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Racconti brevi

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Inno alla salute

Tutti gli esseri viventi amano la salute, perché soltanto in essa, nella sua intima essenza divina, possono essere ed agire sé stessi. Maruila quando scattava a correre, in un balzo, sentiva tutti i suoi muscoli stirarsi e poi contrarsi come fosse tutto il suo corpo un'altalena che va su e poi giù, e che poi lentamente invecchia fino alla morte, la paralisi del movimento. È vero, lo ha già detto tempo fa il grande romantico Schlegel che la vita non può essere vita senza il moto, senza il più sottile, inosservabile movimento, e certamente non lo credo un bugiardo quell'August. Classicamente però bisognerebbe distinguere come antichi filosofi il concetto di movimento in certe categorie, concetto in rapporto ineludibile con il concetto di salute. Maruila soleva passeggiare sulla mistica breccia inumidita dell'acquerello della pioggia, danzare tra le fronde e roteare gli occhi al cielo quasi ad invocare qualche divinità, al di là delle nuvole, nuvole come tende che m'abbelliscono il vetro che combatte con il Sole. Un giorno decido di correre lungo un vialetto abbastanza romantico ma non eccessivamente meraviglioso da farmi perdere in estatici trasognamenti. Solitamente, la fase dello slancio in aria è la parte più celestiale e nobile della corsa, poi quando osservo tutta me stessa prendere la velocità, il rumore delle scarpe al suolo, il respiro che cambia tono di voce, la libertà che ci manca, che ci manca essenzialmente come l'armonia e il pensiero al Cielo, ah! Penso che l'aspirazione a Dio è ciò che vi è di più perduto e sublime. Un giorno, lungo un vialetto, Maruila incontrò Nitr riflettersi su di uno stagnetto, tutto sembrava incantato e fiabesco ma si sa, anche il più delicato arabesco a fissarlo con gli occhi, prima o poi pare che inizi anche esso stesso a guardarci con i suoi intrecci! Nitr teneva gli occhi bassi, un alone di timidezza quasi a coprire il suo viso scottato dall'onda sismica della globalizzazione. Maruila s'emozionò, s'era ac

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   0 commenti     di: manuela tosti


Basta aprire gli occhi

Chat di www. conosciamoci. org. Le 14. 05. Quattrocentotrentasei utenti connessi. Vari nickname. "Angelo Perduto": femmina di quindici anni. "Hope93": maschio di diciassette anni. "MarcoCartaTiAmo": femmina di tredici anni. "Viva il Duce": maschio di diciannove anni. Con quest'ultimo ho voglia di scambiare quattro chiacchiere. Avvio la chat con lui. Sono curioso. Fingo di essere una ragazza. Mentire su internet. Troppo facile. Imposto "femmina", carico una foto a caso trafugata su internet, ho diciassette anni.
- Ciao. Sei molto carino. Come mai Viva il Duce?
- Ciao! Grazie! Anche tu sei davvero figa. Il Duce era un grande.
- Grazie dei complimenti - smile imbarazzato - perché era un grande?
- Perché sì.
- Ah. Non credi che sia stato un feroce dittatore razzista che ha fatto uccidere un sacco di persone facendoci perdere ogni cosa? Ad esempio l'umanità.
- Il Duce aveva capito tutto - smile orgoglioso - Quello che ci vuole in Italia è uno come lui - croce celtica (come avrà fatto?) - Non solo in Italia. Però, adesso che ne dici di mandarmi qualche tua foto? Magari il numero di telefono - smile ammiccante.
Esco dalla chat. Spengo il computer. Mi fumo una sigaretta. Non sorrido. Non piango.

Discoteca "Bella Storia". Zona Centro.
Ingresso a diciotto euro. Gratis le donne fino la mezzanotte. Dopo la mezzanotte le donne pagano quindici euro. Qualche donna. Molte minorenni. Guardo. Una fila interminabile. Persone che si spingono. Mi avvicino. Ascolto qualche conversazione. Due ragazzi, dopo un'ora di coda raggiungono finalmente l'ingresso dove un buttafuori muscoloso come un body builder comincia il terzo grado. Stasera l'ingresso è aumentato a venti euro. Consumazione compresa. La prima. C'è Trip. Il DJ più alla moda dell'estate.
«Quanti siete? »
«Due. »
«Non potete entrare. »
«Perché? »
«I prossimi. »
Il buttafuori non li guarda nemmeno. Lascia passare un gruppo di sei ragazze semivestite. Non si cura della loro et

