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Saggi

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Impius Aeneas

Probabilmente qualche lettore si stropiccerà gli occh i: Impius Aeneas? Ma non ci hanno sempre detto che Enea è per antonomasia pius? Tutti abbiamo nella nostra memoria scolastica l'immagine che dell'eroe ci dà Virgilio, che lo descrive con versi bellissimi e giustamente famosi con il vecchio Anchise sulle spalle, mentre trascina con una mano il figlioletto Ascanio, con l'altra regge le statuette dei Penati. Troia è in fiamme, l'eroe deve affrontare un futuro incerto, e il crollo di Troia non può per lui essere compensato dal vago oracolo che gli promette una patria nuova, che dominerà il mondo.
Ma il protagonista dell'Eneide, secondo una ben diversa eppur documentata tradizione, si sarebbe reso colpevole di un orribile tradimento: e tantissimi saranno stupiti di sentirsi raccontare di un altro Enea, traditore, con Antenore, della sua patria, e perciò scampato alle stragi e alla rovina della sua città. Proprio in ricompensa del suo tradimento i Greci avrebbero concesso a lui e ai suoi familiari ed amici una sorta di lasciapassare, ed egli sarebbe partito per fondare una nuova Troia.
Le testimonianze relative alla storia dell'impius Aeneas sono numerose, sia greche che latine, e per la maggioranza niente affatto secondarie. Vi accennano, tra gli altri, autori come Livio (1), Orazio (2), Seneca (3), Tertulliano (4) e, a detta di Donato (5) e Servio (6), lo stesso Virgilio; e tra i Greci, con riferimento a fonti assai più antiche, Dionigi d'Alicarnasso (7) e Dione di Prusa (8).
Tra l'età di Nerone e la latinità più tarda, la storia di Enea traditore riprende vigore, e, pur restando naturalmente in ombra rispetto alla versione virgiliana, trova ampio spazio nel resoconto che della guerra di Troia dànno due singolari autori, "Ditti cretese" (9) e "Darete frigio" (10). Gli autori che si celano dietro questi pseudonimi dicono di essere stati partecipi, l'uno nell'esercito greco, l'altro tra i difensori della città, di quel memorabile conflitto. Indirettam

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Capacità umane, pulsioni emotive e gestione delle masse

Premessa

Questa sintesi di osservazioni e pensieri è rivolta alla comprensione dei nostri tempi e dell'atteggiamento assunto dalle persone, in quella che potrebbe essere definita "la crisi senza fine".

Non dimenticando l'indubbio peso che rivestono attualmente le questioni economico - monetarie, lo scritto vuole raccontare e mettere in relazione tre aspetti che attengono, essenzialmente, alla natura umana e che paiono assai poco distanti l'uno dall'altro.

Il tentativo è quello di "unire i puntini" per scoprire il disegno nascosto che, spesso, non lo è più di tanto.


Tre temi e tre domande

Il primo argomento riguarda le capacità e potenzialità del cervello e del corpo umano, le quali sono costantemente in fase di studio, catalogazione e approfondimento scientifico.

La mole di lavoro svolta, le pubblicazioni e la sperimentazione inerenti alle "possibilità" della nostra mente, è semplicemente sconfinata.

Suscitano particolare attenzione, gli studi e gli esperimenti che si occupano della capacità di precognizione/presentimento, che alcuni scienziati hanno definito essere "patrimonio comune della razza umana".

La questione riveste particolare importanza, soprattutto se si considera che un uomo sensibile, attento, istruito e consapevole dei propri "mezzi", è più difficile da "amministrare".

Il secondo tema è quello che vede il macro mondo dei mass media impegnato in un incessante bombardamento, fatto di notizie e rappresentazioni grafico - televisive intrise di violenza, sesso e messaggi subliminali.

Il terzo aspetto attiene alla "gestione delle masse".

