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Saggi

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Il gusto

Nel gusto sono compresenti e finalizzati tutti i sensi del nostro corpo poiché vediamo, udiamo, tastiamo, odoriamo, allo scopo di poter discernere ciò che ci piace da ciò che non ci piace.
A questa parola, nella nostra lingua, si possono dare significati diversi e lo percepiamo principalmente nelle papille gustative, dandoci la possibilità di gradire o non gradire cibi e bevande.
C'è un altro significato di questa parola ed è relativo a ciò che preferiamo e ci piace in modo del tutto soggettivo, per motivi in parte misteriosi che sono insiti in noi geneticamente; altri che sono costitutivi della personalità andata formandosi nella nostra storia e che provengono dagli usi ed i costumi dell'ambiente dove siamo nati, permeando il nostro modo d'agire e di guardare alle cose con l'occhio predisposto a scegliere con ciò che ci è stato inculcato da chi era responsabile della nostra formazione o che, in qualche modo, l'abbia influenzata..
Ovviamente il tutto si sintetizza nella specificità personale, che viene espressa in modo unico ed originale ed il gusto diviene uno degli aspetti preponderanti della nostra personalità poiché con esso effettuiamo la maggior parte delle nostre scelte di vita: dal modo di vestire all'arredo della casa; cosa scegliamo di mangiare, dove preferiamo andare in vacanza ed ovviamente anche il tipo di attività che ci piace svolgere.
Giocano il loro ruolo le opportunità e le occasioni ma il gusto determina ogni nostro orientamento.
Un cibo ci piace perché lo abbiamo sempre conosciuto, fin dai primi anni della vita ed il suo sapore è divenuto preferibile per noi proprio perché si è innestato nel nostro palato gradualmente, facendoci gradire il cibo a partire dal latte materno.
Lo stesso cibo o la stessa bevanda possono invece essere disgustosi per lo straniero che li assaggia per la prima volta.
Ho visto con i miei occhi un ragazzo inglese risputare nella tazza, il caffè espresso che gli era stato se

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   0 commenti     di: Verbena


Liberi di parlare e scrivere

Parlare, camminare, vedere o meglio la non-azione era il mio gioco preferito, ogni giorno mi concedevo un pezzo di vita diversa, sopra ad un palcoscenico senza pubblico.

Girare per casa con una fascia sugli occhi, mettere i tappi di papà nelle orecchie o ancora per alcune ore trincerarmi nel silenzio, seduta su una sedia il mio mondo era solo lo spazio che mi circondava solo le mani possedevano il dono di creare e percepire. Ogni giorno un gioco diverso, giochi costruiti sul bene essenziale dei sensi e del moto, volevo sapere e capire come si può vivere nel buio, nell'immobilità, nel silenzio...

Il silenzio si trasformò presto da gioco a realtà quotidiana silenzi sempre più lunghi costretta da questo gioco-forza osservavo il mondo intorno, seguivo con gli occhi i movimenti delle mani delle persone, l'espressioni dei loro visi...
Il silenzio è sempre stato il mio rifugio preferito, sprofondavo in lui come avvolta nella coperta di Linus...

Non aveva senso parlare se chi ti ascolta non capisce, non aveva senso spiegare qualcosa a qualcuno se non era convinto, parlare di cose che solo la "prova sulla sua pelle" poteva renderle chiare e concrete, convinta che le parole non potessero bastare... insufficienti per fare percepire al tuo interlocutore "le sensazioni interiori" fantasticavo che solo se la mia anima poteva entrare in quelle altrui unite da un sottile filo ci sarebbe stato contatto fra le due anime.
Da ragazzina adoravo la scena del film ET quando dito contro dito veniva cosi stabilito il contatto, sensazioni, pensieri e immagini condivise come si condividono oggi in rete perché le "anime" possono parlare solo cosi.

Spesso si inducono le persone in special modo i bambini a crescere e vivere nel silenzio o al contrario a diventare pessimi ascoltatori e oratori logorroici.
Succede quando le parole uccidono le parole stesse, ad esempio il monito più distruttivo che sentiamo ripetere è -non parlare più

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Ibn Hamdis, poeta di wasf ( anno 1055 d. c.)

Ibn Hamdis rappresenta un'antichissima voce di poeta, dischiusa in Sicilia, nel periodo arabo-islamico di quest' isola. Egli, di cultura araba, nacque a Siracusa nel 1055, quando oramai i Normanni cominciavano a conquistare la Sicilia. Ibn Hamdis ha lasciato un canzoniere molto ricco, circa seimila versi, per i quali egli primeggia in quella forma che è chiamata " wasf", ossia poesia descrittiva nata nell'Andalusia araba. Lo " wasf" canta non solo particolari della natura e del paesaggio nel senso più ampio, ma anche dell'amore, con l'esaltazione della bellezza femminile, del vino e della notte; del sentimento guerresco ( vedasi i versi sulla spada, sul cavallo, o sulla cotta di maglia per affrontare le lance), delle varie età della vita dell'uomo.
In Italia è pubblicata la raccolta " La polvere di diamante" , che rappresenta una scelta antologica di wasf creati da Hamdis, accompagnata da una interessante introduzione di Andrea Borruso, che ben spiega la complessità della poetica del tempo, nata dagli intrecci culturali del mondo arabo/ andaluso in Sicilia.

