabi, endecasillabi e... ehi! ma ho dimenticato il più breve degli imparisillabi, il quinario, con tutti i loro doppi e i loro ritmi.
Insomma, che sia martelliano o alessandrino bisognerà pure darsi pena della scelta della rima, che sia semplice assonanza o ripetizione oppur composta, si dovrà scegliere tra AA, ABC, CBA, ABBA, o CDC..
E poi, come suddividere il proprio estro, in terzine, quartine, sestine; se ne otterrà un sonetto, un madrigale o una ballata? Oh, insomma è troppo!
Ma perchè affannarsi in tal modo bestiale- mi dice il poeta-la poesia, puoi starne certo, è un moto dell'anima, un sentimento, un'ispirazione improvvisa, è questione di sensibilità...
Certo, caro "moto dell'anima" che non sa dove andare, un'appassionata sensibilità è indispensabile a colui che vuol poetare, indefettibile direi, qualità, ma è forse lecito pensare che basti il più profondo dei sentimenti per dar colore e calore alle passioni, ai rancori, alle malizie, le dissolutezze, le tenerezze, le caparbietà dell'anima, sublimando volgarità e raffinatezza, nostalgia e gioia di vivere?
No, non credo al poeta che afferma di aver buttato giù i suoi versi nel tempo di un lampo, o sta mentendo o non è poeta.
Possono occorrere giorni prima che la mente s'imbatta nella parola giusta, quella che raccoglie in sé l'idea e l'armonia, la musicalità e la rima. E il senso.
E poi dicono che il poeta è uno sfaccendato, un mangiaufo, uno con la testa per aria; ad esempio tra il popolo si accetta il poeta solo nel caso in cui l'attività creatrice è affiancata, o meglio subordinata ad un lavoro concreto, un mestiere qualsiasi, in caso contrario se il poeta, cioè, afferma di esser solamente tale e di voler vivere dei suoi versi, verrà irrimediabilmente bollato di infingardaggine, stramberia, scansafatiche e quant'altro...
Dico questo perchè non mi par bella cosa l'andar d'intorno declamando a voce alta sequenze di parole che in pochi ascolteranno ed ancor meno ricorderanno.
Sequenze di parole non dissimili da serie numeriche ma senza le finalità di queste, poeti in potenza che continueranno tutta la vita a celarsi dietro l'ingannevole libertà del verso sciolto, reso monosillabico e tronco da voli troppo radenti e troppo poco arditi.
È vero che si può poetare su tutto, ma non si può consegnare deliberatamente l'immaginazione nelle mani del luogo comune.
Non è vero che la poesia è morta, non morirà mai, è un bisogno innato nell'uomo sublimare i propri sentimenti e quelli del mondo intero, e finché vi sarà chi lo faccia avremo ancora molte, molte speranze.
La grande poesia nasce dal talento, ma si nutre di conoscenza, ché forse si può scrivere una sinfonia ignorando le note?

 

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3 commenti:

  • tabellina il 26/01/2013 19:11
    mi è piaciuta questa riflessione sulla poetica... io provo un'emozione, o vedo intensamente un'immagine e intorno a queste ruotano delle parole che però poi limo finchè non rispecchiano questo lampo iniziale, e poi se lo perdo tutto svanisce e addio poesia!
  • Ada Piras il 12/06/2011 15:12
    Ciao Rosaria, bello il tuo racconto. A me parte da un'immagine, poi alcune arrivano e
    sembrano già scritte, altre le ho lasciate lì anche mesi perchè non mi venivano le parole,
    anche se non mi sento una vera poetessa, però mi capita questo. Ciao cara. Ada
  • Anonimo il 12/06/2011 13:14
    Non sei la sola. Sì bisogna avere entrambe le cose.
    bea

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