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   12 commenti     di: Guido Ingenito


Per Te

Ciao,
tu sai chi sono ma forse nn mi pensi come io penso a te. Ti ritengo una ottima amica, una persona che è in grado di strapparmi un sorriso nelle situazioni più complicate, una persona che è in grado di aiutarmi nella scuola, una persona che è in grado di farmi capire quale sia il vero significato della parole amore. Si!, hai capito bene, Amore. Amore perchè è quello che provo per te da ormai 2 anni, sono molto triste, non riuscirò mai ad averti neanche stringerti per un lungo istante in cui ti farei capire cosa vuol dire essere veramente amati. Alcuni giorni non mi rispondi neanche ai messaggi perchè dici che il tuo fidanzato è geloso, non sai quanto soffro quei giorni... Cara amica mi ricorderò sempre di te, sei stato il mio amore, ma purtroppo non posso continuare a soffrire per un qualcuno che non riuscirò mai ad avere... Addio... una parola che non ti ho mai detto ma che avrei voluto dirti... Ti Amo... Addio...

   0 commenti     di: denis dosi


L'ultimo giorno del cavallo Casimiro

Che cavolo di nome gli avevano dato,
pensò Casimiro, mentre lo conducevano al macello clandestino.
Forse non lo stavano portando allo squartamento,
ma a fare solo un giro turistico dei dintorni;
si congratulò con se stesso per riuscire, anche in certi momenti, a mantenere un certo umorismo.
Era un cavallo intelligente,
anche se non c'erano odore acre di sangue e carcasse,
aveva capito cosa lo attendesse.
Guardò stancamente scorrere le forme accanto,
tutto attorno sembrava indifferente,
il vecchio padrone, portato in sella per tanti anni, non era neanche venuto.
Meglio così, sarebbe stata una faticaccia in più tirargli una zoccolata.
Chissà se qualcuno si chiede cosa stia pensando in questo momento,
magari si aspettano pensieri di paura selvaggia,
qualche oscuro presentimento di morte che hanno gli animali, i cavalli in particolare,
c'è sempre qualcuno pronto a regalare la sua pietà.
E mentre formulava tali pensieri, non si accorse di avere iniziato a correre.
Come ai vecchi tempi, quando gareggiava con gli altri puledri e la vecchiaia era un'idea inconcepibile.
Più che dalle facce sorprese delle persone accanto,
capì cosa stava facendo dal respiro affannoso e il cuore che sembrava scoppiare.
Uno strano modo di morire pensò,
alzò il muso,
catturando per un istante tutto ciò che stava andandosene.
L'ultima cosa fu il vento.

   10 commenti     di: Dino Borcas


Pensieri

Il ragazzo si guardò le mani e alzando lo sguardo al cielo disse: "Non è possibile che il destino dell'uomo sia scritto nelle mani e nelle stelle; tutte frottole! Il buon Dio non permetterebbe mai una cosa del genere. Il destino di ognuno di noi lo conosce solo LUI. Solo LUI può cambiarlo o modificarlo a suo piacimento; tutti quelli che dicono di leggere o conoscere il futuro sono solo degli impostori che truffano la gente!".
Così dicendo s'incamminò sulla strada deserta mentre il sole spuntava dal mare in tutto il suo splendore e i gabbiani danzavano nel cielo infinito. "Bello il mio sud!", pensava il ragazzo, "Bella la terra dove sono nato!".
"Fare l'operaio è duro", si ripeteva, "non è un lavoro gratificante: più lavori e meno sei considerato!". Il suo sogno era diventare un famoso scrittore: scrivere dei libri per lasciare tracce incancellabili che testimoniassero il suo passaggio in questa vita terrena. Voleva lasciare tracce non solo nei cuori ma anche nell'anima della gente.
Si sentiva una persona vera, non amava l'ipocrisia, ma credeva nell'amicizia e nell'amore e avrebbe dato anche la vita per questi valori. Sapeva di essere una persona sensibile e un buon osservatore, riusciva a vedere oltre l'apparenza, cercando di arrivare sempre alla radice delle cose e un buono scrittore dovrebbe avere sempre queste qualità. Così pensando arrivò a casa. Era stanco morto, non fece in tempo a sdraiarsi sul letto che cadde in un sonno profondo, entrando come d'incanto nel mondo di Morfeo.
"Sognare non costa nulla" pensò. Sogno e realtà a volte si confondono, mentre i pensieri restano nella mente a farci ricordare che siamo vivi.