Vi propongo alcuni wasf, ricordando che si tratta di una poetica risalente all'XI secolo, la qual cosa rende la loro eleganza ed intensità veramente uniche.

- LA LUNA NUOVA NEL MESE DI RAMADAN-

Mentre la gente osservava lo spuntare della luna nuova, simile a lucertola per la magrezza del corpo, dissi:
O voi che digiunate, ecco il ramadan: la prima lettera del suo nome è per i fedeli scritta con la luna.

(n. d. s.: qui si fa riferimento al fatto che la prima lettera della parola " ramadan ", in scrittura araba, assomiglia ad una esile, piccola luna).


- LA SICILIA -

Un paese a cui la colomba diede in prestito il suo collare ed il pavone rivestì del manto delle sue penne.
Par che quei papaveri sian vino e i piazzali delle case siano i bicchieri.


- LE PLEIADI -

Di notte, sto ad osservare le stelle: lucignoli acces

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Gli amori (e le perversioni) di Achille

Si pensa sempre ad Achille come ad un guerriero interamente dedito alle armi e alla guerra, ma già Omero parlava dei suoi amori. E Briseide non è la sola né la prima: Ifigenia era venuta in Aulide per diventare sua sposa, e anche se egli era rimasto all'oscuro di questo falso progetto di matrimonio ne era stato ben felice, pur essendo già unito a Deidamia ; e il suo amore per Polissena, lo sappiamo, avrebbe preso una piega tragica. Ma noi ci limiteremo qui alle passioni meno note di Achille, rinviando esplicitamente agli altri contributi che su questo e altri siti raccontano più diffusamente le sue vicende con queste amanti.

Deidamia
Le sue storie d'amore erano d'altronde cominciate prestissimo, se, appena uscito dall'infazia (a soli nove anni), egli si era unito a Deidamia, la figlia di Licomede, indossando vesti femminili. Alle testimonianze più note aggiungiamo qui solo quella del Ciclo omerico, che parla invece di un Achille ben più maturo.

Proclo, Crestomazia libro I
"E Achille approda a Sciro e sposa Deidamia, la figlia di Licomede."
Nessuna traccia del mito tradizionale, forse per uno dei numerosi tentativi di razionalizzazione naturali in un filosofo come Proclo.

Elena
Il Ciclo contiene un'altra notizia, che ci ricorda che Achille era stato uno dei pretendenti alla mano di Elena.
"Dopo (siamo all'inizio della guerra) Achille desidera vedere Elena e Afrodite e Teti li portano nello stesso luogo".

Amori omosessuali
Ma in fondo questi amori sembrano del tutto normali e non meriterebbero una attenzione particolare (nonostante i moralisti cristiani rimproverassero a un Achille di soli nove anni di essersi vestito da donna nell'episodio di Deidamia...).
Quanto al suo legame con Patroclo, esso non può stupire chiunque abbia familiarità con gli antichi costumi greci. Ecco le parole di Apollodoro a questo proposito (Biblioteca III 13, 8 passim):
"Achille era anche accompagnato da Patroclo, il figlio di Menezio... che diviene l'amato d'Ach

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"Auto-aiuto" metodologia del recupero attraverso il Programma di Alcolisti Anonimi

Auto-aiuto, parola chiave, grimaldello necessario per scardinare la diffidenza dell'alcolista verso coloro che ci vogliono aiutare.
Finalmente abbiamo a che fare con persone che non ci appaiono più come una controparte dalla quale istintivamente ci dobbiamo difendere e pertanto continuare ostinatamente e contro ogni evidenza a negare l'esistenza di un problema legato all'abuso di alcol.
L'intuizione vincente di Bill e Bob è stata quella di rendersi conto che solo individui che abbiano un problema comune sono in grado, parlandone, se non di risolverlo, almeno nell'immediato, di cominciare ad affrontarlo con un approccio positivo.
A tal proposito è significativo il passo del film "Un cuore per cambiare" nel quale Bill per riempire un lasso di tempo in cui non aveva nulla da fare, a causa del rinvio di un incontro di lavoro, si trovò a passeggiare nervosamente davanti al bar dell'albergo in cui alloggiava, siccome non voleva tornare a bere, ebbe l'idea di telefonare ai parroci ai pastori di varie Chiese per cercare un alcolista con cui parlare, avuto l'indirizzo di Bob, allora un perfetto sconosciuto, si recò dallo stesso, il quale mostrò insofferenza e disse chiaro e tondo che aveva acconsentito a quell'incontro solo per compiacere il prete che lo aveva contattato.
Arrivato il momento di salutarsi Bob ringraziò Bill della visita, a quel punto Bill gli disse che non era il caso anzi era lui a dover essere grato a Bob per avergli permesso di rimanere sobrio in quel frangente.
Quelle poche parole suonarono talmente strane, diverse, inusuali, alle orecchie di Bob che pregò Bill di tornare a sedersi, questa volta era lui a decidere, e finì che parlarono tutta la notte.
Questa in estrema sintesi e l'atto fondante di A. A.
Questo riassume, per chi scrive, tutta la filosofia di A. A., ovvero l'incontro di individui che hanno, pur con sfaccettature diverse, un problema comune, che usano un'unica lingua, che sanno di quello di cui stanno parlano p

