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Racconti sulla tristezza

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Verità

Era una serata di maggio, sono andata da lui a raccontargli cosa mi è successo. Pensavo che sta godendò quello che dico. Non era cosi! Non dimenticherò mai che leer che ho sentito l'odio... non dimenticherò mai. Non pensavo che era cosi... Non sapevo nulla di lui, non sapevo nulla di lui...



Sperare ferisce

Rumore di motori e il mio cervello si risveglia.

Mi ero quasi dimenticato del luogo dove mi trovavo, mi ero assopito incurante di ogni dimensione temporale o spaziale. Di fronte ai miei occhi il portellone del veicolo nel quale ero stato rinchiuso per un qualcosa del quale non mi sentivo minimamente responsabile: non provavo alcun rimorso, forse la mia giovane età mi rendeva più spavaldo di quel che ero. Sapevo benissimo quali sarebbero state le conseguenze della mia azione; mi avrebbero atteso tanti anni di reclusione, abbandonato a me stesso. Se solo avessi pensato... Il veicolo si fermò, e dopo un lasso di tempo nel quale dovevano essere sbrigate le pratiche di accettazione, mi fu assegnata la mia cella fredda e tetra. Era isolata da ogni lato, nell'ala più esterna dell'edificio; come la mia ve ne saranno state cinque o sei, ed erano tutte collegate da un lungo corridoio che era diretto al centro dello stabile. La prima volta che misi piede in quella stanza era buio, e da quella grata, che tutti erano tutti soliti chiamare finestra sembrava che stesse per iniziare un forte temporale ma non mi ci soffermai più del dovuto. Nelle ultime due settimane prima di arrivare qui avevo davvero toccato il fondo, per fame e stanchezza; avvertivo forti crampi allo stomaco e il sonno perso era davvero troppo per essere recuperato, gli occhi gonfi e le occhiaie profonde e marcate. Essendo pomeriggio inoltrato, attendevo con ansia il pasto serale seduto sulla mia branda, e incominciai a percepire un rumore sempre più forte dall'esterno. Allora mi alzai di scatto e mi voltai verso la grata per vedere se effettivamente vi era qualcosa. Notai che infatti aveva cominciato a piovere e nello scroscio mi sembrò di sentir echeggiare una melodia conosciuta e mentre fuori pioveva, lacrime cominciarono a cadere dal mio volto colpito dal vuoto di questi giorni; più osservavo la fredda pioggia invernale infrangersi sul terreno, più le mie lacrime scivolavano verso il basso co

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   0 commenti     di: Andrea Guidi


Ardito, il cane e la serpe

Le poche casette, tutte con i tetti bassi e le tegole rosse, erano sparse ai piedi del piccolo monte.
La primavera si era appena vestita d'estate e gli alberi in frutto e le piante fiorite erano un tripudio di colori. Nella più piccola casetta, un unico piano composto da due stanze ed un bagnetto, viveva Ardito, un anziano pensionato ; piccolo di statura, dai pochi capelli bianchi che ormai non tingeva più da tempo e da un sottilissimo filo argentato sulle labbra, una specie di baffo.
Di temperamento burbero, incattivito dagli eventi accadutogli.
Da giovane era stato all'estero in cerca di fortuna ma, mai ambientatosi, molto presto era ritornato al paese, aveva aperto un piccolo laboratorio artigianale che a stento gli permetteva di vivere. Vicino ai trent'anni s'era sposato con una donna molto bella e che ben presto incominciò a tradirlo, si separarono dopo pochi anni e la venuta al mondo del figlio Vincenzo.
Ardito non seppe mai se lui ne fosse veramente il padre. Avrebbe voluto non esserlo, Vincenzo un tossicodipendente manesco che non faceva altro che spillargli denaro fino al giorno che lo trovarono in una vecchia cinquecento, l'ago conficcato nelle vene e gli occhi sbarrati e rivoltati.
La vita non gli era stata amica ed adesso era quasi contento di essere solo anche se molte volte la solitudine lo portava a pensare, a pensare al passato e a stare male.
La mattina scorreva veloce, il tempo della spesa, la lettura di un quotidiano, il preparare il pranzo.
Il pomeriggio invece era molto monotono specie nelle lunghe giornate estive.
Quel pomeriggio era sull'uscio di casa e vide che dall'altro lato della strada, un grosso cane, un vecchio meticcio, dal pelo bianco e rosso arruffato, lo fissava, in un primo momento pensò di scacciarlo ma rientrò invece in cucina prese degli avanzi uscì e senza avvicinarsi più di tanto li lanciò verso il grosso cane che impaurito in un attimo scomparve.

