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Racconti brevi

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Caporale Morini

Mi sono arruolato con spavalderia.
Ero convinto che un giovane fascista ex balilla ben addestrato potesse affrontare qualunque cosa.
Ed era vero.
Ero sicuro di me. Avevo tutto sotto controllo.
Poi un mese e mezzo fa e' apparsa quell'auto, procedeva incerta.
Non si fermava.
Non si vedeva bene all'interno, ma sembrava esserci solo il conducente.
Ho intimato l'ALT.
L'auto percorreva la strada in modo sconnesso, tagliando la curva di fronte senza un’apparente traiettoria ben precisa.
Non si e' fermata, neanche ai successivi avvertimenti.
Sono stato il primo a sparare una raffica,
e un'altra sul fianco quando l'auto ha sfondato la sbarra.
Stranamente mi e' sembrato per un secondo di sparare ad un'auto vuota.
L'auto si e' schiantata lentamente sul muretto al ciglio della strada pochi metri dopo.
Sono corso e l'ho raggiunta per primo, ero ebbro della mia incoscienza.
Ho aperto la portiera, e dal sedile del passeggero sono cascate due cioccolate e un panetto di burro.
Una terza cioccolata era stata aperta, mangiata a morsi, come se fosse stata addentata con avidità.
Mi bastò guardare il braccio steso sul sedile per capire che avevo ucciso un ragazzino.
Solo un braccio, le mani sporche e qualche graffio qua e là, al massimo avrà avuto 15 anni.
Non l'ho mai guardato in viso, non ne ho avuto il coraggio, l'hanno fatto i miei colleghi mentre io pulivo nervosamente la mia arma, non mi perdonerò mai anche per questo.
Oggi nascondo quel volto sconosciuto con l'immagine della mia fidanzata e l'immagine di una guerra che per me ora ce l'ha un volto.
Un volto che prima non conoscevo.

   6 commenti     di: Carlo Tollo


Giusto per riprendermi la dignità

La sento tirare lo sciacquone. Sì, piscia, svuotati le budella, brutta stronza.
Passeranno esattamente ventiquattro minuti prima che venga a letto. Deve togliersi il trucco, mettersi i bigodini, infilarsi quell'orrida camicia di flanella.
Tutte le sere è la stessa solfa: "Vai a dormire, TU CHE PUOI. Io devo finire di correggere i compiti". Non perde un'occasione per farmi sentire un verme, la troia... con quell'aria da madonnina infilzata che sembra che tutti i dolori del mondo li sopporta solo lei. È colpa mia se ho perso il lavoro? Lo perdono tutti e non se ne trova, di questi tempi. Ma figuriamoci se lei lo accetta! Lo so io dove glielo ficcherei quel giornale che mi fa trovare ogni mattina con la colazione, con tutti quegli annunci sottolineati!

Eccola che arriva. Odio il suo ciabattare. Accende la luce, prende le pillole, spegne la luce. Lo sa che non dormo, ma fa finta di niente. E io faccio finta di dormire.
Ma guardala, se ne sta lì nella sua metà di letto, tutta rannicchiata verso il bordo che rischia di cadere giù... Eh già, non sia mai che nel sonno possa rotolare verso di me e 'infettarsi.' Povera scema, non la scoperei nemmeno se fosse l'ultima donna rimasta sulla terra. Sembra un manico di scopa vestito, con quella pelle da cadavere e quelle tette che sembrano due pere ammuffite.
La Milly, quella sì che c'ha due bei meloni. Solo a pensarci... E poi è gentile. "Il solito, signor Giuseppe?" mi dice quando entro al bar. 'Signore' mi chiama e nota sempre come son vestito e se sono di buonumore o no. Ieri mattina mi ha persino strizzato l'occhio, porgendomi il bicchiere di bianco. Poi siamo andati di chiacchiera e di battute più del solito. Lei sì che mi tratta come fossi qualcuno! Secondo me... Oh, non sono mica da buttar via. Già, ma una come la Milly ha bisogno di sicurezze. Devo trovare un lavoro. Devo assolutamente trovare un lavoro. Ah, la Milly!

Russa, la stronza, alla faccia delle preoccupazioni! E io qui a stracciarmi i

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Era natale quando te ne andasti

Era natale quando te ne andasti, e la neve scendeva delicatamente al suolo. Era stato doloroso vedere sul tuo viso quelle maledette lacrime che ti ho fatto versare, ma è stato ancora peggio quando mi sei scivolato dalle mani. Ho pianto, dopo, e ti ho rincorso, ma la tua macchina non c'era già più. Era natale quando mi lasciasti, ed ogni natale aspetto il tuo ritorno.



