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Racconti su sentimenti liberi

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La notte che l'alba non venne

Mi piace divagare. O forse no. Forse preferisco concentrarmi su un solo argomento ed esplicarlo ben bene, senza lasciare dubbi, senza che rimanga spazio per le domande. Ma adoro la gente che non sa dove andare a parare. Quelli che saltano di palla in frasca, senza arrivare a nessun dunque, quasi che sembrano credere che ogni cosa sia importante come qualsiasi altra e le priorità non esistano. Quelli che si domandano con la stessa necessità di trovare risposta, se è bene trovare in fretta un nuovo lavoro e cosa cazzo gli era saltato in mente agli egiziani di tirarsi fuori il cervello dal naso. Le chiederò di sposarmi? Quanto poteva spaventare la miopia prima che fosse diagnosticabile? Chi ha deciso che dovesse essere il tabacco e non la melissa? È davvero necessario che io smetta di bere? Hammurabi di che schieramento politico farebbe parte? L'ultima sigaretta e poi mi defenestro.
Quando i pensieri diventano vortice e spazzano via il sonno, un essere umano può rischiare allo stesso modo la follia e l'ascetismo. Quell'uomo rischiava più la demenza che altro...
In verità non mi piace granché divagare. E forse nemmeno la gente che divaga. Ma quelli che si fanno domande inutili li adoro. Quelli che si fanno rubare il tempo dai muri di una stanza, che sprecano la loro vita a fissare un soffitto. Che riempiono di valore una sigaretta. Quelli mi fanno impazzire. Quella manica di disperati che la società non sa distinguere, i disgraziati che non sanno come si dorme o che si lanciano dai ponti con un sasso legato al collo e poi stracciano la corda e tornano su solo per il piacere di rigettarsi. O le persone che si incrociano per la strada mentre parlano con l'aria, molto prese da quel che dicono. Vorrei sapere come fanno. Quali sono i gangli che regolano i loro pensieri. Trovo la loro necessità di pensare a qualcosa di importante e non riuscire mai a trovarla, con la conseguenza di divagare all'infinito, estremamente interessante. Per questo ho voglia di rac

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   0 commenti     di: Pio Chiozzo


Flusso d'una coscienza instabile

..(VISUALIZZAZIONE MENTALE DI UN SEPRENTE IN PROCINTO DI MORDERE)...
il fatto è che scrivere non serve a nulla o quasi
quindi credo che non scrivero' nemmeno una parola...
ecco lo vedi! questa stramba teoria a cui ho
dato il via libera di germogliare nel mio stomaco
il culto dell'inutilita' assimilare ogni cosa
all'idea di vuoto e di non-esistenza
ma a chi importa in fondo?
Chieder pace è chiedere troppo si sa
semplicemente non puoi averla ammesso che
qualcuno l'abbia mai desiderata sulserio.. e questa bastarda non mi si scollera' mai di dosso questo lo so ormai mi aderisce perfettamente
questa specie di strato viscoso ha i suoi confini tra la mia pelle e il mondo esterno
ed è una gran bastarda del cazzo una specie di barriera ectoplasmatica assorbe efficaciemente patimenti d'ogni genere e me li riversa all'interno sono il suo stomaco e devo digerire tutto fanculo! pero' che creatura curiosa molto camaleontico il modo nel quale cambia forma e consistenza nell'ergersi a muro impenetrabile fossato invalicabile guaina isolante quando da fuori benevole vibrazioni positive tentano la breccia e per cosa poi? la tragedia nasce sempre insieme a chi ne ha bisogno è questo il guaio senza lei non sei più nulla.. quindi è deciso non scrivero'...(VISUALIZZAZIONE MENTALE DEL SERPENTE CHE SFERRA IL MORSO)