È il secondo argomento, tuttavia, a "ispirare" gli interrogativi che seguono:
- Perché negli ultimi anni i media ci "impegnano", in modo assillante e ben più che evidente, con immagini e richiami violenti, oltre che di natura sessuale?
- Come mai, soprattutto in rete, la maggior parte di trattazioni e approfondimenti (scientifici e non), "ci raccontano" della costante pres

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   4 commenti     di: Antonio Pani


Habemus papam

Veri e propri attacchi di panico di un improbabile novello Papa che prima di tutto è un uomo umile che non si sente di assolvere quel compito che altri gli hanno voluto assegnare.
Un immenso Michel Piccoli che si tuffa anonimo fra la gente, ascolta e si ascolta, vive per qualche giorno come uno di noi e non da unto del Signore: immagine piena di tenerezza trasparente e candore che porterò sempre con me.
Ho visto disamina del potere temporale della "Chiesa" ma l'ironia è così ben dosata da non risultare mai irriverente verso nulla e nessuno anzi, avvicina certi personaggi altrimenti lontanissimi e c'è come un filo per cui ad ogni sorriso di labbra è legata sempre una riflessione su temi ricorrenti nella nostra natura umana.
Iniziali passaggi perfetti dal documentario alla recitazione, belle musiche accanto a silenzi sfumati a sottolineare particolari momenti.
Come scenario una Roma riconoscibilissima e particolarmente a me cara essendo la mia città. Il finale è fatto di silenzio da portare via.
Un film che vorrò rivedere con piacere e questa soltanto è la mia cartina di tornasole di gradevolezza, come un brano musicale che si riscopre ad ogni riascolto.
Emozionante. Di una profonda leggerezza.

   1 commenti     di: Chira


Un'altra appassionante e affascinante lettura

Quando cominci a leggere un libro e ti prende talmente tanto, ne sei così coinvolta da provare incessantemente il desiderio di proseguire nella lettura della storia, credendo che non riuscirai mai ad arrivare alla fine.
E quando finalmente sei lì, agli ultimi capitoli, agli ultimi istanti decisivi che chiudono il libro, improvvisamente ti viene l'irrefrenabile nostalgia di dispiacerti del fatto che abbia un termine. Ti accorgi che una volta finito ti mancherà, ti mancheranno quei personaggi, quello stile, quella ambientazione, ti mancherà l'essere avvolta in quella dimensione raccontata da qualcun'altro, vera o surreale che sia perché un libro per quanto sia impegnativo ti fa compagnia come se tutto fosse catapultato nella tua piccola realtà tanto da prenderne forma come in un film e realizzi che non c'è niente di meglio di un libro per accompagnare i tuoi istanti solitari per poi continuare la tua foga letteraria in un'altra appassionante e affascinante lettura.

   0 commenti     di: Aluna Morrison


La Santità oggi: un argomento ancora da considerare?

"Vorrei essere più buono, andare bene a scuola e obbedire a mamma e a papà" così da bambino facevo le mie prime promesse che non nascevano dalla spontanea volontà di migliorarmi, quanto piuttosto dallo sforzo di mantenere viva la considerazione che gli altri riponevano in me. Con il crescere altri soggetti hanno preteso il mio impegno: durante la leva prestai giuramento di fedeltà alla Patria, il mio datore di lavoro dopo avermi assunto, volle assicurarsi dietro giuramento che la mia prestazione di manodopera fosse sempre indirizzata verso il raggiungimento dell'interesse aziendale.
Altre promesse feci alla Chiesa; durante il rito del sacramento della confermazione, quando rinnovando le promesse battesimali, dichiarai la mia rinuncia a Satana e a tutte le sue opere e seduzioni; poi attraverso la reciproca manifestazione del consenso matrimoniale quando nei riguardi di mia moglie presi l'impegno di esserle fedele nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia e di amarla e onorarla per tutti i miei giorni. Accanto a queste pubbliche promesse ne presi altre non proclamate, ma non meno importanti. Ad esempio, il giorno che nacque mio figlio promisi che sarei stato un papà attento e premuroso. Oggi non mi pento delle promesse date, semmai devo rimproverarmi di non aver fatto qualcosa di più e di meglio. Tuttavia in qualsiasi momento sono pronto a promettere ancora ed a chiedere di più a me stesso. Voglia di perfezionismo? Oppure la dolce speranza di Dio che mi sospinge a santificarmi?
Eh, sì, perché nonostante la mia pigrizia ed il mio innato egoismo ho ancora voglia di rimettermi in gioco, come se esistesse una forza progettuale e realizzatrice che non ci fa arrendere di fronte ai nostri limiti e alle nostre colpe e che costantemente ci sprona ad essere migliori. Forse per conoscere meglio noi stessi e rendere produttivo il nostro potenziale inespresso abbiamo bisogno di confrontarci con la vita di coloro che stanno più avanti di noi nella fede.

