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Racconti di ironia e satira

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Il citrullo e l'altezzosa

Ciccillo, bighellonando in una località marina, posa le attenzioni su una leggiadra donzella di nome Lillina. Questa, nel vedersi guardata, chiede: - Che hai da...?
- Sei tanto bella, che mi vien di chiedere di metterti con me - risponde Ciccillo.
Prendendosi gioco di lui, Lillina ribatte: - Interessante. Come giovincello non è poi da scartare. Ci stò a mettermi insieme. A una condizione però. Nell'arco d'una settimana devi esibirmi il Certificato di Buona Condotta, una Copia dell'ultima Busta Paga, l'Estratto Catastale di un tuo fabbricato, una Copia dell'ultimo Modello Unico e il Certficato di Sana e Robusta Costituzione.
Sorpreso da tale inusuale richiesta, domanda: - E tu cosa certifichi?
- Io? - ribatte Lillina - Beltate e bontate!
Invaghito ancor di più, sollecita la giovine: - Per favore ripetimi il tutto che lo annoto su la mia agenda elettronica.
Promesso di esibire quanto richiesto, la saluta e riprende la via del ritorno saltellando e canticchiando per la gioia come un pazzo. Lillina se la ride come non mai.
Disoccupato da sempre, nullatenente, trova parte di tale certificazione in un omonimo.
Citrullo, citrullo ritorna. Presenta il tutto e chiede:
- Posso considerarmi il tuo fidanzato?
- Aspetta, fammi almeno controllare. Quanta fretta hai. Poi sei solo ammesso ad un concorso. - annuncia Lillina.
Fessacchiotto com'è, domanda: - Con scritto e orale?
- Una semplice prova pratica - soggiunge Lillina
- Una pro-pro-prova - balbetta Ciccillo - in una pu-pu-pubblica pia-pia-piazza?
- Che hai capito cretino? - controbatte la giovine. Devo metterti alla prova nelle faccende domestiche, così quando...
- Cheee? Assumeremo una domestica - borbotta Ciccillo.
- Si, per servirmi i cornetti caserecci - obietta Lillina.
- Un maggiordomo allora? Non sono mica geloso. Sa' dopo lo stressante lavoro in fabbrica sarà difficile procedere in cucina. E tu... non ti puoi sacrificare? - chiede Ciccillo.
- Per un corpo snello, perfetto, senza alcuna spos

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Aloisius

Ho incontrato, o meglio, ho percepito la presenza di Aloisius, una mattina piovosa
di un anno insulso, simile a tanti altri. La pioggia, appunto, mi aveva spinto a rifugiarmi in quella chiesa, e lì, seduto in un cantuccio poco in vista ne ho approfittato per guardare l’architettura del monumento, le sue vetrate, i suoi arredi, ma soprattutto, l’imponenza delle colonne portanti, costruite con pazienza e perizia, pietra su pietra, ognuna scolpita ad hoc, tale da essere, perfettamente, tetto della precedente e solida base della superiore.

E ad un certo punto ho avuto l’impressione che qualcuno mi parlasse, sono certo di aver visto una figura rannicchiata alla base della colonna di destra, solo che a meglio osservare, mi sono reso conto che in realtà questa presenza non era affianco alla colonna bensì all’interno della stessa. Mi sento dire: ”Mi vedi? Mi senti?” “Si risposi, e l’altro” so chi sei, o meglio so quale è il tuo pensiero, so che sei come me, altrimenti non potremo comunicare, io sono Aloisius” “Anche io mi chiamo Luigi”
ma spiegami chi sei e perché io sarei come te.” “Sono un costruttore di Cattedrali, o se preferisci, uno scalpellino, quasi 600 anni da oggi, insieme ad altre decine di carpentieri, muratori e maestri della pietra, ero qui a lavorare alla edificazione di quest’opera commissionata da una famiglia devota suddita della chiesa romana.

Il lavoro era duro, ma emozionante, con le mie mani ho prima forgiato gli attrezzi per poter poi squadrare e formare le pietre, in modo tale che l’incastro seguisse esattamente il disegno del progetto.

E giorno dopo giorno, ho visto crescere queste mura. Il problema era che io non ero ben visto dai compagni e soprattutto dai monaci appaltatori, il perché lo puoi intuire,
io non ho mai creduto a tutte le infami menzogne della chiesa, io sono un uomo libero
dalle pastoie della religione, qualunque essa sia.

Ma il mio difetto era ed è di non saper tenere

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   13 commenti     di: luigi deluca


un incontro inaspettato

Un incontro inaspettato

di Ozan Lo Scalzo.

