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Racconti brevi

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INNOCENZA: Diciotto anni, vestitino leggero

Diciotto anni, vestitino leggero.
Pochi soldi in tasca, tanti sogni.
Seduta compita su poltroncine maleodoranti di un treno, pregusto la serata piacevole che passerò con il mio ragazzo.
La musica si diffonde in me a tutto volume, io la seguo, viaggio, volo.
Davanti a me è seduto solo il controllore; il vagone è vuoto, non è orario di punta, pare.
Lui mi fissa, non guarda più fuori dalla finestra, io sorrido, come sempre.
Le note mi trasportano e io serafica mi lascio vincere, chiudo gli occhi.
Li riapro solo quando sento delle unghie conficcate nel braccio, stretto in una morsa ferrea.
Mi tolgo le cuffiette, non capisco.
"che bel bocconcino, sei tutta da mangiare".
Ora, capisco.
Controllore, un quarantenne dai capelli biondi e lunghi e ricci, occhi azzurri rassicuranti.
Ma lo sguardo li tradisce, vedo desiderio, ardore, voglia di me, carne tenera, carne pura.
Nel silenzio non parlo, non mi muovo.
Non lo faccio, non ci riesco, mi sento legata, catene pesanti mi bloccano lì, inerme.
Sento, ANCORA, un'altra volta, sette anni dopo la prima volta, le stesse sensazioni.
È tutto gelato, è tutto immobile, ma sento in me qualcosa stridere.
Hai mai provato il vuoto dentro?
Sei mai riuscito a sentire solo i tuoi battiti, il tuo respiro appena percettibile?
La sua mano libera scorre sulle mie spalle, sul collo, tra le clavicole, sui seni, sul ventre teso.
La sua mano ha perso delicatezza, ora è vorace, è affamata delle mie carni. Il suo desiderio entra dentro me, mi dilania, mi squarcia come fosse una lama. Mi sento urlare dentro, chiusa in un silenzio assoluto.
Il suo respiro affannoso sul mio viso.
Flebilmente, chiedo di andare.
Mi bacia il collo, le spalle, mi dice di stare zitta, mi sorride.
"POSSO ANDARE IN BAGNO?!"
Mi alza tirandomi per un braccio, camminiamo lentamente verso la toilette.
Mi fa entrare, vuole entrare.
Mi bacia l'angolo della bocca, non sento più nulla, nemmeno il mio corpo ferito.
C'è solo odio.
Amore mio, sc

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   3 commenti     di: gaia porcelli


Il caffè

Yuri ed Eva entrano frettolosi in un bistrot;è poco accogliente ma non hanno molto tempo. Si siedono intorno ad un tavolino tondo: " Eccoci finalmente" dice Yuri" è da tanto che ti volevo vedere".
Eva severa: "Purtroppo non posso liberarmi facilmente di mio marito, dopo tanti anni di matrimonio è ancora geloso. Ma dimmi di te".
"Mi annoio a morte, penso di ricominciare a viaggiare con il mio camper appena la stagione lo permette".
La porta del bistrot sbatte, Eva si gira di scatto ed irritata dice ad Yuri: "Ecco una rompiscatole, speriamo non venga qui!"
Si chiede intanto se è il caso di presentarla ad Yuri e quindi, agitata, chinandosi verso l'orecchio dell'uomo, dice sottovoce:Scusami, ti rubo un attimo per un saluto!"
Eva si avvicina al tavolo di alcuni giovani silenziosi.
" Ciao, ma tu sei Mafalda, vero? Mi riconosci?"
Mafalda un po' imbarazzata: "Sì e no".
"Sono stata la tua professoressa di greco al liceo, ricordi?"insiste Eva.
"Ma sì certo si accomodi"ed indicando con un gesto lieve della mano dice: "Dino mio fratello ed Andrea". Eva stringe le due mani con energia.
"Ciao, non sapevo tu avessi un fratello. Comunque ora che vi guardo siete identici."
Mafalda disorientata arrossisce: "No, mio fratello è l'altro."I due giovani uomini guardano sorpresi.
Eva fingendosi distratta: "Ma certo."
"Aspettiamo un nostra amica, ah! Eccola!"dice Mafalda
Attraverso la porta a vetri entra una giovane:sguardo basso, occhi cerchiati.
Rosa si siede al tavolo dopo un rapido saluto ad Eva che dopo un "Buongiorno, ragazzi"si allontana.
Intanto, Irma, la rompiscatole, è in piedi e si è fermata a parlare con Yuri.
"Yuri, ma che sorpresa! Come mai qui?"
Yuri visibilmente turbato.
"Ehm, devo incontrarmi con una persona, non mi aspettavo di vederti ancora, ti sapevo all'estero, come stai?"
"Bene! Sono tornata ormai da più di un anno! E tu? In tutto questo tempo non mi hai mai cercata".
"Sai il lavoro, le vicende di casa... proprio giorni fa ho visto del