   3 commenti     di: maynard keenan


Il cuore del corvo- terza parte

Bianchi. Tutto intorno a me, c'erano solo fiori bianchi. Soffiava un vento gelido che mi scuoteva fin nelle ossa. Ero sola, e avevo paura. Urlai, ma non emisi alcun suono. Ero morta?
"Ti sei persa?"
Conoscevo troppo bene quella voce alle mi spalle. Mi voltai.
"Papà!"
Mi sorrise. I capelli brizzolati ribelli, la barbetta grigia, e le mani in tasca. Era esattamente come lo ricordavo.
Corsi ad abbracciarlo, ma più mi avvicinavo, più lui si allontanava.
"Perché?" Singhiozzai fra le lacrime.
"Devi ritrovare la strada"
"Che significa?"
Non capivo. Ero confusa.
" Non ti aggrappare ai ricordi, coloro che hai amato saranno sempre con te, fino a quando tu li ricorderai. Ti voglio bene piccola mia"
Il mio cuore si fermò. Sentii una fitta trapassarmi il petto, e le gambe cedere sotto il mio peso.
" Mi manchi tanto papà.. Ti prego.. ti prego.. non mi lasciare di nuovo."
Scosse la testa.
"Guarda le stelle. Era un momento solo per noi due. Quando le guarderai, e penserai a me, io ti sarò accanto. Esattamente come questa notte."
Iniziò a muovere dei passi silenziosi verso di me, ed in breve mi fu accanto. Allungò il braccio, e mi accarezzò.
Il suo tocco delicato e pieno d'affetto, mi riscaldò l'anima.
"Sii felice"
Si avvicinò, e mi sussurrò delle parole all'orecchio.
Sentii le palpebre pesanti. Cercai di combattere contro quell'improvvisa sonnolenza, per restare ancora in quel limbo incantato, ma fu tutto inutile. Mi addormentai.
Aprii gli occhi incerta, e mi tirai a sedere.
Era stato solo un sogno? Uno scherzo del mio inconscio?
Decisi di mettere da parte il mio scetticismo, e pensare che quell'incontro non fosse stato solo frutto della mia immaginazione.
Mi guardai intorno, e mi accorsi di trovarmi in un luogo a me sconosciuto.
Ero sul letto di una stanza piuttosto buia. Alla mia destra c'era una porta bianca semiaperta, mentre alla mia sinistra una grande scrivania di legno scuro. Notai che vi era appoggiato un vaso con dei fiori, e ricord

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   4 commenti     di: Rossella Panna


Penna

... prendo un foglio di color beige, un calamaio, una penna col pennino dorato, lo intingo nell'inchiostro e inizio a scrivere:

……questa lettera vorrei che la custodissi, una volta letta, nel tuo cassetto segreto, dove solo tu puoi accederci, starò attenta a non far cadere neppure una goccia d'inchiostro, non voglio che si rovini, scriverò lentamente, finche le parole che andrò a imprimere rimarranno ben incise su questo foglio, dovranno aver il giusto significato, non dovranno essere fraintese, scriverò in corsivo, così saranno più eleganti, più personali, dovranno essere lette e farsi sentire, fino nel profondo del tuo pensiero e chissà, forse arriveranno anche a sfiorarti il cuore.
Il silenzio che c’è intorno a me, in questo istante, rende l’atmosfera più palpabile, quasi irreale, scrivo e la mia mente è lontana, nei miei occhi riflettono un immagine bellissima, una figura che ho memorizzato, un luogo che ho sempre sognato di poterla portare.
La mia mano scorre su questo foglio, le parole iniziano a prendere forma, le frasi si strutturano, a volte hanno un significato compiuto, a volte incompiuto, perché lasciate in sospeso, come se aspettassero la punteggiatura: un punto, una virgola, un punto esclamativo, o interrogativo, difficile scegliere quale usare, perché ognuna cambierà il senso della frase, ed io vorrei che quel senso sia quello che ti farà capire quanto impegno sto mettendo, nello scrivere questa mia lettera per te.
Frasi che aspettano una risposta, parole che si asciugano dall’inchiostro e diventano indelebili, non si possono cancellare, non sono scritte con il computer, ed è quello che volevo che tu leggessi, una lettera indelebile.
Vorrei dar voce a questa lettera, la mia voce, letta con le pause giuste, con tonalità che ora sento nelle mie orecchie, ma so che tu saprai dar loro la giusta tonalità.
Difficile chiudere questa lettera con un saluto, mi viene in mente un idea, forse strana, ma credo che solo

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   7 commenti     di: Sole Luna


Oasi

Erano mesi che non sentiva più la vita scorrere nelle vene, da quando aveva preso la decisione di troncare quel rapporto che da anni lo dilaniava nel profondo.
Stava seduto, le sue mani toccavano la tazza del caffé, il tavolo col piano di vetro, lasciava vedere le sue scarpe, si ricordò di quando dallo stesso punto di osservazione vedeva le gambe di lei, sotto a una gonna blu, una di quelle gonne che aveva tanto ammirato, indossate da altre donne, ma mai visto indosso a lei; arrivava alle ginocchia, le pieghe a fisarmonica, stando seduta le sue gambe, avvolte da calze scure, disegnavano le forme calde, che in lui stimolavano la voglia di tenerezza, di abbracciare quelle gambe, di posarci la testa.
Era successo, molto tempo prima, si ricordò le sue carezze, e le parole dette sottovoce:
"Riposa la testa. Non preoccuparti, hai degli amici, ai me. Tutto andrà bene."
Non capitò quel giorno, aveva quella gonna ma non l'indossò per lui. Era in città per commissioni, un colloquio dallo psicologo e gli telefonò.
"Ti disturbo se vengo da te?"
Disse con freddezza. Lui capì subito che era arrivato il momento di darle delle spiegazioni, ma tentò di rinviare.
"Devo andare a lavorare alle due."
Disse come se avesse dovuto affrontare un drago.
"Ci vorrà poco, il tempo di un caffé. Un quarto d'ora e sono lì."
Chiuse la telefonata; lui per non gelare del tutto cominciò a fare il caffé.
Passarono i minuti, scanditi dai pensieri più profondi, dai ricordi di lei, di quello che aveva fatto per averla, di quello che non era riuscito a dirle, pensava alle parole che aveva detto e che ora si perdevano nel vento e ai suoi pensieri che viaggiavano lontano nel tempo, nello spazio e nella memoria del suo vano amore per lei. Si sentiva perduto, come chi nonostante gli sforzi la dedizione non riesce a trovare una via che lo porti vivere serenamente i suoi sentimenti. Umiliato come chi non vede riconosciuta la sua sensibilità, proprio dalla persona che ama. Si sentiva