Pazienza si disse, rientrò. Poco dopo affacciatosi alla

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   0 commenti     di: andrea


Uso

Sono arrivata ad una conclusione. Non sono in grado di fare la stronza. Non sono capace di non pensarlo, di non cercarlo, di farlo aspettare. Fare aspettare le persone, fare la preziosa non è nel mio carattere. Io sono più libera, senza frontiere. La faccio facile. E infatti mi vedono facile. Ma è quello che sono. Non credo di essere in grado di cambiarmi. Ci soffro, molto. Perché dopo vengo data sottointesa. Sempre, e da tutti. Data per scontata, mah sì, la Emma, chi se ne frega, posso non cercarla per giorni e tanto appena la vedo mi salta al collo e dopo dieci minuti scopiamo. Uno che mi dà il buongiorno alle 14. 00. Cosa devo dirgli? Mi manchi tanto Emma. E poi non hai neanche le palle di scrivermi ad un orario decente. Ci sto male. Tanto. Alterno momenti di depressione a momenti di felicità. Passo da attacchi di malinconia a sorrisi sinceri.
Ieri in partita ne ho ammoniti tre, espulso uno, e allontanato il mister, non ho paura di tagliarti fuori dalla mia vita. Tanto so che se ti risponderò 'Giorno ❤' dopo non avrò tue notizie fino alla sera, per la buona notte. Perché in realtà non gliene frega niente di me, nulla. Ma nulla dura. Ma non volevo fosse questa la fine. Scusa, non volevo andasse così. Ti voglio bene. Ti voglio bene con tutta me stessa, ma non riesco ad andare avanti. Mi piaci, forse ti amo, ma era meglio prima. Era meglio prima.
Ho il caos in testa. Mi mancavi. Eri il pezzo mancante. Eri quello che aspettavo. Eri quello che volevo. Sei quello per cui ora sto male, sei quello per cui la mattina non ho la forza di alzarmi, di fare ogni minimo gesto. Sei quello che ora odio. Ma dove prima c'era amore è normale che ora ci sia odio. Il punto è che non bisogna mai innamorarsi, bisogna sempre dare un'idea di distanza dalla persona. Ma io non ci riesco, non posso farlo, non sono così. Non sono preziosa, ma devo essere curata. Forse ti mancherò, ma troverai un'altra, tu starai bene. Ma non so come starò io. Non so quello che potrò far

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   1 commenti     di: Emma Akuerkjhgf


Dedicato a Te

04/08/2012

Esattamente un anno fa
mi si spezzava il cuore,
come di cristallo,
cadeva ai miei piedi
e si frantumava in mille pezzi.

Esattamente un anno fa
l'anima mi veniva strappata dal corpo
e rimanevo ferma, immobile
a fissare il vuoto
o semplicemente a guardarti da lontano
allontanarti da me.

Non ho mai capito
perché la Morte, tutto a un tratto,
ci porta via le persone a cui più teniamo
o quelle di cui non possiamo fare a meno.
Lasciandoci qui, soli ed inermi, senza saper cosa fare.
Non ho mai accettato questo destino,
e non lo accetto tutt'ora.

Ritorni, mia cara Mamma, nei miei sogni.
Dalla tua bocca non esce una parola, mai,
ma mi parli con gli occhi,
così lucenti e caldi e con i tuoi sorrisi meravigliosi...
Così capisco che lì, ovunque tu sia, stai bene
e lo sento, quando mi sussurri nell'anima, mentre piango,
che non devo farlo, non devo essere triste,
perchè stai bene e sei felice.
E allora mi calmo.

A volte però non mi basta,
perchè vorrei sentire il suono della tua voce,
chiederti consigli, sapere la tua opinione se sto facendo la cosa giusta o quella sbagliata.
Sento sempre la tua presenza accanto a me
ma non posso toccarti, non posso guardarti.
Quello che mi dilania il cuore è il fatto che non ricordo
di averti detto che ti voglio bene, prima che tu te ne andassi...
e questo mi fa impazzire, mi fa quasi diventare isterica.
Che ti voglio bene te lo ripeto tutti i giorni,
quando mi sveglio ti penso e lo stesso vale per quando vado a letto
ma vorrei semplicemente essere sicura che il messaggio ti arrivi..
e se non posso vedere il tuo sguardo, come posso essere sicura che mi senti?