A volte diamo vita ai nostri difetti, personalizzandoli talmente tanto da farli diventare un'identita' fisica, reale per noi, nella quale, se non stiamo attenti, finiamo per rispecchiarci.

Un asino se ne andava trotterellando dietro al suo padrone, che lo teneva lontano da se' ,“a fune lunga", come dicono dalle nostre parti.
Infatti un capo della fune era da una parte attaccata al morso dell'animale e l’altro capo stava stretto nella mano di Tziu Antoni, il suo padrone, che camminava avanti ciondolandosi lungo il sentiero a cinque metri di distanza.
“Murri-Nieddu-MusoNero, aveva per nome l’Asino, non tanto per la macchia nera che gli solcava il muso, quanto per l’abitudine di strofinare il naso in ogni pozzanghera che incontrava, inzozzandosi tutto.
Tziu Antoni assorto nelle preoccupazioni che gli davano le fatiche quotidiane, durante il percorso di rientro in paese, essendo stata la giornata trascorsa assai piovosa, preferiva tenersi lontano da quell’asino che, immergendo il muso per terra, gli rivoltava addosso deliberatamente fango, polvere ed ogni tipo di lerciume.
Inoltre, come se ciò non bastasse, Tziu Antoni, avendo in quei momenti il vizio di pensare a voce alta, sapeva che l’asino carpiva i suoi ragionamenti, e che con ragli di vario tipo, giudicava la convenienza o meno delle varie decisioni e considerazioni che man mano scaturivano dalla sua testa.
La cosa non gli dispiaceva nelle lunghe notti invernali, passate all’addiaccio con la sola compagnia del quadrupede che, a onor del vero, gli teneva anche caldo oltre che alleviargli la fatica.
Comunque lo faceva imbestialire, giacché alla fine doveva dare all’Asino sempre ragione.
E, questo non lo poteva digerire.
Tutto ebbe inizio quando in una sera di furibonda ubriacatura, stravaccato sul dorso del somaro, che lo riportava faticosamente in ovile, lasciandosi andare a certe confidenze, Antoni gli aveva racc

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   2 commenti     di: GIUSEPPE DENTI


Saggezza di madre

La mamma, rivolgendosi al figlio di 8 anni:
- Cosa stai facendo?
- Sto aggiungendo delle foto al mio sito web.
- Ecco, lo sapevo! Da quando quel disgraziato di tuo padre ti ha insegnato a fare le pagine web, tu passi tutto il tempo davanti al computer. Guarda che ti fa male troppo computer. Queste sono cose per adulti. Adesso smettila, siediti sul divano e guarda un po' la TV.



Angeli e demoni (seconda parte)

In men che non si dica l'insolita disputa tra i due speciali servitori ultraterreni fa il giro dei mondi scatenando costernazione e meraviglia. Il cherubino Zaffiro è subito chiamato a rapporto per informare gli arcangeli, i veri alti funzionari del regno celeste, di cosa si dicono sul ponte ed anche giù, nel regno satanico avveniva qualcosa di simile con l'Alta commissione infernale.
Zaffiro, dei due disputanti, era certamente il più imbarazzato, poiché, oltre ad enunciare i fatti aveva un gran bisogno di sapere dagli arcangeli come realmente stessero le cose circa l'insolita strategia studiata da Pietro per dare una scossa di carattere democratica nel regno celeste.
A presenziare la seduta vi era solo uno dei tre arcangeli maggiori Gabriele, che poi era quello che aveva lavorato più a stretto contatto con Pietro. Gli altri due Michele e Raffaele erano impegnati altrove.
"Allora come ti è sembrata la reazione di Fapes?" chiede a Zaffiro.
"Ovviamente stenta a credere una cosa del genere e, secondo me, non ha tutti i torti, quando afferma che non produrrà niente di corretto".
"Gli hai assicurato che è tutta opera di Pietro?"
"Sì e non ti dico cos'ha detto in proposito!" risponde sorridendo divertito al pensiero della battuta fatta da Fapes circa il gallo canterino. Anche Gabriele abbozza un sorrisino ma senza allargarsi più di tanto.
"Effettivamente, Gabriele, se devo essere sincero, non è che io l'approvi questa faccenda, a meno che non ci sia dell'altro sotto di cui non sono stato informato".
"Infatti, c'è dell'altro ma bisogna procedere con cautela. Non sarà facile spiegare a tutti le ragioni che ci hanno spinto ad attuare una riforma tanto ardita".
"Quindi Pietro è solo una copertura?"
"Tu che dici, se lo fosse?"
"Accidenti! Allora dev'essere più complicato di quanto immagino".
"Venendo qua hai avuto modo di appurare come la pensano gli altri, i serafini voglio dire?"
"Beh, si agitano un po'. Non hanno ancora digerito l'ultima rivolta,

