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Racconti di ironia e satira

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L'idraulico

l'idraulico mi confessò che, quand'era libero dagl'ingorghi, faceva il poeta.
pur ammettendo per vero che un gocciolìo ritmato possa suggerire ad una mente surriscaldata una terzina suscettibile di qualche interesse, gli confessai che avrei preferito un poeta che, libero dagli endecasillabi, si dedicasse a metri di tubature.



Come ammazzare la moglie e far... si Franca

Arrivo affannato all'appuntamento, pensavo di non farcela. So quanto ci tiene Lei alla puntualità. E poi la "location" è stupenda, sarebbe un peccato mortale rovinare la magia dell'incontro in un posto così romantico con un banale litigio.
Lei è lì, la vedo in lontananza: i lunghi capelli biondi mossi dal vento, le gote arrossate e lo sguardo perso e ipnotizzato dall'immenso getto d'acqua che si perde giù, dove non si vede nemmeno il fondo.
Ammirare le cascate del Niagara è sempre stato il sogno di entrambi; ed ora, il vederlo realizzato nel nostro decimo anniversario di nozze, ci fa' battere forte il cuore come al nostro primo bacio.
Lei è di spalle, rivolta verso il quadro stupendo che la natura ha dipinto; il possente rumore dell'acqua copre i miei passi: le farò una sorpresa!
Ora le sono vicino, quasi la tocco. Tendo le mani verso di lei ma, come sempre è successo nella nostra vita, ha sentito la mia presenza e si volta lentamente, quasi a volermi schernire, accogliendomi con uno dei suoi splendidi sorrisi.
Ed è con quel sorriso ancora stampato sul volto che precipita giù... giù... senza emettere un grido, irrigidita dalla sorpresa, spinta da un leggero tocco delle mie mani protese.
Piango amore mio, ti ho amato veramente e ti amerò sempre con tutto me stesso.
Ma non dovevi farlo, mi ci hai costretto tu.
Non dovevi firmare quell'assicurazione sulla vita da un milione di euro a favore del coniuge.
Ora devo andare amore. Anche perchè Franca mi aspetta in macchina.
Ha promesso che me la dà.
Naturalmente, evidentemente, tutto ciò raccontato è parto della mia fantasia, è pura irrealtà. Non ho mai pensato per un solo istante di poter fare questo alla mia adorata metà. Per il momento. Ma spero di riuscire a convincerla a firmare la polizza quanto prima.

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   4 commenti     di: Alfredo Marino


Il calcio sui maccheroni

E poi ci sono i giorni in cui ti dicono: "Non capisci mai niente", e non puoi nemmeno dargli torto perché non ha mai capito se ti dicono "non capisci mai niente" oppure "Non capisci! Sai niente!". Come a dire che loro sanno tutto.
Quasi che poi fosse tutto chiaro, che poi fosse tutto limpido, che poi fosse tutto pronto. Che poi fosse, che poi fosse, che poi fosse. Del senno di poi sono piene le fosse, dico io. Il congiuntivo implica incertezza. Peggio ancora quando è imperfetto. E se fosse così? E se fosse colà? Il congiuntivo ci rende mortali, è per questo che abbiamo i piedi nelle fosse, e non nell'è, o nell'era. Ma quale era poi? La nostra era?
Prendiamo la nostra era allora, e prendiamo quelle scorse. Siamo passati dai nobili sui cavalli ai cavalli sui mobili. Adesso andiamo in giro con la macchina. Abbiamo acquistato mobilità ma abbiamo perso nobilità. Vedete che non si capisce allora? Io perciò vado a metano, che è un gas e anche se non è nobile porto pazienza. Vado piano, non inquino e non consumo. Guido un'autonobile, io.
"Non capisci mai niente", dicono, ma è il mondo che strano, è il mondo che è incomprensibile. È un mondo che ha bisogno dei martelli stradali per farti andare avanti. Sono degli avvertimenti, i martelli stradali. Sono minacciosi: Stop. Alt. Divieto di Accesso. Pericolo di Torte. Guai a disubbidire, ai martelli stradali.
Poi ci sono le trecce a dirti dove devi girare. Ma è sempre stato così, te lo insegnano fin da piccolo, quando già nelle favole ti raccontavano che la principessa sta sulla torre a lanciarti la sua treccia dorata, dicendoti "vieni, raggiungimi". Le principesse ci danno indicazioni tramite le trecce. E prenderle tutte non è facile, è come un perno al lotto.
E poi mi arrabbio, come l'altro giorno, che tutti in ufficio mi facevano: "Senti c'è da fare... Senti hai visto quella cosa... Senti hai richiamato questo tizio..." . E io non ce la facevo più, e allora volevo scappare via, perché stavo male. Av

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   6 commenti     di: Moment


