Ma stanotte, tu stai per apparire agli occhi della folla, nelle vie bagnate di zafferano punico, tra il clamore delle coorti, nel mezzo delle torce numerose, come i bei desideri, sopra un carro trainato da elefanti bianchi, così alto che abbatteranno gli archi al tuo passaggio
Fare un forno, in teatro, vuol dire che non c'è nessuno. Quando facevo gli esauriti (quando ero esaurito io), dicevo: "Stasera è un bel forno!" Perché c'era la gente anche in piedi. Da soli è una ressa (come diceva Alberto Savino, "Due uomini fanno appena, oggi, una rissa" di questi tempi ormai in-drammatici e non più tragici). Io ho tanto disappreso. Non vi auguro di disapprendere tanto. Io applico quella agape schopenhaueriana - cioè quella compassione che non è cristiana, diciamo è più stoica, anzi è più gnostica, ecco - nei confronti della maggior parte di voi, meschini.
Il mio epitaffio potrebbe essere quel passaggio di Sade: mi ostino a vivere perché «Anche da morto io continui a essere la causa di un disordine qualsiasi»
Per capire un poeta, un artista - a meno che questo non sia soltanto un attore - ci vuole un altro poeta e ci vuole un altro artista.
L'attore è un vivo che si rivolge a dei vivi, ma, in particolare nel repertorio classico, deve cessare di essere tale per apparire come contemporaneo del personaggio, simile a un morto tra i vivi.
La libertà di stampa mi sta bene se è libertà dalla stampa.
La letteratura maggiore o minore è, comunque, non soltanto menzogna, è chirurgia scongiurata, devitalizzata, guazzabuglio di vita simulata.
Non sono mai nato, non mi vergogno di essere nell'equivoco italiota, non mi interessano gli italiani. Qualunque governo come qualunque arte - o tutta l'arte borghese - tutta l'arte è rappresentazione di Stato, è statale. È uno stato che si assiste fin troppo, se no alla mediocrità chi ci pensa? La mediocrità, par excellence, è proprio lo Stato. Lo Stato dovrebbe smetterla di governare, ecco. Si può dare uno Stato senza governo, mi spiego? Non deve amministrare, deve lasciarlo fare a dei privati.
I giornalisti sono impermeabili a tutto. Arrivano sul cadavere caldo, sulla partita, a teatro, sul villaggio terremotato, e hanno già il pezzo incorporato. Il mondo frana sotto i loro piedi, s'inabissa davanti ai loro taccuini, e tutto quanto per loro è intercambiabile: letame da tradurre in un preconfezionato compulsare di cazzate sulla tastiera. Cinici? No: frigidi.
Un grande artista, se davvero se ne sbatte dell'arte lasciandola a quello che è, ingloriosa defecazione, si pone per quello che è, un pericolo pubblico, un criminale. In questo senso, sono stato, sono un criminale. Ho sempre cercato il mio patibolo. Il cemento delle teste vuote contro cui andarmi a disintegrarmi. Mai cercando il sociale
Carmelo Bene (1937-2002) è stato un drammaturgo, regista e attore teatrale italiano.
Da più pareri viene considerato uno dei più poliedrici artisti teatrali della storia.