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Neve segreta prima parte

Prologo
Proprio prima della fine della curva, tra due palazzi con l'intonaco cadente e le scale che salgono al lato, c'è la nostra casa.
Guardare quel cartello giallo con scritto vendesi tra le sbarre del cancello mi fa un po' male. Eppure ormai è una liberazione.
La nostra casa è un bel villino degli anni venti, di quelli con un grande giardino intorno, le ringhiere di ferro battuto e le persiane di legno dipinte di verde.
Io ero nata lì.
Mamma ci viveva da una vita, appena sposata con papà, con zia Nives, la loro piccola bambina ( che sarei io) e Pepe.
Pepe veramente era mio, cioè io non pensavo che appartenesse alla famiglia, perché era il mio cane. Me lo aveva regalato zia Nives quando avevo sei anni.
Quando arrivò a casa dentro una scatola di cartone era piccolo come un topino.
Mamma non voleva che entrasse in casa. Pepe però faceva di tutto per disobbedire a quella regola. Un piccolo canuccio nero e riccio che male fa in una grande casa? A volte mamma neanche se ne accorgeva.
Io certe volte di notte scendevo scalza in cucina e aprivo la finestra per farlo entrare. Era un'operazione molto pericolosa perché la persiana di sinistra si era un po' gonfiata con l'umidità e non accostava bene. Per questo faceva un rumore tipico quando si apriva e si chiudeva. Io lo ricordo ancora quel rumore. Sembrava come la voce di un bambino che fa i capricci o il lamento di una gatta in calore. Comunque un rumore quasi vivente. Lo sentivo dalla mia stanza, proprio sopra la cucina quando papà si alzava presto e preparava il caffé. O la notte quando litigava con mamma e scendeva a fumare. Facevano di tutto per non farsi accorgere di discutere ma io sentivo il rumore della persiana e capivo che papà fumava. E poi la mattina trovavo la cenere del sigaro vicino al mandorlo, di fronte la cucina, e capivo lo stesso.
Per non far sentire quel rumore, bisognava aprire prima la persiana di destra e poi sollevare leggermente verso l'alto la persiana di sinistra. Solo così la cerniera non cigolava. Era una gran fatica per me, forse perché lo facevo di nascosto, oppure per via della mia costituzione gracile.
Non sono mai stata tanto robusta, neanche adesso che il peso degli anni si fa sentire su tutta la mia figura. Al contrario dei miei coetanei, tale peso si è depositato soltanto nella mia povera anima, lasciandomi il corpo gracile e agile come quando ero una bimbetta.
Io aprivo la persiana della cucina e Pepe entrava subito. Lo trovavo accoccolato come una ciambella, intento a scaldarsi col calore del suo stesso corpo.
Mamma qualche volta scendeva in cucina e lo trovava lì. Lui scodinzolava e si alzava sulle zampe ma lei non ne voleva sapere e lo buttava fuori con una grossa pedata.
Poi tutto il giorno mi ripeteva che la prossima volta lo avrebbe riportato al canile.
Si lamentava con zia Nives della mia disubbidienza, ma poi le passava e se ne dimenticava. E Pepe poteva trascorrere ancora un'altra notte al caldo sul tappetino sotto l' acquaio di marmo in cucina.

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