Nitr e il valore dell'Arte

Era la profonda notte a portare la conoscenza più luminosa, ad issare le stelle sul velo nero, ad aprire la porta che congiunge gli opposti più inconciliabili. È il passaggio meno noto a chi ci sta intorno, la transizione alla vita mistica, oh Nitr, chi l'avrebbe mai detto che la poesia è l'arte magica più eccelsa? Essa si compone e decompone come l'argilla sotto le mani dell'apprendista, del mago che in ogni istante del tempo infinito si rende consapevole della propria e soggettiva acerbità. Era la profonda notte a portare la luce ai poeti, agli innamorati miopi del loro amore, a scaldare i pensieri d'ogni essere umano; oggi però, Nitr, è già un nuovo giorno e non splende più il Sole d'una volta, non splende più la grande Stella su di noi come splendeva agli antichi Greci. Maruila aprì gli occhi e i suoi pensieri si stavano pitturando alle pareti come figure angeliche d'un nuovo Rinascimento, un'armonia intensa si diffondeva attorno, mentre si era incrociata le gambe come a meditare e tutte le pareti della sua stanza sembravano dipinti di profezie. Maruila schiuse gli occhi e come un sogno lucido vide Nitr che le dava le spalle, mentre dinanzi al suo volto s'apriva un capolavoro d'arte pittorica, lo stupendo dipinto di Boguereau raffigurante due armoniose divinità della natura, una primavera romantica. L'amore per la regina del regno floreale da parte del delicato Zefiro, un'estasi per gli occhi, la percezione di quelle dolci creature farebbero amare ad ogni essere la natura dalle gote rosacee. Maruila si sentì improvvisamente chiamare, echi di voci femminili pervadevano la stanza che non somigliava più a camera sua, di familiare ne era rimasto il nulla. Nitr s'alzò dalla sedia sulla quale pareva paralizzato ed iniziò stranamente a sfiorare il gran dipinto, e nel frattempo quelle voci di donne, come muse mi chiamavano incessantemente, in una strana invocazione facevano riecheggiare il mio nome come se fosse l'Emmanuel. A Maruila pareva d'esser fini

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   0 commenti     di: manuela tosti


Non sono più qui

Come gli amanti di Klimt, come gli amanti di Magritte. Se ci fosse uno spagnolo direbbe volver volver volver.
Un urlo accecante mi sbrana le vene i polmoni. Dov'è? Dov'è?
«Come Joel e Clementine. »
«Come Bob e Charlotte. »

«Mi hai rapito» mi dice.
«Mi hai lasciato andare. Mi hai mandato via. Mi hai cancellato. »
«Voglio darti delle risposte. »
«Non voglio farti domande. Sono ancora in una situazione di breakeven. Ho i crampi allo stomaco solo a dirlo. »
«Io... »
«Zitta, non dire nulla. »

Io sono freddo come l'oceano. Vorrei provare caldo, qualcosa di bollente per le vene. Ma sono freddo. Sento mercurio e acciaio.
Il fuoco, il fumo. I cerchi escono dalla bocca e si estendono, diventando anelli alla ricerca di un pianeta che non esiste.

«Non in questo universo» le dico.

Il tempo e lo spazio, distorsione della luce e del buio. Quanto può costare un atto di coscienza? Quanto può costare il senso di colpa? Quanto può costare l'amore?

Avete presente quei paesaggi strappa lacrime? Il mio preferito è la spiaggia, se possibile di notte. Vedere, anzi non vedere il confine che separa cielo e mare è uno spettacolo. Si confondono.
Fanno l'amore. Ma io e lei no.
Io con la mia sigaretta.
Lei con uno zaino. E con le lacrime, appunto. Strappate dal mio sguardo, così profondo, così vero. Strappate dal leggero vento che le scaglia addosso quei granellini di sabbia che sembrano pesare tonnellate. Eppure sentirsi accarezzata.
La luna è nascosta da due nuvole. Anzi è una soltanto.

Sorrido: «Ma porca miseria, l'unica nuvola del cazzo che c'è stasera proprio davanti alla luna si doveva mettere? » e lei accenna una risatina. Un sorriso.
Dio... quelle labbra... quegli occhi, io penso.
Dio... il suo umorismo... il suo romanticismo, lei pensa.
Ovviamente nessun suono. Le onde sono in sciopero, così il mare assiste inerme a questa scena. Senza pop corn. Per fortuna.

«Ho perso il conto» le dico.
«Io.