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Le morti di Polidoro

C'è più di un personaggio, nel mito troiano, che porta il nome di Polidoro. Le fonti classiche e medievali ne fanno concordemente un figlio di Priamo, l'ultimo: ma non tutti lo dicono figlio di Ecuba, anche se in questo convengono Omero, Euripide e Virgilio. Ma è sulla morte di Polidoro che le fonti discordano: Omero lo fa uccidere da Achille il giorno stesso della sua prima battaglia, Euripide e Virgilio raccontano che egli era stato consegnato a Polinestore, suo cognato e re di Tracia, con molte ricchezze che ne determinarono la morte. Quando Enea profugo sbarca in Tracia, per fare un sacrificio agli dèi estirpa i ramoscelli d'un cespuglio e assiste a un orrendo prodigio: da quegli sterpi viene fuori la voce di Polidoro che racconta l'empio agguato. È l'episodio che Dante imiterà per Pier delle Vigne, nel XIII canto dell'Inferno. Non rievochiamo qui il racconto virgiliano, ma vi invitiamo a farlo direttamente, è il più noto perché è il più bello. Lo stesso vale per Euripide, che fa di Polidoro il protagonista (il primo attore in ordine d'apparizione) dell'Ecuba. Presentiamo invece a mo' di parafrasi il racconto di Omero, Iliade XX e quello delle fonti medievali, Benoît de Sainte-Maure e Guido delle Colonne, che sulla scorta di Ditti Cretese (di cui riportiamo il passo originale) dànno una terza versione della morte del fanciullo. Chi volesse disporre degli altri testi originali può richiederli via mail a fchiappinelli@libero. it;al solito, altri contributi e approfondimenti sono desumibili da http://www. culturaescuola. it/ e http://www. mediterranees. net/mythes/troie/troyennes/polydore2. html.

1. Omero, Iliade XX
Priamo non glielo aveva mai permesso: era troppo legato al più giovane dei suoi figli. Certo, Polidoro gli ripeteva sempre che non doveva temere per lui: era o no il più veloce di tutti nella corsa? Sarebbe riuscito comunque a fuggire in città se i Greci avessero preso il sopravvento. Alla fine il re si era fatto convincere, ma non

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Innamoratevi!

"Innamoratevi, se non vi innamorate tutto è morto!".
Questo è il tema centrale del monologo che Begnini recita nel suo film "La tigre e la neve". Ed è un buon consiglio, l'amore rende veramente vivi. Innanzitutto fa scaturire dei sentimenti e sono essi a guidare l'individuo nelle scelte di ogni giorno. Per capirne la forza e l'importanza basti pensare all'atteggiamento opposto all'amore, l'odio, che nei casi estremi spinge ad uccidere. È fondamentale che ogni persona ne faccia nascere di diversi tipi, dall'amicizia alla simpatia, dall'ostilità alla pietà. L'uomo deve sviluppare il proprio mondo interiore, altrimenti rimarrebbe soltanto una creatura facilmente controllabile dai governi e dal mercato.
Rivolgiamo la nostra attenzione al passato. C'è stato un periodo nella storia umana in cui venivano esaltati i sensi e i sentimenti. Si tratta dell'epoca del Romanticismo, momento in cui natura ed emozioni hanno avuto un ruolo centrale. Ha avuto il suo primo sviluppo anche l'idea di nazione, la quale ha acquistato da subito una grande rilevanza. Questo ideale è stato alla radice delle guerre risorgimentali, che avevano l'obiettivo di liberare un popolo italiano dal suo oppressore. Si sa, l'uomo è un animale stupido, ed è per questo che il concetto di nazione è stato enfatizzato fino al suo significato estremo, creando i diversi nazionalismi. In questo modo, al valore della patria si è affiancato quello dell'aggressività e ciò ha contribuito a creare attriti che, dalla Prima Guerra mondiale fino ai nostri giorni continuano a sfociare in guerre. Tralasciando la gravità di certi esiti, rimane il fatto che tante aspirazioni generate dal Romanticismo sono sopravvissute per oltre un secolo, fornendo la base per i moderni ideali.
Gli orientamenti estremistici ancora oggi sono molto diffusi per un semplice motivo: il Novecento non ne ha prodotti di nuovi. Unica eccezione è stato il movimento degli hippy, una "controcultura" che metteva completamente

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   3 commenti     di: vasily biserov



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