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Otto anni

Sono trascorsi quattro mesi e io non mi sono ancora rassegnata.
Spero in una risposta, la desidero, la sogno quasi ogni notte, stretta a Ettore, anche lui triste.
Imparare è diventato faticoso. Cosa significa farlo quando non lo puoi dimostrare a chi vorresti? Lei non basta, non ci posso far niente. E non è solo un capriccio. Vorrei lo capisse.
Solo Ettore ci riesce, e manchi tanto anche a lui.
Le mie compagne mi ammirano perchè torno a casa da sola. Alcune hanno smesso di prendermi in giro e trascorrono con me l'intervallo, mi parlano, mi ascoltano, mi dicono i loro segreti. Sono diventata abbastanza alta per sapere che Luisa è innamorata di Mauro. Che Maria odia Chiara. Che forse piaccio a Edoardo.
Loro rimangono stupite quando dico che non ho cose da raccontare. Un po' deluse. Ma non ci posso far niente. Non ho segreti. Non amo e non odio nessuno. E torno a casa da sola perchè mi piace camminare.
È la prima bugia che dico nella mia vita. Cosa posso farci?
Mi manchi. Non è come l'altra volta, che non avevi fatto in tempo a partire che eri già tornato. Non mi ero resa conto di nulla, se non degli occhi rossi e di quella strana puzza quasi di terra bruciata mischiata a odore di ferro, sì, come quello che sento vicino ai binari quando c'è tanto sole, che usciva dalle tue mani.
Tu non lo sai, ma quella sera io non sono salita subito in camera. Sono rimasta nascosta dietro la porta e ti ho visto piangere. Non capivo. Chi ti aveva fatto del male? Volevo saperlo ma quando hai cominciato a urlare quelle strane parole sono fuggita nel mio letto. Ho avuto un sacco di paura. Tanta.
Lei mi disse che stavi tanto male perchè un amico si era trasferito in un altro posto, più bello, ma troppo lontano per poterlo andare a trovare.
Non la sto facendo arrabbiare, sai? Faccio sempre i compiti e pulisco con lei la casa. La mia camera è ordinata e non sembra più quella di un maschio come mi dice sempre.
Ogni tanto mi sembra di sentirla piangere, ma qu

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   9 commenti     di: Guido Ingenito


Il gelo nel cuore

DEB non aveva chiuso occhio per tutta la notte, non per via del vento o del cane che a tratti udiva abbaiare nel cortile. Non c’ era da aspettarselo, dal momento che amava il tepore delle coperte e sprofondava nel sonno con facilità, per tutto il giorno era stata in preda ad una strana inquietudine, senza saperne il perché, come accade di solito ai sensitivi, quando intuiscono le emozioni ma non il senso di ciò che sta per accadere. Il padre non era ancora rientrato, la madre, rinchiusa nella camera a fianco, senza sosta la percorreva da un capo all’ altro. “ Dovrei andare da lei per chiederle che cosa sta succedendo” ?" si chiedeva Deb- “ ma lei è così gelida, meglio di no”- si diede una risposta- “ Forse con un po’ di coraggio, magari con la scusa di un caschet, così potrei chiedere di papà”- continuava a pensare, in un turbinio di incertezze, che l’ assalivano ogniqualvolta si affacciava la necessità di un chiarimento in famiglia. Non ebbe poi il coraggio di affrontare la madre, un’ enorme impresa?"“ Che se la sbrighino fra loro” concluse, tirando un respiro di sollievo e sigillando così la sua giornata.

