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Racconti brevi

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Lo faccio per te

Ce ne stavamo seduti comodamente in attesa del canto del vento, era bello sentire la tua mano accarezzare l'erba e poi salire sul mio braccio. Mi leggevi, nel silenzio del sole autunnale una poesia di Rimbaud che adesso non saprei riconoscere.
Mi perdevo amabilmente in quelle parole fissando il sole che, filtrato dal grosso platano rendeva il tutto più romantico.
Mi disse lei con sorriso malizioso e aguzzando l'occhio nascosto dai capelli neri.
Cullato da una nuova poesia, mi addormentai godendo della sua dolce carezza.
Il risveglio fu dolce e mi sorpresi nel notare che intorno a me si trovavano ora le pareti di una possibile cantina, io ero legato a un tavolo e lei mi fissava con eccitazione. Nella penombra di quel posto compresi subito i suoi intenti e mugolando di piacere già mi preparai a una grande nottata.
Si posizionò sopra di me e sorridendo cominciò a baciarmi con foga sempre maggiore, la sentivo strusciarsi contro il mio corpo e soffrivo nell'accorgermi che le corde che mi legavano al tavolino non potevano permettermi di stringerla.
Si staccò un attimo da me, scese dal tavolino e portò le sue labbra al mio orecchio.
Sorrisi malizioso e decisi di chiudere gli occhi in attesa del piacere. Si avvicinò nuovamente a me con una bottiglia di vino che cominciò a versarmi sul petto, pregustando con gli occhi un piacere a me ignoto.
Si tolse lentamente la maglietta lasciandomi ammirare il suo corpo e con essa mi bendò gli occhi, lasciandomi nella completa oscurità.
Un brivido corse lungo il mio braccio nel sentire qualche cosa di freddo scorrere sulla mia mano, raggiungere il gomito e poi tornare indietro.
Tutto si placò, passarono minuti di silenzio spaventoso, dove ancora speravo in una nottata di semplice sesso.. speranza vana devastata dalla punta di qualcosa di indefinito che improvvisamente si conficcò nel mio braccio. Urlai violentemente ma non così forte da coprire un gemito di piacere che usciva dalle sue labbra.
Cominciai a dimenarm

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   0 commenti     di: Andrea Pezzotta


PROGETTI D'ESTATE

Appuntamento immancabile, irrinunciabile, imprescindibile, anno dopo anno: sembra quasi di vivere in attesa “di” ; lo stesso rito di sempre e inizi a pensare: “ Oddio siamo già in aprile, devo prenotare le sedute dall’estetista, i massaggi, il solarium e la dieta, quest’anno provo la ‘johanson’ in Sudafrica è il must del momento.”.
Maggio: “Dunque il tankini di Armadi sembra quello della mia trisavola anni ’30, l’intero di Versato con tutti quei lacci mi lascerebbe un’abbronzatura da carcerato, il bikini Cammelli ha troppi strass, va a finire che mi scambiano per una boa segnaletica … ma cosa mi metto??”.
“Noo non posso crederci: odioso brufoletto come puoi nascere proprio qui!!! Il mio meraviglioso lato B così deturpato, proprio vicino alla cicatrice dell’impianto, nemmeno ci fosse un cartello segnaletico tipo bandiera sulla luna. Infame. A Natale mi regalo un restiling totale in Brasile.”.
Giugno: “ Sì, dai, può andare: doratura omogenea, il botulino alle labbra si è riassorbito, la mesoterapia ha cancellato quei millimetrici cuscinetti di cellulite dai fianchi. Ok sono pronta.”.
Luglio: “Ma è una congiura.. sole dal lunedì al venerdì , sabato e domenica ko… maledette ferie programmate!”.
Agosto:”Passaporto in ordine, valigie sigillate, massaggio e sauna hanno cancellato il grigio ufficio dal viso, bene.. tornerò fondente, tatuata e treccinata dal Marocco.”.
Per quanto perfetti pianificatori non riusciamo sempre a scansare gli scherzi, i dispetti del destino e la sbadataggine di una goccia di anticellulite sul pavimento può beffarci di noi.
Però, vuoi mettere il risalto d’un candido gesso su una gamba perfettamente depilata, liscia e dorata come un frollino del Mulino Bianco?

   1 commenti     di: Marta Niero


Un passero

Una domenica mattina me ne stavo tranquillo su un ramo del grande albero davanti al piazzale della chiesa. La primavera aveva già decorato di innumerevoli colori le piante e le siepi circostanti. Davanti all'entrata della chiesa un vecchio signore su una sedia a rotelle al quale il crudele destino aveva privato l'uso delle gambe. Il viso segnato da profonde rughe contrastate da un dolce e tenero sorriso che il vecchio dispensava alle persone che uscivano dalla chiesa nell'intento di ottenere anche una minima elemosina. Qualcuno lo guardava quasi scocciato e altri lo ignoravano del tutto. Ma neanche questo bastava a cancellare quel sorriso straripante di dignità e purezza d'animo. Finita la coda di persone il vecchio rimasto solo tira fuori dall'inseparabile zaino un pezzo di pane probabilmente del giorno prima in quanto noto che non fa briciole e la sua difficoltà nel masticarlo. In un attimo volo sopra le sue ginocchia e lui felice di vedermi non esita nel dividere con me quel povero pasto. Anche se per un attimo i suoi occhi brillano felici come quelli di un bambino.