Io sono Matita

Sono nato matita, avrebbe potuto andare peggio, molto peggio. Non vorrei sempre lamentarmi, però onestamente mi poteva capitare un padrone meno indolente. Avrei sempre desiderio di appoggiare la mia punta su un foglio bianco, tracciare una qualsiasi forma, qualsiasi pensiero e perdermi d'ebbrezza nel sentire il pezzo di carta che sfiora la mia punta. Vorrei che mille fogli bianchi fossero pieni dei miei colori, tra l'altro sono una matita bizzarra, avete presente quelle multicolori? io sono una di quelle e questo mi provoca lo scherno delle matite che la notte mi tengono compagnia nel cassetto. La matita Rossa e la matita nera, un mondo matita a due colori...
Più scrivo più mi consumo ma ogni volta che la mia punta si perde nel delizioso foro che fa crescere la mia sommità mi sento in estasi... la punta aumenta sempre di più e io mi consumo... ma molto lentamente e mi logoro nel piacere. Le matite mie amiche invece non vorrebbero mai scrivere, oziano e hanno paura di accorciarsi lentamente... vivranno di più ma moriranno senza traccia... nessun foglio mai riempirà della loro forza... vergini d'idee la loro punta e i fogli accanto a loro... moriranno si consumeranno candidi... intonsi... ma vuoti... bianchi... un solo segno su di loro... anche sgraziato avrebbe regalato loro un senso, nella stessa misura in cui ho reglato un senso a questa pagina... anche se tutto ciò non ha senso:-)



Tigre

-Vedi Celsius, l'universo è semplice da capire...
Prese una cartuccia e la infilò nel caricatore, il fucile era pronto.
- Come dici?
- Dico l'universo... sai, il sole, la terra... è come diceva Fourier
- Chi?!
Imbracciò il fucile e puntò verso il bosco, accovacciandosi a terra.
- Vedi quella tigre laggiù? Bhè io la vedo così, lei si muove, no?
- Veramente stà dormendo...
- Si ma è viva! Ma mi segui? Un colpo di fucile e diverrà carne fredda...
- Non gli vorrai mica sparare mentre stà dormendo, vero?!
Abbassò il fucile e guardò in alto verso il sole. Si asciugò il sudore con la mano sollevandosi il cappello. Guardò negli occhi il suo amico Celsius e gli sorrise benevolo.
-Hai ragione, lasciamola sognare... così soffre di più...

   4 commenti     di: Emiliano Rizzo


Satira politica: un vero corto

Uno dei nostri cronisti, pochi giorni addietro, si aggirava per le adiacenze (anche grazie alle molte aderenze) del Transatlantico di Palazzo Montecitorio
-quest'ultimo era meglio conosciuto tra gli abituali avventori di bar o di sale da scommessa o dai frequentatori di sale da gioco, come Mons Acceptorious: vallo a dire talvolta!- sempre "attraccato" (il Transatlantico) da quando il monumentale edificio (il Palazzo) fu dal Bernini "varato", quando da una delle tante stanze che lì si affacciano udì filtrare dalla porta, sebbene chiusa, una coralità di voci forti, nervose e per niente verbalmente controllate. Esse chiaramente testimoniavano che ci fosse in corso una concitata rimostranza d'un qualcuno nei confronti di un altro e in mezzo ad un coacervo di tante altre voci delle persone lì presenti che sembravano provassero a quietare con ognuno che dicente la sua creava un inevitabile accavallarsi confuso di parole: però una cosa risultava abbastanza chiara, e cioè che era una riunione tra gente della stessa parte politica!
Ora sappiamo con certezza che l'argomentare furioso di quel qualcuno era stato originato dal suo aver subìto una conseguenza disciplinare: infatti era stato redarguito per iscritto dal Presidente dell'Aula che lo stigmatizzava severamente per il suo ripetuto e non affatto idoneo comportamento tenuto ogni qualvolta prendeva la parola durante le sedute dell'attività parlamentare, un comportamento ritenuto vieppiù censurabile quando lo stesso rivolgeva la parola direttamente alla persona che presiedeva al momento quel consesso.
Si trattava insomma di un monito ufficiale col quale s'invitava il destinatario, pena una sanzione pecuniaria e, nel caso di recidività, un'eventuale espulsione dall'emiciclo, ad attenersi all'obbligatorietà di stare in piedi quando faceva i suoi interventi dal suo scranno, e non da seduto!
Certamente la sua ira -non ancora funesta del tutto- non poteva essere stata solo motivata dal comprensibile

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   0 commenti     di: pio di monaco


Il mostro

I suoi passi echeggiavano lugubri nel corridoio dalle pareti grigio spento. Non c’era nessuno e ciò rendeva quel luogo ancora più ostile. Quando passava lui, chiunque si trovasse nelle vicinanze riusciva sempre a sparire prima che lui potesse capire dove diavolo andasse. Loro erano per un carattere più indulgente. Ma lui, non tollerava nulla che potesse dare a quelle creature barbare e rozze una scusa per poter far cambiare il sistema. Lui sì che poteva capire il vero carattere che ci voleva! Non bastava certo un banale ammonimento! D’altronde su qualcuno doveva pur sfogare la sua frustrazione, per i trecentosessantacinque giorni di avanti e indietro in quel luogo. Arrivò alla porta ricoperta di scritte e stupidi disegni, aprì lentamente e guardò quella foresta di teste vuote, posò la borsa… Ed ecco il solito cantilenante saluto di quegli incivili… “Buongiorno professore. ”




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