Il mattino seguente Torneville era illuminata dal sole, un sole che non bastava però a dissolvere l’ umidità nei prati e nei viali. Deb si levò alla solita ora, aprì le tende opache, diede un’ occhiata fuori, indossò i suoi soliti pantaloni grigio-antracite, larghi e cascanti, il golfino traforato e scuro. Le ciocche blu disegnavano un’ ombra dolce sul viso, gli occhi erano cerchiati da un alone di matita, era bella, anche se non glielo avevano mai detto. Prese la borsa per uscire, prima di chiudere la porta diede un’ ultima occhiata alle pareti della camera, verde acqua, si compiacque dei grattacieli blu che lei stessa aveva dipinto, la sua passione per l’ arte emergeva entro quelle pareti.
“ Sei già pronta Deb? ”- risuonò la voce di Ann dal tinello “ Sì, dov’è papà? ” “ Non è ancor

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Laura (Racconto)

Le cose andavano male, assai male, in quel periodo là. Avevo perso il mio ultimo lavoro da magazziniere, ma questa era una noia superabile: mi assentavo, bevevo, ruttavo, scopavo durante le ore di lavoro. Lo facevo continuamente; per giorni, mesi.
Quello che mi disturbava veramente era il fatto di non potere condividere con nessuno il mio dolore. Ero solo, bevevo molto, alle volte piangevo nel pieno della notte, agli angoli della strada o nella mia stanza.
Quando conobbi Laura ero vicino a una crisi di nervi.
Laura era la prima di tre sorelle ed anche la più pazza. Laura era tra le donne più pazze che avessi mai conosciuto. A dire il vero non era bellissima, ma ce la sapeva in quanto a movimenti e ammiccamenti vari. Era quel tipo di donna che t'aggredisce con lo sguardo, una professionista del corteggiamento, insomma. Ma nella sua pazzia celava sentimenti autentici, come una subdola bontà che si nascondeva prima di venire fuori, e, una volta uscita dal guscio, ti rapiva e t'uccideva, proprio tutto nel fondo dello spirito. Laura era una donna che ti viene bene a dire donna, di quelle che il Signore in persona s'è messo in testa di fare un miracolo tutto intero e di donartelo come regalo. Laura mi colpì, mi stregò, si prese in pegno il mio cuore dandomi solo un quarto della sua essenza.
A presentarmela fu Boston Mike, un tipo che ce la sapeva in quanto agganci con le donne.
"Questa è Laura Dern, la fica più fica degli Stati Uniti"
"Piacere, my lady"
"Sei un bel tipo tu, co sta sigaretta appoggiata appena sulle labbra. Ti credi un grand'uomo. Lo capisco da come ti muovi"
"Niente da fare, baby, con me non attacca"
"Sono sicura che in una settimana potrei farti diventare pazzo. Ci giurerei sul culo di mia madre"
Laura si dimenava, muoveva il suo grazioso culo per la stanza, ballando, cantando, lasciando andare piccoli urletti dalla bocca. Eravamo a casa di Harvey Roth, un guappo di periferia che aveva dato una festa. Quella fu la prima volta che la vi

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   1 commenti     di: Ferdinando