Icaro

La ruvidità dell'asciugamano sfrega contro i miei denti impazziti. Ma. Non devo urlare. Mordo con forza
la stoffa serrando così la mia bocca in un ghigno assassino odorante di instabilità mentale mentre elimino accuratamente con il rasoio gli ultimi residui che mi decorano la schiena in un macabro motivo osseo e vermiglio. Piume bianche giacciono spirando ai miei piedi mentre altre volteggiano e si contorcono ancora in aria prevedendo malinconiche la loro sorte di innocenti petali bianchi ammassati in una fossa comune agli angoli di una strada asfaltata percorsa da ombre lugubremente indifferenti. Sofferenti sopportano il sangue che copioso continua a macchiare con chiazze asimmetriche la loro candida superficie. Tristi mi osservano mentre combatto la mia battaglia interna tra il primordiale istinto di autoconservazione e la razionale paura dell'essere emarginata. Gli eserciti si scontrano in un cozzare metallico di armi mentre taglio, tronco, mutilo le bianche ali che sbocciano sulla mia schiena. Ossei moncherini spuntano dalle spalle martoriate. La mano che regge il rasoio trema ed assume un colore innaturalmente pallido. Ma. Non devo urlare. Proseguo. Stringo le dita attorno allo strumento di premeditata autolesione e con un urlo soffocato dall'asciugamano accolgo il nuovo lembo di pelle strappato alla mia schiena scarnificata. Rivoli vermigli improvvisamente sgorgano dalla carne viva e pulsante scivolando sinuosi lungo la linea della spina dorsale. Gocce di vita bollenti cadono sul pavimento con un impercettibile tintinnio che le mie orecchie tese percepiscono come uno schianto di alberi uccisi da un implacabile fulmine. Ma. Non devo urlare. Sento rumori al di là della porta chiusa a chiave. Ascolto voci arrabbiate che penetrano dalle fessure. Stringendo le palpebre mi esorto a continuare la lacerazione nonostante l'inorridita ribellione del mio corpo. Implacabile utilizzo l'altra mano per fermare il tremore compulsivo dell'arto incaricato di eseguire la do

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   1 commenti     di: Maria Angelino


Morbo letale

Quando iniziò, nessuno se ne accorse. Dapprima avvennero dei blocchi parziali della rete. In seguito le disfunzioni si fecero più frequenti, interessando sempre più utenti. Poi internet smise di funzionare. Le unità di crisi dei governi che fino a quel momento si erano arrogati la facoltà di dirigere il mondo, entrarono in conflitto rimpallandosi tra loro le responsabilità di quello che stava accadendo.

Carlo si svegliò presto. Doveva consegnare un articolo a un giornale, una testata on line di Roma, e ancora non aveva scritto niente. Accese il computer mentre beveva il caffè che si era preparato. Cercò di collegarsi a internet inutilmente, senza sorprendersi più di tanto. Nel posto in cui viveva era già un miracolo che ci fosse internet e che ogni tanto funzionasse. Dopo circa un'ora, completato l'articolo, si concesse un secondo caffè, poi telefonò in redazione. Non era facile nemmeno telefonare, riuscì infatti a prendere la linea solo dopo una ventina di minuti.
- Buon giorno, sono Carlo Martini. Mi passa la signora Lory?
- Non posso.
- Come, non può... mi passi qualcun altro allora, devo dettare l'articolo. Da me internet non funziona.
- Da lei internet non funziona? Internet non funziona dappertutto.
- Che significa dappertutto? Vuol dire in Italia?
- Sì, magari. Il mondo intero è scollegato. Da tre giorni. Non la vede la TV?
- Non ce l'ho la TV.
- Senta, mi scusi ma devo chiudere, qui è un casino, ovunque è un casino. Non funzionano i cellulari, treni e aerei sono in tilt, salta la corrente in continuazione. Non so che succede... guardi, devo chiudere.

Il consiglio di sicurezza dell'ONU, a New York, riunito in seduta fiume, era divenuto il luogo ove i rappresentanti di alcuni degli stati più potenti della Terra passavano il tempo ad accusarsi a vicenda. Al terzo giorno dall'inizio della crisi raggiunsero un compromesso. Decisero che erano sotto attacco. Di chi e perché, non sapevano spiegarselo, ma una cosa era chiara

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Questa sezione contiene una serie di racconti brevi, di lunghezza limitata all'incirca ad una videata