username: password: dati dimenticati?   |   crea nuovo account

Una metamorfosi annunciata

Era un'estate calda, una delle tante di quegli ultimi anni. Non si parlava d'altro nelle conversazioni occasionali che si svolgevano al supermercato, al bar, per strada, o in ascensore. "È insopportabile, c'è un'umidità pazzesca, si suda di niente, eccetera eccetera!" Ognuno aggiungeva una sua pietruzza al mucchio enorme di banalità che si dicono ogni giorno in ogni dove. Anche Pino aveva sempre partecipato attivamente al Festival del Luogo Comune, cercando anche una sua propria originalità nel citare fatterelli personali, a cui nessuno in verità prestava soverchia attenzione, occupato com'era a cercare di raccontarne di propri. Ma quell'estate Pino provava una sensazione strana: c'era qualcosa che lo tormentava e che non osava confidare nemmeno a sé stesso. Stava salendo in ascensore al suo appartamento posto al quarto piano di una palazzina periferica, in compagnia del suo dirimpettaio, il dottor Sperotti. "Lo sente il caldo, ragioniere?" A dire il vero Pino non aveva alcun diploma, avendo frequentato soltanto fino al terzo anno l'Istituto Commerciale, ma il dottor Sperotti affibbiava volentieri titoli di studio, specie ai suoi vicini. Ciò, a suo parere, conferiva distinzione al condominio. Non rispose subito: stava rincorrendo certi suoi pensieri. "Non mi dica che non lo sente! Sarebbe l'unico." Insistette lo Sperotti. "Eh sì, fa proprio caldo!" alla fine Pino rispose, proprio mentre l'ascensore si fermava al piano. "Vado a farmi una doccia fredda, buonasera ragioniere." Ricambiò il saluto, entrando finalmente nel suo alloggio, dove regnava l'ombra delle tende tirate e delle persiane accostate. Si tolse come d'uso le scarpe nel ripostiglio. Rimase con ai piedi le calze: un paio di calze lunghe, di lana, invernali. Indossò un paio di pantofole chiuse, con l'interno felpato. Nel piccolo tinello si lasciò andare di peso sulla sua poltroncina preferita, reclinò il capo all'indietro, contro lo schienale, e chiuse gli occhi.
Era in pensione da qualche anno, essendo nato nella prima metà del secolo scorso, come soleva dire a chi gli chiedeva l'età. Pensava di destare un certo effetto parlando di secoli anziché di anni: era un suo innocuo vezzo. Aveva lavorato come contabile presso una piccola azienda di vernici, con diligenza e buona volontà, ma senza brillare in modo particolare. D'altronde c'è ben poco da brillare in siffatta occupazione! Il suo nome non era un diminutivo, si chiamava Pino all'anagrafe. Alla sua nascita c'era la guerra: era andato il nonno Luigi a registrarlo. Si era in un paesino della provincia, l'impiegato era vecchio e abbastanza sordo, tornato in servizio per sostituire quello giovane, richiamato alle armi. "Allora come lo chiamiamo questo nipote?" "Giuseppe... Giuseppino... Pino..." snocciolò il nonno, anche lui non del tutto in sesto. L'ufficiale dell'anagrafe capì soltanto l'ultimo dei nomi e in bella calligrafia scrisse <Pino> sul registro. Il nonno, quando se ne accorse, tentò di protestare, di far correggere, ma si sentì replicare che oramai Pino era scritto e Pino così restava. Nessuno ne fece una malattia: d'altronde saggiamente si pensò che comunque tutti l'avrebbero chiamato Pino anche se fosse stato iscritto come <Giuseppe> sul registro.
La vita di Pino era trascorsa fino ad allora senza scosse, in modo piano e regolare: incolore se proprio vogliamo dirlo. Non si era sposato: da giovane aveva avuto una fidanzata, che poi lo aveva lasciato dopo meno di un anno di frequentazione. Non aveva fatto altri tentativi di accasarsi. Un collega di lavoro lo aveva convinto ad entrare in una cooperativa edilizia. Dopo molte titubanze si era associato e oggi possedeva quel piccolo appartamento in periferia. Non c'era stato niente di particolare, o di esaltante, o di tragico, nella sua vita passata. Morti i suoi, era rimasto senza nessun parente e gli anni erano rotolati via, uno dietro l'altro, con inesorabile regolarità. Le partite alla bocciofila ogni domenica pomeriggio, le passeggiate in bicicletta, da solo, con il suo pedalare lento e metodico, tutte le volte che il tempo lo consentiva. Possedeva una bicicletta d'altri tempi: nera, alta e pesante, con i freni a bacchetta e i tubolari larghi. La teneva nella sua cantinetta a pianterreno: uscito in cortile applicava le mollette ai risvolti dei pantaloni perché non si sporcassero sulla catena, poi la inforcava, assestandosi sulla larga sella di cuoio, e usciva con cautela sulla pubblica via, diretto verso la sua meta preferita che distava pochi chilometri da casa sua. Si trattava di un piccolo promontorio, una collinetta lasciata dalla parte del mare dallo scorrere della litoranea lungo la costa. Era ricoperta dalla macchia mediterranea e sul culmine era coronata da una decina di alti pini ad ombrello. Assicurata la bici con un catenaccio ad un palo stradale, percorreva un sentierino odoroso di essenze aromatiche che in breve lo portava al piccolo boschetto sommitale. C'era là una lastra di pietra, la "sua pietra", liscia e bianca con venature ferrigne, proprio in vista al mare, senza nessun ostacolo che limitasse la veduta. Sedeva assorto in contemplazione della mutevole distesa azzurra per diverso tempo, a volte anche ore. Passavano nella sua visuale di quando in quando imbarcazioni grandi e piccole: navi da crociera, traghetti, mercantili, yacht di lusso e barche a vela o da pesca. Pino le osservava scivolare sull'acqua, alcune lentamente, altre velocemente, e poi sparire. Chissà quali pensieri attraversavano la sua mente: forse pensieri di una fuga verso luoghi lontani, aldilà del mare, o semplicemente era attratto dal solo movimento dei natanti, come quando si osserva il viavai delle formiche sul terreno, senza alcun intendimento preciso. Da qualche anno, precisamente da quando era divenuto pensionato, portava con sé nel suo luogo d'osservazione un taccuino e diligentemente annotava tutti gli avvistamenti. Aveva diviso la pagina in due parti, così poteva suddividere le barche che passavano secondo la direzione. Gli sembrava una continuazione di quel che faceva quand'era ancora in ditta, cioè registrare i veicoli e la merce in entrata e in uscita dal magazzino.

1234

0
1 commenti     0 recensioni    

un altro testo di questo autore   un'altro testo casuale

0 recensioni:

  • Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
    Effettua il login o registrati

1 commenti:

  • vincent corbo il 21/07/2011 11:39
    è molto bello questo racconto, coinvolgente e scorrevole.

Licenza Creative Commons
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0