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   4 commenti     di: Michele Rotunno


Solo qualche minuto di ritardo

Com' era bella la piazza senza automobili, potevi camminare un tempo senza il terrore di attraversare sulle stirsce, quando le macchine accellerano invece che rallentare. E poi si respirava un'aria diversa. C era poche atutomobili. E c'erano ancora operai cn un lavoro duro ma che dava più sicurezza, non come quelli di ora costretti a far parata nel caso del lancio di un nuovo modello di mezzo vicino a un presidente-manager straniero solo per far vedere che quella fabbrica produce ancora. Che tempi. Potevi prendere la bicicletta e scorrazzare dovunque. E come erano pulite le strade, c'era il servizio di lavaggio una volta alla settimana, le persone erano più educate. E non esisteva il telefonino. E nemmeno il computer, se non dei pezzi unici e per privilegiati, o nei luoghi di lavoro. Si riusciva ancora a fare un conto a memoria.
"Che bella fiaba, nonno!" Nonno? Ma che dici? Potrei esser tuo fratello, perchè mi chiama nonno scusi? E questa non è una fiaba, l'ha vissuta anche lei, sto parlando degli anni settanta a Firenze, quando ancora giravano i filobus e pochi autobus. Si ricorda c'erano anche quelli a due piani.

"Ma dai nonno, non ci credo, non può esserci stato un periodo così solo trenta anni fa. Ora ci sono dieci macchine per una famiglia, in ogni auto una persona, file che rimani immobile per ore che ti si brucia la frizione tanto vai e ti fermi, gli autobus sempre in sciopero, la tranvia che come accellera in curva cade e sbanda, e quando nevica siamo tutti bloccati". Ma perchè continua a chiamarmi nonno? La signora in sala di attesa accanto al tipo mi fa un cenno e mi dice con una scusa di uscire un attimo dalla stanza per non farci sentire da colui che accompagna "Lei aspetta la dottoressa Richetti? La psichiatra?" Si, ho appuntamento alle dieci e voi? "Noi alle nove e mezzo, è un po' in ritardo. Per favore, mio marito, la persona con la quale stava parlando, ha un problema di memoria dovuto a uno schok subito dopo un'incidente d'auto". Mett

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   1 commenti     di: Raffaele Arena


Ivo il soggettivo

Innanzitutto, sappiate che il protagonista di questa storia è un tipo fuori dal comune. Il suo nome è Ivo e qui ve lo descrivo, ma per non esser elusivo od evasivo, per quanto mai ripetitivo, nel farlo dovrò scrivere ben più di un aggettivo. Infatti, nonostante la giovanissima età, non solo Ivo è estremamente percettivo e sempre positivo, nonché propositivo, ma anche assai incisivo ed obiettivo... giammai tardivo eppure introspettivo, parecchio olfattivo e un poco combattivo; ma di fatto espansivo... a tratti operativo e, a volte, persino oppressivo; seppur sempre riflessivo e, in complessivo, nientemeno sensitivo... Tanto che, il misterioso motivo, per cui appunto si trova fuori dal comune, nel periodo estivo, pensa dipenda proprio dalla pesante eco che si porta addosso, un nome come "Ivo".

- Ivo, vieni qua - gli diceva sempre sua sorella più grande, Katia: una ragazzina di quindici anni coi capelli rossi come i suoi e tante lentiggini spruzzate sotto a un grande paio di occhiali tenuti su col nastro adesivo. Ivo le voleva un bene, che potremmo definire esplosivo.
- Ivo!!! Guarda che le prendi sai - lo rimproverava ogni tanto la mamma, quando faceva il cattivo perché era stato un po' aggressivo, o semplicemente più espansivo. Alla fine, però, la mamma non lo aveva mai picchiato, perché Ivo, che non era un sovversivo, tornava subito passivo ma festivo, con lo sguardo triste che ondeggiava giulivo... Nossignore: la mamma gli voleva bene e anche Ivo, le voleva bene, un bene superlativo. Anche se, a dire il vero, quando al mattino erano a casa da soli, la mamma guardava sempre le telenovelas alla TV, anziché star con Ivo. Meno male che poi tornava Katia da scuola, e subito giocavano a palla con la bottiglia vuota del detersivo... Che bei ricordi. A pensarci "chissà perché, adesso non è qui a giocare con me", pensa a un certo punto interrogativo.
Il babbo non lo aveva mai conosciuto, invece. Sicuramente doveva essere morto prima che

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   4 commenti     di: Sam Briacatu



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