L' albergo

Quando si sentiva così tesa ed abbattuta, aspettava una telefonata che però non arrivava mai al momento giusto.
E poi finalmente, quando non ci pensava più, ecco che squilla il telefono, lei lentamente prende la cornetta, tira su la gamba sinistra, come è solita fare, per appoggiarla sulla scrivania ed ecco la voce: è lui nervoso ed irritato, si capisce che ha chiamato più per dovere che per parlare: è sbrigativo, freddo.
Intanto Marilù gira il dito in un ricciolo di capelli o solleva ogni tanto la gonna leggera con gesti nervosi.
Sente salire dallo stomaco una tristezza che blocca il respiro_"Ciao a domani", è così, un congedo frettoloso e distaccato.
Lui è fermo lì davanti perchè vuole pagare il conto e la sorprende in quella posa strana, da danzatrice.
"Ti voglio".
Ma è proprio la voce di quel giovane uomo, fresco di doccia che riempie il piccolo ufficio?
Marilù si ricompone rapidamente ed indossa l' abito professionale fingendo di non aver sentito o capito.
Lui ripete con insistenza avvicinando il viso alle sue labbra:-"Ti voglio".
Stordita, impacciata lei non reagisce a quella strana provocazione.
Non era mai successo che un cliente le si rivolgesse così, con tale spudorata indecenza.
Ed ora doveva prendere un'iniziativa, rispondere a quello sfrontato che aveva letto la sua delusione al telefono ed ora
voleva approfittarne.
"Io non ti voglio invece", questa era la risposta che le era piombata sulle labbra e che sussurrò sul quello sguardo in attesa.
Non sembrava capire, come un bambino capriccioso ripeteva la tiritera.
Marilù lo avrebbe volentieri mandato via magari con risoluta gentilezza perchè comunque era cliente, da mesi dormiva in albergo con altri tecnici e sarebbe stato scortese offenderlo apertamente.
Immobile lui attendeva in silenzio e sorrideva dolce.
L' orologio a muro segnava la mezzanotte passata, era l' ora della chiusura. Lei sentì che nulla la limitava, avvertiva l' immenso potere di cui dis

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Cose che... succedono!

Sei lì, seduto in un bar a scherzare con gli amici, a fantasticare di avventure e viaggi, nell' incoscienza della tua giovane età e... ad un tratto ti trovi sposato, con un figlio di due anni e magari uno in arrivo!
Cos' è successo in mezzo? Cosa ti ha fatto cambiare? Forse un rapimento alieno?
Un elettroshock ha resettato il tuo povero cervello? No, niente di tutto questo, hai semplicemente incontrato una donna... la donna della tua vita!
Improvvisamente niente è più come ti era sembrato fino a poco tempo prima: le uscite con i tuoi amici ti appaiono come tempo negato al tuo nuovo e più importante interesse, la moto rimane a poltrire in garage, perché lei ha paura di prendere freddo e poi non potrebbe indossare quel vestitino firmato che le piace tanto e ha comprato per te!
Le partite di calcio suonano come una bestemmia: solo a sentire parlare del campionato le viene il mal di testa.
"Non capisco cosa vai a fare continuamente in palestra" si lamenta lei, dimenticando volutamente di averti conosciuto proprio là."Ma tu piuttosto, perché ci andavi se non ti piaceva?" pensi tu, al limite della sopportazione.
Qualunque altra attività che non sia strettamente legata ai suoi interessi viene definitivamente bandita, e considerata "nociva" per il rapporto che invece deve essere continuamente "nutrito" con attenzioni frequenti (naturalmente da parte tua, altrimenti poi lei si deprime e ha il crollo del desiderio), cene nei locali più esclusivi e frequentazioni all' altezza. "Non possiamo uscire con quei pezzenti dei tuoi amici, non capisco come hai fatto a frequentarli"
Certo ci sono anche delle parentesi dolci, tenere, intime in cui riusciresti a giustificare i sacrifici, i cambiamenti e pensi che in fondo va tutto bene... sei lì lì per rilassarti e goderti il momento che dovrebbe convincerti che la tua vita ha ancora un senso quando... il bambino si sveglia urlando a più non posso, oppure telefona la più cara amica di tua moglie: sì,

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