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   4 commenti     di: Paolo Venturi


Il miglior silenzio mai sentito

Aveva sempre sognato di sentire la sua voce per strada. A disposizione dei passanti, che l'avrebbero ascoltata immersi nella loro fretta, anche se probabilmente non avrebbero dato peso al fatto che fosse proprio la sua voce ad essere trasmessa: trasmessa in una vera radio, in una radio nazionale, e tanto gli ebeti che camminavano senza meta, quanto gli indaffarati schiavi della fretta del caffè prima del rientro in ufficio avrebbero potuto riconoscere che la voce del cantante in questione era diversa, diversa dalle altre che condivano l'universo di canzoni tutte uguali che era diventato il Pop.
E di questo i suoi amici andavano orgogliosi: e per che cosa, sennò, fare tanti sacrifici?
Per diventare gli idoli di quelli che alle medie ti prendevano in giro, quelli che rendevano buie le tue giornate, quelle che alimentavano i tuoi peggiori dubbi. Successo? Donne? No, erano tutte cose secondarie.
Quel giorno chiunque, alla stazione dei treni, avrebbe potuto sentire la sua voce per i canonici 3 minuti... e allo stesso tempo questo miracolo si sarebbe verificato anche in piazzeta Vescovato, e poi lungo tutto Corso Zanardelli, e così via...
Peccato lui fosse fermo, avvolto dalle coperte.
Ma perché gli amici che gli erano intorno non gli facevano domande tipo: "ma come ci si sente a sapere che han mandato un tuo pezzo in radio?", oppure "tra poco su MTV, eh campione?"
La risposta era affidata alla bocca mezza aperta che va leggermente all'indietro, come quando fa: "eh, beh, sai...", e quello era il miglior regalo che si era pensato gli si potesse fare.
Dalle prime scale provate sul letto di ospedale con la chitarra regalata in tenera età, egli aveva fatto degli enormi progressi, per quanto gli fosse consentito dall'avanzare della malattia: gli occhi lucidi del padre gli parevano essere di orgoglio, mentre in realtà il genitore aveva ben altro cui pensare. Il padre avrebbe desiderato che il figlio fosse divenuto qualcuno nella musica, quel

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   0 commenti     di: Luca Grazioli


Gli orfanelli di casa Valle Serena

Non ero andata lì per un motivo particolare, nè avevo intenzione di turbare gli equilibri di una realtà che non era la mia, ma la mia esperienza con gli orfanelli di casa Valle Serena si rivelò per me un motivo per riflettere ed imparare.
Avevo sentito a lungo parlare di molte giovani ragazze come me che impegnavano il loro tempo in opere di volontariato, assistendo bambini, anziani, persone con problemi di salute ecc.
Tuttavia, se devo essere sincera non ne sentivo il bisogno, e quel che è più sorprendente non riuscivo in alcun modo a capire come così tante persone riuscissero a trarre beneficio spirituale passando il loro tempo con persone che soffrivano.
Detto così può sembrare una riflessione alquanto fredda, materialista e priva di sensibilità, ma più ci pensavo più mi convincevo della mia tesi: chi faceva del volontariato lo faceva per autoconvincersi di essere migliore; vedere che c'è chi sta peggio aiuta a convincersi di non essere poi così male.
In modo particolare, avevo sentito parlare dell'orfanotrofio di casa Valle Serena, gestito da alcune suore, e in cui molti ragazzi e ragazze passavano il loro tempo libero facendo compagnia a i bambini che vivevano nel periodo di tempo in cui attendevano con ansia di trovare una mamma e un papà.
Non avevo particolarmente voglia di interessarmi a queste faccende, ma alla fine pensai che non ci sarebbe stato nulla di sbagliato nell'andare lì e vedere di cosa si trattava.
C'era il sole la mattina in cui andai a fare visita all'istituto.
Ci voleva parecchio tempo per arrivare lì a piedi e le strade erano anche parecchio tortuose.
Arrivata lì fui molto colpita dall'aspetto che aveva quel palazzo: era molto ben curato, all'esterno c'era un giardino e le pareti erano dipinte di colori diversi. Appena entrata non c'erano bambini, e una signora mi fece notare che per raggiungerli avrei dovuto andare nell'ala opposta.
Entrai in una stanza e una delle proprietarie dell'orfanotrofio mi fece sedere su

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   6 commenti     di: Roberta Berardi



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