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   6 commenti     di: Fabio Mancini


Dentro Immobile

I nostri demoni erano nuovamente lì con noi.
Il mio se ne stava appoggiato con le spalle al bancone del bar, rivolto alle entrate con il volto chiaramente insoddisfatto e le braccia incrociate sul petto imponente.
Faticava quasi a prendere il respiro, tanto mancava l'aria in quel luogo a cui mi ero arresa.
Il suo demone invece lo seguiva a distanza, a passi lunghi, tenendo gli arti distesi presso i fianchi e le mani impegnate a rigirarsi due monetine nelle tasche della giacca a quadri.
C'erano istanti in cui si facevano troppo ravvicinati nella presenza, tanto da risentirsene entrambi e il ragazzetto raggelato si voltava di scatto con il volto oscurato dalla coscienza di ciò che stava accadendo; dischiudevano le fauci, ghignando, con lo sguardo fermo, nostante il vuoto; occhi negli occhi, iniettati di sange.
Era accaduto diverse volte dalla sua entrata in scena.
Il mio demonio aveva una vocina sottile e fastidiosa, un sibilare distinto da tutto il sottofondo costante, imprecava, dissentiva, e mutava nelle forme, plasmando il suo starsene li come una stoffa sacra che si fonde e diventa carne chimica adosso ad altri. Quando si stancava di marcare, il mio demonio, lo faceva soltanto per lasciarmi più tempo in compagnia del mio errore; al suo ritorno la caduta sarebbe stata tremendamente più dolorosa e bruciante.
Non erano pericolosi poichè erano demoni del passaggio, i demoni del dinamico salto da vita a vita, quelli che seguivano solo coloro che avrebbero potuto sopportare, al termine dell'esistenza terrena che stava accadendo loro, un cambiamento importante per la prossima rinascita.
La pensavo a quel modo.
Non avevo mai osato chiamarlo demonio fino a quando non conobbi lui.
O lui riconobbe me, sarebbe più accorto dire.
Ci siamo ritrovati a parlare di noi, nudi nella notte. Con i corpi vestiti, di confessioni buie, ce ne stavamo lì, a due passi dal bar, come estranei alle nostre stesse vite.
Mi sale al pensiero un vecchio libro, e

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   1 commenti     di: Cinzia Besaldo


La spiritualità del curato d'Ars

Chissà quanti si sono chiesti cosa distingue la vita di un uomo, da quella di un santo. La risposte potrebbero essere le più diversificate, ma spesso si immagina la vita di un santo come quella di un super eroe, dotato di super poteri.
Eppure con tutta la nostra migliore fantasia, la santità è cosa assai diversa rispetto all'eroismo creato e celebrato dagli uomini. Se poi, parliamo di don Giovanni Maria Vianney, per tutti il curato d'Ars, ci accorgiamo che egli è stato più un uomo con molti limiti, piuttosto che un eroe senza colpa e senza macchia. Stando così le cose, sembrerebbe che esista una santità attribuita anche alle persone poco brillanti.
Ma perché proclamare santo il curato d'Ars e dichiararlo patrono di tutti i parroci del mondo, se questi era un sacerdote con scarse risorse intellettive, possedeva pochissima memoria, ignorava la grammatica latina e le sue catechesi erano copiate dalla predicabilia? Quali qualità aveva il curato d'Ars perché la Chiesa lo proclamasse santo? Cerchiamo di capire le motivazioni. Giovanni Maria Vianney a 19 anni inizia il cammino di formazione per diventare prete, opponendosi per due anni alla volontà del padre che lo reclamava nei campi, come sostegno alla famiglia.
Dopo ben 10 anni e con molti stenti, riesce ad ottenere l'ordinazione sacerdotale. Da questi elementi comprendiamo la tenacia, la determinazione impiegata dal curato nel voler perseguire una volontà incompatibile con le sue capacità. Ma un'altra domanda ci affiora nella mente: che cosa spingeva la folla ad arrivare fino ad Ars per ascoltare le prediche di un parroco poco acculturato? Le cronache riferiscono che la gente andava volentieri ad ascoltare le omelie del curato perché erano credibili, convincenti, passionali.
Il benedettino don Jean-Baptiste Chautard, nella sua opera fondamentale: "L'anima di ogni apostolato" riferisce un episodio significativo. Un avvocato anticlericale si reca ad Ars certo di poter ridere a spese di "quell'ign

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   4 commenti     di: Fabio Mancini



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