   0 commenti     di: Vincenzo Renda


Letargo

Cellulosa su marmo.
Ne avverto l'occulta melodia.
A stento ne decifro le impercettibili note: é la Foglia Canarina che si diletta a ruzzolare con ampie capriole su questo Grigio Prato di mattonelle.

È la mia devota vedetta secolare.
È lei che col suo timido crepitare mi sussurra l'avvento di un Ospite, e fremendo spera per me che sia quello giusto, l'Atteso.

Ma ora si é bruscamente fermata, non la percepisco piu'.

Credo che si sia allarmata scorgendo la Legnosa Poltrona che si erge solitaria, come selvatica croce, su questo alto reticolato di pietre arse: in essa sono sprofondato in un caldo torpore da millenni.

Riposo piacevolmente accarezzato dal Vento e ripetutamente baciato dal suo soffio, che dopo avermi affettuosamente scompigliato i capelli con le sue dita affusolate, scende giu' fino alle nude gambe e le lambisce delicatamente.

Ma ora lo sento tornare su fino a insinuarsi attraverso il petto, diritto nel cuore, e da qui filtrare lento nell' anima, ove si scontra con il respiro greve e asfissiante, polveroso e atro.

Lo vorrebbe bandire con algenti raffiche di rorida brezza mattutina, per poi alitarmi uno spirito convertito a un nuovo giorno, a una nuova era, a un nuovo risveglio.

Ma le Nuvole, mio soffice copricapo, si avvedono che le tiepide carezze di frate Vento non sortiscono alcun effetto.

Allora prodighe mi solleticano deliziosamente la pelle con fresche goccie, come gelidi bruciori vibrano umide purificando la pelle buia che il mio implacabile animo tende sempre per poi non far scoccare mai la Rossa Freccia.

Infine, notando che gli amari e mesti umori non si vogliono ancora congedare, lasciano che il Sole faccia capolino tra loro come maestoso pagliaccio, per farmi sorridere con i suoi buffi giochi di luce, e il suo sorriso stampato, cosi' spudoratamente copiato con semplici e sincere curve dalle matite rosicchiate dei bimbi.

Inatteso percepiscono l'irrigidimento dei muscoli del collo: il mi

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   2 commenti     di: Antonio M


2014: ritorno al faro

Nessuno si sarà in-giustamente chiesto per quale motivo non ho più scritto dalla mia casetta in mezzo al mare di Scozia? Ebbene, la risposta è una sola ed è riassumibile nel fatto che non ero nella mia casetta in mezzo al mare di Scozia.
Come mi è capitato già in passato nei miei pellegrinaggi, di punto in bianco ho deciso di mollare tutto per prendermi un periodo sabbatico e mi sono messo a girare per il mondo lavorando.
Avevo voglia di subire ancora la passione per la cucina cercando di ritornare alla vita di sempre e ci sono in parte riuscito. Sono stato in Russia, in Italia, e in Germania per imparare un minimo di tedesco. Questi (forse) 6 mesi li ho passati a fare periodi di prova come responsabile o vice responsabile di cucina, nello stesso tempo mantenendomi in sistemazioni provvisorie in solitario o in stretta condivisioni con strani individui pressappoco civili. Nessuno ha creduto alle storie del mio faro in Scozia e sono stato considerato uno strano cazzaro - benché sia tutto vero.
Inutile scrivere quanto dispiacere possa aver dato la mia partenza al sig. Sindaco (Mc Person) e perfino a quei pochi abitanti di Arbroath con i quali a quel punto avevo condiviso serate al pub, pranzi, cene, chiacchierate e quant'altro.
Alla fine ho telefonato nuovamente alla mia capitaneria di porto preferita e ho spiegato di avere una personalità particolare e difficile, e quanto mi fossero rimaste nel cuore molte persone in quelle belle terre selvagge e perfino torbate. Ho dovuto porgere le mie scuse per quel biglietto ridicolo nel quale tentavo di addurre a un periodo di stress intenso la mia dipartita. Mi sono coperto di ridicolo come spesso accade un po' a tutti, ma la cosa è talmente imbarazzante da rimuoverne immediatamente il ricordo.
Dopo un comprensibile gelo iniziale, le porte si sono riaperte per il piccolo Andrew che toltosi l'odore di cucina, e non solo, si prepara nuovamente a indossare gli abiti del guardiano del faro.
Fatta questa p