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   11 commenti     di: Guido Ingenito


Gallerie

Il traffico era quasi inesistente.
Di tanto in tanto, qualche auto sfrecciava nella carreggiata opposta e talvolta, capitava di vederne qualcuna anche nel proprio senso di marcia.
Il sole scendeva mesto, mischiandosi ai freddi colori del mare. Erano quasi le 21. Quella sera non si vedevano stelle e la lugubre atmosfera minacciava l'arrivo di un temporale notturno.
Non c'era spazio per la luna. Il gigantesco letto d'acqua salata acquisiva toni cupi e tetri, assumendo le sembianze di una vasta distesa di petrolio.
Ancora pochi chilometri e poi la strada si sarebbe addentrata in una serie di lunghe gallerie, alcune delle quali, in ristrutturazione.
Marina lo sapeva e la cosa la spaventava, ma non aveva altra scelta. La strada più veloce era quella.
Era di ritorno da un week-end favoloso a base di abbuffate di pesce, sole, mare, e tanto divertimento. Tre splendidi giorni alle cinque terre con Matteo, il suo ragazzo, marinaio in licenza e in odore di promozione.
Ed ora si ritrovava da sola, in viaggio verso casa, pronta a dover affrontare quella decina di bocche oscure che trapassavano le montagne.
Nutriva una particolare ossessione per le gallerie, specie per quelle lunghe e poco illuminate. Spesso le capitava in sogno, di percorrerne una senza mai uscire, senza mai vedere un solo spiraglio di luce.
Aveva quasi raggiunto la prima, lunga solo 800 metri. Era la più corta. Un piccolo antipasto di ciò che la aspettava.
La luce giallastra degli anabbaglianti perse efficacia, non appena l'auto varcò la soglia. L'illuminazione era talmente potente che si sarebbe potuto viaggiare a fari spenti. Marina la percorse in pochi secondi, accelerando il più possibile per guadagnare al più presto la tanto bramata uscita.
All'esterno, però, la attendeva una violenta pioggia che la costrinse a rallentare, vista la scarsa visibilità del manto stradale. Le linee bianche che delimitavano le corsie, infatti, erano offuscate dalla polvere e dal terriccio che i TIR st

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   1 commenti     di: stefano uggè


Rital

Aigues Mortes, 15 Gennaio 1893
Cara Anna,
la mamma mi scrive che sei molto preoccupata. Non esserlo, te ne prego, non ce n’è alcuna ragione. Sto bene, e anche Luca sta bene. Forse non ritornerà dopo le feste di Pasqua, ma questo lo sai già. Ho provato a dissuaderlo, ma Luca è orgoglioso, tu lo sai, e certe cose non le manda giù facilmente.
Io ho altri progetti. Sto lavorando molto, ma sto anche guadagnando molto, sicuramente molto di più di quanto non guadagnassi a Monferrato.
………
Un abbraccio,
Raffaele

Milano, 4 maggio 2003
- Pronto, chi parla?
- Ciao mamma, sono Manuel.
- Manuel, figlio mio. Come stai? Perché non mi hai chiamato ieri?
- Stavo lavorando, mamma. Enrique ha avuto l’influenza e l’ho sostituito.
- Ti hanno dato il permesso di soggiorno?
- Non ancora, ma ieri sono andato in questura per farmi prendere le impronte digitali.
- Allora lavori ancora in nero? E quando te lo daranno?
- Tra un mese, ormai manca poco. Presto potrò cercare un altro lavoro, un lavoro regolare. Senti mamma, sono arrivati i soldi per la retta di Maria?
- Si, sono arrivati proprio ieri.  Lo sai che ha vinto una borsa di studio?
- Davvero? È bellissimo. Fammi parlare con la mia sorellina, voglio farle gli auguri.

Aigues Mortes, 3 Giugno 1893
Cara Anna,
Grazie per quello che mi scrivi. Le tue lettere mi fanno sentire l’aria di casa. Ti prego di non prendere troppo sul serio i racconti di Luca e di tranquillizzare la mamma. Tuo marito è un bravo ragazzo e sai che gli sono affezionato, ma certe volte esagera un po’. È vero che alcuni Francesi non vedono di buon occhio gli Italiani, che alcuni di loro dicono che siamo venuti a rubargli il lavoro e che dobbiamo tornare in Italia, ma c’è anche tanta brava gente che la pensa diversamente. Ti vorrei far conoscere Bernard e Isabel. Bernard lavora alla miniera di Peccais insieme a me. Alcuni suoi connazionali non vedono di buon occhio la sua amicizia con noi Rital, ma lui se ne infischia

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Questa sezione contiene una serie di racconti brevi, di lunghezza limitata all'incirca ad una videata