A volte mi abbatto, semplicemente perchè mi manchi..
mi mancano le cose più semplici di te e la tua durezza di Mamma apprensiva
che poi crollava quando sapevi che c'ero rimasta male..
A volte, invece, il fatto di sapere che stai bene, che stai meglio lì dove sei,
mi solleva e mi fa ritrovare una luce nel mio cam

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   2 commenti     di: Lavinia Pini


pensieri di una notte d'estate

A volte ti capita di sederti a pensare, e capisci che in quel silenzio che ti sta attorno milioni di pensieri volano da una parte all’altra della stanza, idee non tue, concetti che non ti appartengono, emozioni che non fanno parte di te, ma che ti sfiorano riducendo la tua mente e il tuo corpo in terra arida. Ti senti confuso, triste, ti chiedi il perché di tutto quello, perché tutto succede a te, le mani ti vanno ai capelli, prendi il cuscino, guardi fuori dalla finestra e contempli le luccicanti stelle di una calda notte d’estate, e una lacrima cade dai tuoi occhi. Ti rendi poi conto che forse c’è qualcuno, da qualche parte, che sta peggio di te, e l’idea di egoismo ti circonda entrandoti dentro, filtrando nelle serrature che avevi chiuso accuratamente e che si sono spalancate come per magia. Allora ti senti partecipe di una favola, l’incredibile protagonista di una storia di amore, di emozioni, di sentimenti eterni e infiniti, e speri con tutto te stesso che sia come le fiabe che la mamma ti leggeva quando eri piccolo, e che presto arriverà la tanto attesa e agognata frase: “E vissero tutti felici e contenti”. Ti rendi conto di voler tornare bambina, perché in fondo le ginocchia sbucciate fanno davvero meno male dei cuori infranti.
Scuoti la testa, prendi lo stereo e accendi la musica, ne hai abbastanza di quel silenzio, perché tu sei una personalità allegra e dinamica, ami il divertimento e la felicità, ma ogni canzone, ogni testo, ogni brano ti ricorda qualcosa, qualcosa che vuoi dimenticare, ma che sai impossibile. E allora ti arrendi, ti arrendi a quella tristezza che in quella notte ti fa compagnia, distesa con te nel letto, e i pensieri tornano sovrani a comandare la tua fragile mente. Ti chiedi come sia possibile, un momento prima ti senti la regina del mondo, potresti fare qualunque cosa, poi vedi gli altri andare avanti, prendere le persone che tu stessa hai portato nella loro vita, e perderle entrambe in una volta sola. Cerchi al

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   6 commenti     di: Anna Bona


Immobile esistenza

Piano dondola la sedia
mentre supina e ad occhi chiusi
lascio che la musica si impossessi dell'universo.

Scomparso il mondo, cancellato il giorno, dimenticata la notte...

Fluttuano solo le note come in una danza senza fine,
aggraziate, leggere, evanescenti...

Rosse come solo il sangue della passione,
candide come solo le piume di un angelo,
salate come solo le lacrime dei peccati.

Note che si rincorrono e poi si abbracciano
e combaciano, una all'altra, come due labbra che si sfiorano
si sentono, si bramano...

Come due labbra, si.
Umide, affamate... che si prendono, si muovono, si penetrano.

Sto qui ad ascoltarle... silenziosa, dondolante.

Come ascolterei il sussurro di un dipinto
che racconta, ad una parete immobile, la sua stessa immobile esistenza,
immaginando i suoi invisibili movimenti, le sensazioni, tutto...

Note che si muovono come trasportate da uno strano vento
che mi scompiglia i capelli, mi asciuga le guance, mi mormora storie..
e trascina la mia passione dentro la sua stessa passione,
tingendomi l'anima di rosso
e poi di bianco
e poi bagnandola di sale
e di labbra
e di te...
Ed io dondolo piano...
gli occhi chiusi che ascoltano, cercano, vagano
sulla melodia che mi trascina ancora a quelle labbra che combaciano, una
all'altra,
e che si sfiorano, si sentono, si bramano...
insieme alle note che si immergono, si confondono, si innalzano...
e all'improvviso mi precipitano addosso
schiantandosi su di me, e dentro di me frantumandosi,
trasformandosi in gocce di un caldo, umido sudore...

Ora la musica tace e sulla sua ultima nota grida il silenzio.
Tra le mie labbra la passione,
le piume,
il sale.
E il tuo sapore

   0 commenti     di: Giulia Aurora



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