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   3 commenti     di: Andrea


Mal comune e mi sento meglio

Una bella mattina, su un noto sito italiano di litweb denominato "Bloggatuchebloggoanch'iopiopio", apparve un testo rivoluzionario dell'utente Mezzo Gaudio:

"io non sono capace di scrivere. però il mio medico, e anche il mio pisicologo mi hanno detto di farlo lo stesso perché la libertà è terapeutica. ma io so solo scrivere senza la maiuscola dopo il punto fermo. facevo così anche all'asilo, alle elementari, alle medie, quando mi mettevano dietro la lavagna col cappello di carta con le orecchie da somaro. da allora mi ribello al sistema E OGNI TANTO PURE SCRIVO TUTTO IN MAIUSCOLO PERCHÈ SPACCA ANCORA DI PIU' E CI METTO PURE IL GRASSETTO E IL SOTTOLINEATO: FANCULO, COME MI SENTO BENE!"

Dopo una settimana apparve nella Home Page un altro testo ancora più innovativo.

" dato che mi sono sentuta più meglio i dottori mi dicessero di scrivere sbagliavando anche tutti i tempi verbali. ha davvero una lipidine, ho/a cominiciuto a sentirti sempre più energica, anima mia, che bella essendo avuto la tua copula..."

Nelle settimane a venire vennero postati altri testi sempre più ultramoderni: o senza punteggiatura, o di soli sei caratteri, o impiegando tutti i luoghi comuni della politica per farne un post, o con frasi di soli soggetti o di soli verbi o di soli complementi oggetti, o impiegando solo incipit o solo svolgimenti o solo finali.
Alla fine Mezzo Gaudio, dopo aver annunciato come tutti gli anni, che non avrebbe più scritto per l'eternità, postò un'ultima genialata:

"arteiteoit----fejoweif pèvdokspèovk kospd&&&&&&&&&&&&&&& fksdpkf'we ))))) 325°2ì3'o ^^^^^^^^^^^^^^^^ fpaosjpaojs opaèsp@@@@@@@".

Dopodiché sparì per davvero.

" Pronto, parlo con Dott. Crisapulli? Sono Crimpioni, lo psicanalista..."
" Sì mi dica"
" Sa che fine ha fatto il paziente Mezzo Gaudio, quel tipo con disturbi di personalità a cui avevamo consigliato di scrivere per guarire dalla sua malattia?"
" Ma guardi, a me sembra che arteiteoit----fejoweif pèvdoksp?

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   4 commenti     di: Mauro Moscone


L'uomo che aveva smarrito l'anima

L'auto avanzava a fatica lungo la strada che costeggiava il torrente, il rumore del motore copriva quasi del tutto lo scroscio dell'acqua che in quel punto formava una cascata.
La nebbia autunnale era come un velo impenetrabile alla vista dell'uomo che, con i fari antinebbia,
cercava invano di farsi strada nella nebbia.
"Dio, non ho mai visto una nebbia così fitta!" disse l'uomo, " È talmente fitta che non si riesce a tagliarla neppure col coltello!".
Tutto ad un tratto l'auto si fermò di botto e non voleva più saperne di ripartire; pareva come quei muli di montagna che quando s'impuntavano non c'era verso di farli smuovere.
L'uomo scese dall'auto e sentì lo scricchiolio dei rami e delle foglie sotto i suoi passi.
"Dove mi trovo?" disse, " Non si vede nulla!". "Speriamo di non perdermi in mezzo a questo mare di nebbia!".
Si girò, si rigirò, ma i suoi occhi erano come accecati; percepiva soltanto il rumore del torrente che impetuoso avanzava incurante della nebbia che lo avvolgeva.
L'uomo allora si ricordò di avere una torcia nel cruscotto della sua auto, la prese, la accese e s'incamminò verso est seguendo la sua luce.
Continuò a camminare inoltrandosi sempre di più nella boscaglia e, man mano che avanzava,
il rumore dello scroscio del torrente andava scomparendo mentre la nebbia pian piano si diradava ed un pallido sole saliva ad est illuminando il paesaggio autunnale e mettendo in risalto le foglie arrugginite bagnate di rugiada.
Il cinguettio degli uccelli era una dolce melodia che faceva da sottofondo musicale a questo quadro autunnale.
L'uomo si fermò un istante, si guardò attorno, vide un sentiero e lo seguì sino a giungere ad uno spiazzo dove si ergeva una grossa quercia sotto la quale era posta una vecchia casa diroccata tutta rivestita d'edera e di foglie arrugginite.
La casa aveva una porta di legno usurata dal tempo; l'uomo la aprì, entrò, e rimase come impietrito nel vedere sul muro un affresco su cui v'era dipinto il

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